Visioni di Città. La città di Trieste, nello sguardo e nel racconto del Sindaco, di alcuni Consiglieri d’opposizione e del Direttore del Dipartimento del Territorio.
di Enrico Conte
Le domande e le risposte che seguono vorrebbero aprire, su queste pagine, una riflessione sulla trasformazione in atto nelle città e nei borghi, che si inserisca nel dibattito pubblico in corso sui temi dello sviluppo del Paese e delle sue comunità territoriali.
Il punto di partenza – spunto iniziale di confronti che si auspicano – è la narrazione, da parte di alcuni protagonisti del governo e della gestione di un territorio, delle trasformazioni in atto, delle metodologie, degli strumenti in uso e di buone pratiche, per ideare e attuare progetti di opere e servizi pubblici.
Se è vero che il PNRR mette a disposizione una quantità senza precedenti di risorse finanziarie, che dovranno essere prima progettate e poi spese entro il 2026, non può tacersi che ciò che continua a fare la differenza tra i territori è dato da un insieme di fattori: una certa dose di consapevolezza che, per realizzare le cose occorre senso di resposabilità,competenza e abilità di chi amministra( sia esso politico o tecnico), un adeguato grado di coesione della comunità sulle priorità e sui progetti cantierabili, una capacità amministrativa, da intendere come attitudine delle persone ( politici e tecnici)che, in quel dato Ente, si prendono in carico il compito di risolvere con pragmatismo i problemi accumulati, di mandare avanti i progetti, di disegnare il futuro di una comunità, di monitorarne la realizzazione.
La “visione“ per una città, grande o piccola che sia, sembra essere allora non solo il frutto di un qualcosa di apparentemente astratto, ma la risultante di un insieme di elementi, l’esito di una tensione continua tra chi governa e chi fa opposizione, e che non si accontenta di essersi confrontato in sede di campagna elettorale, tra strumenti pianificatori e progetti, la conseguenza di scelte organizzative su chi fa e che cosa, di risorse economiche da cercare perché c’è un progetto che si vuole realizzare, di risorse umane in possesso di una buona dote, costituita dalla voglia di fare per restituire alla comunità servizi e cose che restano. Non solo una semplice promessa, quindi, ma molto di più.
Entrare nello specifico di quello che fa un singolo Comune, attraverso lo sguardo di alcuni suoi protagonisti, potrà auspicabilmente rivelare esiti meno scontati, magari in grado di mettere in discussione certi schematismi sulle differenze tra il Nord e il Sud del Paese.
D. Signor Sindaco Roberto Dipiazza, lei è stato eletto Sindaco in questo territorio per la quinta volta, dalla sua prima esperienza a Muggia e con un intervallo dopo i primi due mandati a Trieste.
Non è stanco di rivestire questa carica e di lavorare nei Comuni, che sono sì vicini ai cittadini, ma pieni di problemi, quelli che non sempre sembra percepire il livello di governo nazionale?
R. Quello che conta per me sono i risultati. Trieste è prima nelle classifiche del Sole 24 ore per qualità della vita.
E siamo primi per trasferimenti in città da altri territori. Nel 2021 il saldo migratorio in provincia di Trieste è stato positivo, come in molte città medie, Bologna, Piacenza, Pavia, Ferrara.
Nel 2022 ci saranno 500mila turisti, anche in ragione delle navi da crociera, in parte dirottate da Venezia.
La città, come accade un pò per tutte le realtà medie, tanto più dopo la pandemia, attrae. La “città in quindici minuti”, che è la moda del momento, noi a Trieste ce l’abbiamo da sempre, tra mare e Carso.
D. Quando si parla di progetti, è facile pensare al Porto Vecchio che, con i suoi 630mila metri quadrati e con 40 Magazzini liberty, è entrato nel patrimonio del Comune dal 2017, dopo decenni di abbandono e polemiche. Che cosa si sta facendo?
R. Porto Vecchio è un cantiere.
Dopo la realizzazione delle primissime opere di infrastrutturazione all’ingresso dell’area da Barcola a viale Miramare e del Centro Congressi, con un’operazione misto pubblico-privato, stiamo continuando con i sotto servizi e le strade, con un appalto di 10 milioni (dei primi 50 messi a disposizione dal Mibact).
I lavori in appalto servono a creare le infrastrutturazioni necessarie e ad attirare investitori.
