Wiegala, la ninna nanna dei bimbi di Auschwitz
di Anna Maria Nuzzo
“Ninna nanna ti culla il vento
e soffia lieve sul liuto lento
sfiora dolce il verde campo
e l’usignolo intona il suo canto…”
Così cantava Ilse Weber, il 6 ottobre 1944, mentre insieme al suo figlio più piccolo Tomas e ad altri quindici bambini entrava nelle docce del campo di concentramento di Auschwitz.
I bambini erano i piccoli malati dell’infermeria del campo di Theresienstadt (o ghetto di Terezin), che Ilse aveva preso in affidamento e che non volle abbandonare quando furono deportati.
“È vero che possiamo fare la doccia dopo il viaggio?” chiese Ilse a un altro deportato. L’uomo, che l’aveva riconosciuta, non se la sentì di mentire e, senza farsi vedere dalle guardie, le disse: “Queste non sono docce, sono camere a gas. Ti consiglio di entrare con i bambini cantando. Canta con loro come hai fatto tante volte, così inalerete più velocemente il gas; altrimenti morirete schiacciati dagli altri quando scoppierà il panico.”
Ilse Weber, poetessa e musicista cecoslovacca, è stata un’affermata autrice di letteratura per bambini. Nel 1930 si trasferì a Praga dove ebbe modo di conoscere e sposare Willi Weber, da cui avrà due figli, Hanus e Tomas. Prima di essere internata riuscì a mettere in salvo il figlio maggiore, mandandolo in Svezia da una sua cara amica.
Nel 1940 venne rinchiusa con il marito e il piccolo Tomas nel ghetto di Praga e nel 1942 deportata a Theresien (antica città-fortezza a nord di Praga), trasformata in campo di smistamento per deportati, da dove partivano i treni per Auschwitz. Si offrì come assistente nell’infermeria pediatrica, dove con le sue poesie e canzoni alleviò la sofferenza dei piccoli ai quali era proibita la somministrazione di farmaci poiché ebrei.
Nel 1944 il marito di Ilse fu deportato ad Auschwitz. Poco prima di partire riuscì a seppellire sotto terra, nella capanna degli attrezzi, le poesie e le canzoni che la moglie aveva composto in quei due anni a Terezin, con la speranza che un giorno qualcuno avesse potuto trovarle. Fortunatamente riuscì a sopravvivere e a recuperare egli stesso le opere della moglie.
La vita di Ilse ebbe fine quel 6 ottobre del 1944. Insieme a suo figlio e ai suoi bambini entrò cantando una wiegala, una ninna nanna, in quelle docce. Ad ogni nota inalarono il gas a pieni polmoni, finché non caddero tutti insieme in un sonno profondo.
Da quel giorno questa ninna nanna fu cantata da altri bambini prima di entrare nelle camere a gas e rimase nella memoria dei sopravvissuti come simbolo del massacro degli innocenti.