Visitiamo Corinto, Epidauro, Olimpia
Di Mario Giangrande
Partiamo da Bari con volo low cost Vol…a , arrivo all’aeroporto Elefthrios Venizelos di Atene. All’arrivo si sale sul primo autobus della Ktel diretto nel Peloponneso, culla delle più epiche manifestazioni ludiche dell’antichità. Il nostro animo è messo subito a dura prova : montanare con i capelli nascosti da foulard neri e facce scure per l’abbronzatura ti stringono sui sedili.
Finalmente si parte, lasciandoci alle spalle l’attica, per costeggiare l’azzurro golfo Saronico. Dopo un centinaio di chilometri il bus rallenta, la strada si assottiglia, e il mio vicino di posto, accarezzando la sua lunga barba bianca da filosofo con un cenno mi invita a guardare giù, stiamo passando sopra il Canale di Corinto, i cui argini, nel punto più alto, sfiorano gli 80 metri.
E’ la scorciatoia usata dalle enormi chiatte per farsi trainare, tramite minuscoli rimorchiatori tra il mar Ionio e l’Egeo. Scendiamo nel centro della moderna Corinto e, saliamo sul bus 33 che, sferragliando tra alture macchiate di ulivi e vigneti, porta sino alla Palea Korinthos : la città antica sfoggia uno stupendo tempio di Apollo, di cui rimangono sette colonne doriche, la fontana Peirene, l’enorme agorà di epoca romana, col bema, la tribuna.
Da qui, con un poco di coraggio, senza farsi spaventare da ramarri grossi come serpenti, ci si può spingere ancora più in alto: un ripido sentiero si inerpica tra distese di papaveri, camomilla profumata, cardi di un viola intenso, ai 574 metri di altitudine del l’Acrocorinto. Dalla fortezza che fu romana, bizantina, franca, veneziana e turca si gode la vista magnifica del golfo di Corinto e del suo gemello Saronico, nonché dell’intero Peloponneso.
Riprendiamo l’autobus che si inoltra tra vigne e oliveti e le colline dell’Argoide arriviamo a Nauplia la fermata è posta ai piedi della fortezza di Palamidi con i suoi 847 gradini che i Veveziani fecero costruire sulla collina per proteggere la loro base verso l’oriente. La baia di Napulia è un placido paradiso in cui si gingilla il castello galleggiante di Bourzi, un tempo collegato alla terraferma con una catena per impedire l’ingresso della navi sgradite. Ce ne andiamo a malincuore dirigendoci verso Epidauro.
Questo è lo stesso percorso che facevano i pellegrini e gli atleti diretti al santuario di Asclepio, il dio dalle doti taumaturgiche così potenti da suscitare l’invidia di Zeusche lo folgorò. Oggi si viene qui per il teatro rimasto quasi intatto dal IV secolo a.C, quando fu costruito conteneva sino a 14mila spettatori tuttora vanta un’acustica perfetta , anche dall’ultima fila si ode il fruscio di un foglio di carta stropicciato, il tintinnio di una moneta o un bisbiglio pronunciato al centro dell’orchestra e non si resiste alla tentazione di declamare al vento il verso di una poesia o intonare una canzone.
Da Epidauro ci spostiamo a Olimpia , il giardino degli dei. Subito dopo Tripoli l’autobus superata Kalliani comincia la discesa verso l’Elide e le sue vallate tappezzate di ginestre. Ecco svelarsi la verde vallata tra il monte Kronion e il torrente Cladeo. Qui dal lontano 776 a.C. e sino al 392 d.C. ogni 50 lune, nel secondo plenilunio dopo il solstizio d’estate, si svolsero i Giochi olimpici.