Il Magazzino 26 – già sede dell’Immaginario Scientifico (che si occupa di comunicazione della scienza n.d.r.) e futura sede del deposito museale della civiltà istriana (con le vettovaglie degli esuli istriani, fiumani e dalmati, accumulate dopo l’esodo della seconda guerra mondiale, reso famoso al grande pubblico con lo spettacolo di Simone Cristicchi dedicato al Magazzino 18 n.d.r.) anche questa in cantiere – sarà il nuovo Museo del Mare, progettato, dopo una gara internazionale, dall’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. Anche in questo caso i 33 milioni necessari sono del Mibact.
Seguirà l’infrasttura verde al centro e ai lati del Porto Vecchio, progettata dall’architetto e paesaggista tedesco Andreas Kipar.
Sul progetto della cabinovia e del progetto architettonico dei tralicci, a cura dell’architetto Massimiliano Fuksas, lascio la parola al Direttore del Dipartimento del Territorio, l’ing. Giulio Bernetti.
D. Ing. Giulio Bernetti, ci può parlare della rigenerazione del Porto Vecchio?
R. Il Porto Vecchio va visto sotto due diverse prospettive: il ruolo degli spazi aperti e quello dei Magazzini.
L’Accordo di programma tra Regione FVG, Autorità di Sistema Portuale e Comune di Trieste ha sancito, in base alle destinazioni urbanistiche previste, che le aree aperte del Porto Vecchio rimarranno aperte al pubblico e a disposizione della città. Su questo presupposto i finanziamenti che sono via via arrivati su Porto Vecchio consentiranno in pochi anni di recuperare, infrastrutturare e rinnovare tutte le aree aperte: dalle strade al verde, dalle aree sportive alle passeggiate, dalle piazze alla nuova cabinovia. Diverse zone sono già state recuperate, alcuni lavori sono in corso e i fondi del PNRR (oltre 90 milioni sono già stati finanziati sul solo Porto Vecchio) consentiranno il completamento del progetto anche grazie al contributo di architetti di chiara fama quali Alfonso Femia e Massimiliano Fuksas, sempre nella cornice già individuata da Andreas Kipar.
Per quanto riguarda il recupero dei magazzini si possono distinguere un certo numero di magazzini a destinazione pubblica: alcuni già completati (il Centro Congressi realizzato con un project financing, la stazione Idrodinamica, la Sottostazione elettrica), alcuni in cui i lavori sono in corso (il Museo del mare al Magazziono 26) e altri che sono di interesse della Regione FVG. I restanti Magazzini saranno alienati nel rispetto delle previsioni del master plan vigente e le forme di alienazione sono oggi allo studio da parte del consorzio URSUS che sta completando la stima di tutti gli immobili.
D. Sig Sindaco che fine farà la Sala Tripcovich, che si trova in piazza Libertà vicino alla Stazione dei treni?
R. Dopo aver ottenuto da parte della Soprintendenza la rimozione del vincolo monumentale per riconosciuto superamento e insussistenza delle ragioni di tutela, nel mese di settembre inizieranno ragionevolmente le operazioni per l’abbattimento. Si libererà così uno spazio che durante il regime fascista fu occupato con una stazione delle corriere, che finì anche per impedire uno sguardo più ampio sull’ingresso monumentale del Porto Vecchio.
Tutta la zona in questione ha iniziato a prender nuova vita con la conversione dell’edificio di Corso Cavour in Urban Center Imprese, che ormai funziona da un paio di anni e nel quale si insediamo imprese del bio medicale, frutto della ricerca applicata promossa dai fondi POR Fesr.
Con la demolizione della Sala Tripcovich, prevista nei prossimi mesi, si aprirà così la possibilità di collegare funzionalmente e urbanisticamente la piazza Libertà ai varchi monumentali del Porto Vecchio, iniziando già nella piazza quel percorso verde che è il filo conduttore dei percorsi all’interno del sito e creando un punto informativo per turisti.
D. Per l’operazione di rigenerazione urbana in Porto Vecchio si è scelto uno strumento pubblicistico, un Ente pubblico economico regionale (URSUS, che è anche il nome del pontone galleggiante del 1911, bene di archeologia industriale in corso di restaro ndr.), che ha per finanziatori il Comune (finanziatote maggioritario), la Regione FVG e l’Autorità Portuale del sistema orientale, già proprietaria del sito sino al 2017 (l’Autorità Portuale è oggi ancora proprietaria delle banchine).
Come procede questa operazione che, al momento, non prevede un partner privato?
R. E’ stato affidato all’Agenzia delle Entrate il compito di predisporre la stima dei Magazzini.
Quest‘operazione servirà per cercare investitori e per negoziare con gli stessi.
URSUS sta completando la stima dei magazzini attraverso una convenzione con l’Agenzia delle Entrate e, al tempo stesso, sta raccogliendo tutte le manifestazioni di interesse che stanno pervenendo per i diversi Magazzini. Si sono effettuati numerosi confronti con possibili investitori, sia per una gestione unitaria dell’area, sia per interventi minori. Attraverso un’attività di benchmarking e di valutazione dei possibili vantaggi e svantaggi, URSUS, a breve, sottoporrà ai soci la scelta sulle possibili modalità di alienazione.
D. Nella compagine che dovrà seguire la valorizzaziopne del Porto Vecchio – dicono alcuni – c’è troppa ed esclusiva presenza pubblica: che cosa replica? E quale ruolo potranno avere l’Università e i Centri di Ricerca che rendono famosa Trieste?
R. Arriverà il momento per coinvolgere i privati. Quanto ai Centri di Ricerca un Magazzino è stato promesso all’Istituto Nazionale di Oceanografia Sperimentale (OGS), che dispone, ricordo, di una nave, l’Explora, che ha le caratteristiche per poter navigare sulle rotte polari.
I Magazzini potenzialmente coinvolti dal pubblico rimarranno comunque una minoranza sul totale del patrimonio immobiliare.
D.Parliamo dei giovani: solo movida e spritz?
R. La città è meta dei ragazzi che vengono dalla Regione, dalla Slovenia e dalla Croazia.
Quanto al bere sono allarmato, ho intenzione di incontrare i giovani, vorrei organizzare un incontro pubblico per ragionare con loro e provare a dissuarderli dal bere smodato, che interessa ragazze e ragazzi.
D. La denatalità è fenomeno irreversibile?
R. Mi ispiro a quello che fece nel 1700 Maria Teresa d’Austria, che creò a Trieste condizioni perché gente di varie provenienze venisse a vivere e ad investire in città. Quella che si vede con il suo impianto urbanistico straordinario e i suoi palazzi è frutto di quelle politiche.
D. Il PNRR: tutto rose e fiori?
R. Sarebbe meglio che venisse usato il modello Genova con i Sindaci Commissari Straordinari.
D Quanto al personale, alla “capacità amministrativa” delle Stazioni Appltanti, arrivano i rinforzi?
R A breve prenderanno servizio sei giovani Dirigenti, nei prossimi mesi 140 funzionari. Ricordo che abbiamo da tempo i conti in ordine e un Bilancio virtuoso. Una volta sbloccatosi il Patto di stabilità, siamo ripartiti con i concorsi.
Abbiamo anche voluto che i nostri dirigenti e quadri partecipassero ad un Corso, Next Generation EU, organizzato e già concluso quest’anno, in collaborazione con Università degli Studi di Trieste (Dipartimento di Scienze giuridiche), Regione FVG e Comune di Trieste, sul PNRR e sulle novità allo stesso collegate.
D. Il rapporto con le Capitali europee?
R. Mi resta nel cuore l’incontro del 14 luglio 2010, con i capi dello Stato di Italia, Croazia e Slovenia, e il concerto di pace con Riccardo Muti e, nel luglio 2020, l’incontro con il Presidente Mattarella e Borut Pahor, Presidente della Slovenia, in particolare quando si tengono la mano.
Vorrei organizzare un incontro che riguardi l’area balcanica, anche con Slovenia e Croazia, ovviamente.
Trieste è sì una città di confine, ma è anche al centro di un mondo, quello dell’Europa centrale, che ha relazioni da valorizzare con iniziative di dialogo che usino la storia come motore per guardare avanti.
Per restituire il senso di un dibattito con punti di vista diversi sulla città, si è scelto di parlare con i rappresentanti di una Lista civica – Adesso Trieste – una docente,Michela Novel, Presidente di Circoscrizione, e un ricercatore laureato in Urbanistica, Riccardo Laterza, Capogruppo in Consiglio comunale.
D. Arch.Riccardo Laterza, pensa che il PNRR sia un’occasione per le città o sia un’immensa e pericolosa illusione di ripresa per il paese e per i territori?
R.Il PNRR è un’occasione storica, soprattutto perchè è stato pensato come un programma di spesa pubblica strutturale, e in particolare perchè punta sulla sostenibilità ambientale, che è il tema di questi anni.
Le misure previste nel piano sono inserite in una cornice di sistema e questo va bene.
D. Che cosa non va bene allora?
R. Il fatto che sia stato scritto al centro, dallo Stato, senza un coinvolgimento adeguato dei territori. Poteva essere l’occasione, e lo può essere ancora, per impostare un buon rapporto con le Regioni e gli Enti locali e le Comunità locali più in generale. E invece è troppo sbilanciato su logiche ministeriali.
D. Il Sindaco, sul punto, ha espresso l’idea che sarebbe stato meglio servirsi del modello Genova dopo il crollo del ponte Morandi, usando quindi i Sindaci come Commissari per velocizzare i tempi e razionalizzre le procedure.
R.Il rischio dei Commissari è di escludere la comunità dalle fasi della progettazione e quello di una pericolosa opacità nelle gare.
D. Parliamo del Porto Vecchio: come procede la riconversione del vecchio scalo?
R. la società (Ursus) che è stata creata per seguire le fasi operative è in mano pubblica,e questo va bene, se questo vuol dire mantenere nel pubblico la regia. Ma perchè cio accada in concreto, servono persone, figure professionali capaci e attrezzate, anche dal punto di vista dei numeri.
Mi sembra che, sotto questo profilo, questo punto registri una criticità, perchè ci sono persone che fanno questo e quello, mantenendo compiti all’interno della struttura del Comune o degli altri Enti che compongono Ursus. E bisognerà evitare quello che è accaduto a Milano, dopo Expò, dove molti spazi sono stati urbanizzati senza avere una destinazione d’uso chiara dopo la fine del grande evento.
Aggiungo che, quando vengono organizzati anche dibattiti pubblici e incontri sui progetti in cantiere in Porto Vecchio, sembra che tutto resti sul piano dell’opera da realizzare, senza analizzare le ricadute che alla stessa sono collegate, pensando, dico io, alle implicazioni economico sociali in termini di occupazione, da intendere come occasioni di lavoro, per i giovani in particolare.
Insomma tutto cantiere, poco valore aggiunto.
D. Parliamo del Museo del Mare, al Magazzino 26, con il progetto di Consuegra che attualmente è in fase di esecuzione.
R. Bene che ci siano 33 milioni del Mibact disponibili, circostanza che rende l’opera una delle più grosse di questi anni, ma quello che chiediamo è di poter essere messi al corrente dello story board del museo, che ad oggi ci risulta secretato, perchè, ci è stato detto, deve essere messo in gara. Abbiamo tuttavia avviato un dialogo con l’Assessore alla Cultura Giorgio Rossi, che ci ha dato segnali di apertura a ragionare su linee guida che attengano alla gestione del museo.
Noi vorremmo che non fosse sono uno dei tanti musei della città, ma un catalizzatore di progetti costruiti con una comunità che trova in questo museo un pezzo importatissimo della propria identità.
Perchè allora, diciamo noi, non creiamo una Fondazione che possa gestirlo, ispirandosi alle migliori esperienze italiane ed europee?
D. Parliamo della Cabinovia che da Opicina, o forse Monte Grisa, porterà in pieno centro storico, senza che si intasino le strade di accesso alla città con le auto.
Che cosa non va di questo progetto di mobilità sostenibile?
R. Che la sostenibilità ambientale ed economica non c’è. Si voleva che la Cabinovia fosse sottoposta ad un Referendum, ma il Comitato l’ha bocciato perchè il progetto è finanziato, ed è nei tempi del PNRR (tutto deve essere realizzato entro settembre 2026). Bene, allora a questo punto chiediamo: c‘è un bacino di utenti realistico e fatto da cittadini e turisti? Quali sono i suoi numeri? Il piano economico finanziario è credibile? O scaricheremo i debiti sui fondi per il trasporto pubblico locale?
A noi sembra che il tema della funzionalità dell’opera a fini turistici, che viene propagandato, sia sopravvenuto proprio per sopperire ad un problema: l’inadeguatezza di una valutazione economica della gestione della cabinovia.
I problemi poi di impatto ambientale dell’ infrastruttura e dei suoi piloni, con più di 1.100 alberi da abbattere, restano da risolvere.
D. Rigenerazione urbana di Porto Vecchio. E le restanti parti della città?
R. E’ richiesto un approccio di sistema che guardi alle ricadute di quello che viene fatto, altrimenti ci troviamo di fronte a quello che è accaduto nella zona Urban che, dopo vent‘anni, ha avuto una riqualificazione incompleta e centrata sul turismo. E tutto il resto? E gli studenti? Gli artigiani? Le nuove attività con professionisti? Tutto ciò che intendeva finanziare il programma Urban!?
D. Le periferie sono puntualmente un tema per ogni città medio grande.
R. Se guardiamo al Piano delle Opere, per noi è troppo sbilanciato sugli immobili e aree del centro, ma soprattutto non ci sembra che, più che le risorse dal punto di vista quantitativo, sia stato seguito un metodo in grado di integrare e rigenerare la relazione tra il centro e le periferie, come per esempio la rigenerazione di alcune piazze dei rioni che potrebbe portare benefici anche dal punto di vista della ricostruzione del tessuto commerciale di prossimità, oppure infrastrutture di mobilità come moderni tram che connettano più rapidamente centro e periferie.
D. Prof. ssa Michela Novel, in qualità di Presidente di Circoscrizione, pensa si possa recuperare il tema del decentramento?
Il primo punto del documento programmatico che ha portato alla mia elezione come Presidente della Quinta Circoscrizione riguarda proprio la riforma del decentramento amministrativo.Intendiamo allargare gli spazi della partecipazione,formale o meno.Cerchiamo di dedicare molto tempo all’ascolto dei cittadini,rispondendo alle segnalazioni che ci arrivano,organizzando incontri o partecipando a iniziative di altri.Da qualche mese,con cura e impegno da parte di tutti i Consiglieri,stiamo realizzando eventi ludico-culturali nelle varie piazze della Circoscrizione.Ci piacerebbe molto riportare la sede della stessa in una zona più centrale e quindi più accessibile. Attualmente si trova all’interno di Villa Sartorio, che è un pò decentrata.Tutto questo per riavvicinare i cittadini alle Istituzioni,convinti che una politica realmente democratica si basi su questo.Nelle ultime settimane siamo impegnati in un lavoro di consultazione della cittadinanza, in vista della realizzazione di un bando per il recupero di una ex piscina,appartenente a un complesso scolastico.
D. Consigliere Riccardo Laterza, parliamo del rapporto tra il Comune e il sistema della ricerca scientifica. Stando ai numeri Trieste vanta un rapporto molto alto di ricercatori, 11 ogni mille abitanti. In che misura, la ricerca e la presenza di questi residenti, sono il presupposto per nuova impresa e lavoro? Perchè Università e Ricerca sono lontane dai progetti di rigenerazione del Porto Vecchio?
R. Nel Magazzino 26 c’è l”immaginario Scientifico, che si occupa di comunicazione della scienza, ma ci vorrebbe una presenza di realtà capaci di seminare progetti e relazioni di rete, lo stesso Urban Center Imprese, realizzato con fondi POR FESR,, che ha aperto con bio medicale e start up durante la pandemia, dovrebbe sviluppare maggiori rapporti con la città e avvicinare di più il mondo della scienza e delle nuove imprese al territorio. Molto più di quanto faccia, a partire dalla sua sede che, se il Porto Vecchio si sviluppasse in una direzione produttiva, potrebbe godere di un contesto ancora più attrattivo.
D. Giovani: solo movida? Come trattenerli e attirarli sul territorio?
Servono più catalizzatori di lavoro giovane, servono misure di welfare in grado di creare un contesto nel quale chiunque abbia la libertà di decidere come costruirsi la propria vita, inclusa la scelta di costruire una famiglia e avere figli, o viceversa.
Trieste è una capitale per sua vocazione, ma penso dovrebbe sviluppare di più i suoi rapporti anche “diplomatici” con le grandi città europee, per attirare risorse, condividere progetti e, quando serve, mettere pressione ai rispettivi governi centrali.
D. Dopo la grande crisi economica del 2008, e soprattutto dopo la pandemia, si sente ripetere da più parti che occorre cambiare paradigmi culturali e stili di comportamento.
Penso alla sollevazione di cittadini quando viene creata una pista ciclabile e vengono soppressi posti auto. Che cosa significa in concreto per una città cambiare paradigmi?
R. Alexander Langer diceva che il cambiamento deve essere desiderabile, per evitare di fare passi indietro bisognerebbe disporre di un disegno articolato, sistemico e coerente, in grado di assorbire con gradualità i passi da fare, coinvolgendo attivamente le persone nei processi di trasformazione.
Non basta una panchina per cambiare il rapporto con il verde urbano, se poi la prima cosa che viene progettata è l’aumento delle superfici e del suolo da ricoprire con volumi, piuttosto che la riconversione e rifunzionalizzazione degli edifici dismessi.
Trieste-Lecce 25 giugno 2022
Enrico Conte, Già Direttore Dipartimento Lavori pubblici e project financing
Comune di Trieste
348.0064127