IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Vincenzo Fiaschitello, Alta è la luna calante – Poesie inedite (2011-2022)

Un Libro di Vincenzo Fiaschitello

Un Libro di Vincenzo Fiaschitello

Vincenzo Fiaschitello, Alta è la luna calante – Poesie inedite (2011-2022), Avola, Urso, 2023  pp.360,  € 22,00

Dalla nota introduttiva dell’autore

Le poesie di questo periodo (2011-2022) sono, ancora più del precedente (1), caratterizzate da un linguaggio più vicino alla prosa. Io non credo che questo possa essere considerato un modo piuttosto semplicistico di depotenziamento del linguaggio poetico o una sorta di chiusura alla poesia, ma al contrario un servizio utile alla poesia, che così ha la possibilità di arricchirsi di stili e linguaggi diversi.

Mi sono servito della poesia per affacciarmi al passato, al mistero della vita di ogni giorno, per aprirmi uno spiraglio e far entrare un raggio di sole, capace di dar senso a ciò che ci circonda, a tutte le precarietà e alle inevitabili oscillazioni tra la vita e la morte; per comprendere i limiti invalicabili del nostro agire e pensare, per accettare quella notte arcaica che ci vive dentro, quella notte dalla quale tutti abbiamo origine. E se penso come l’ho fatto e qual è stato lo strumento usato, non ho dubbi che la ricerca linguistica abbia occupato un posto molto importante. I sogni, i ricordi, le emozioni, hanno tracciato i sentieri più belli nel paradiso della parola.

Sono percorsi lirici che testimoniano della bellezza del mondo, ma che nel contempo non mancano di una visione malinconica proprio perché avvertono la non stabilità del tutto, l’inarrestabile fluire delle cose, la mutevolezza di ogni nostro rapporto con noi stessi e con gli altri. Quando sentiamo di diventare estranei ai luoghi che abbiamo sempre amato, lontani da coloro che non ci sono più, ecco che passare da un clima lirico a quello malinconico il passo è breve. Immagini e sentimenti lirici finiscono, come diceva il poeta greco Dionysios Solomos, con il concedere al poeta al massimo un ottimismo azzoppato.

La malinconia che aleggia spesso attorno ai miei versi dipende, dunque, dal fatto che essendo sempre presente il pensiero del tempo e del suo trascorrere rapido nel passato, che solo la memoria può far rivivere, mi ritrovo in maniera naturale a frugare nel destino di fragilità della vita, tra ombre scure che vanno a ricoprire la bellezza e quindi nella constatazione di una misura di sofferenza, di una presenza di morte che incombe su tutti i viventi. Ma navigare a vista lungo il corso dello Stige non esclusivamente dà vertigine e dolore, ma può essere anche il modo per recuperare _____________

1- V.Fiaschitello: Sul Valico del Millennio, Poesie inedite(1998-2010),Avola, Libreria  Editrice Urso, 2022

quel silenzio interiore e quel senso di appartenenza alla vita, di riscoperta di cose semplici, di una luce celeste che squarcia

l’oscurità del cielo, che dona la speranza e spinge ad accettare tutto ciò che comunque ci dondola attorno, quale segno di una parola divina creatrice.

Avvertire la fragilità della vita è molto semplice, magari cedendo alla disperazione, ma fuggirla è impossibile: non resta allora che renderla meno acuminata perché possa ferirci il più lievemente possibile. Questo può farlo la Bellezza, può farlo la Poesia. E’ la poesia, miele della vita, che risana i nostri sentimenti quando crollano come pilastri di templi antichi, che accende le nostre emozioni tra le ceneri degli eventi che costellano la nostra esistenza. E’ la poesia che dà conforto e sollievo all’anima quando è stanca, quando vaga lamentosa e smarrita tra l’indifferenza della gente, tra le luci ingannevoli di eleganti negozi, tra miseria e gonfi sovrabbondanti supermercati.

Vero è che la poesia è letteratura, ma è capace di scavarci dentro e scavandoci l’anima ci crea quel vuoto, quello spazio che ci allontana dal reale, diventa come l’occhio miope che non ci fa scorgere i contorni, che ci avvolge in una sorta di nebbia l’oggetto mirato. E tuttavia sappiamo che la realtà è là e che essa non solo sta lì in attesa di un nostro passo, è essa stessa che ci guarda, che ci viene incontro ora con dolcezza ora con violenza, col midollo e con la rugosa scorza. Se la poesia ha dunque un compito, questo è proprio quello di farci avvertire una distanza, una assenza, una illeggibilità di una erta esistenza nella quale siamo tutti radicati e al tempo stesso smarriti per l’incomprensione di significati che ci sfuggono dolorosamente.

Certe poesie potrebbero sembrare cariche di angoscia per una fine che si intuisce imminente: non mancano invece di mostrare come il breve o lungo viaggio della vita alla ricerca del tutto tende a concludersi in modo positivo perché anche il niente, tanto temuto, va a identificarsi in quel tutto che perciò diventa vita della fine, così com’è per tutti gli esseri della natura.

Oscillazione tra il tutto e il niente, altro non è che la cancellazione del tempo, il naufragio, la vertigine, la vittoria dell’oblio, del silenzio. Ma se il poeta è contornato dal silenzio, gli resta come possesso inalienabile una voce, quella della poesia che gli dona il privilegio di confrontarsi con l’altro silenzio, naturale e universale, in cui l’uomo è immerso. Spezzando questo silenzio e non solo quello della sfera personale, il poeta riesce ad esaltare la frammentarietà di una realtà, che non ha una collocazione precisa di spazio, ma che si estende in tutto l’universo, consapevole e umile nell’accettazione che l’uomo può cogliere qualche briciola, che non è tutto, ma nemmeno niente. E’ qualcosa! E’ il destino dell’uomo che certo rende inquieto il cuore e non lo appaga e, tuttavia, lo spinge ad essere libero ed esente da vani rimpianti, da ripiegamenti gravidi di tristezza che ne abbattono le forze del vivere.

In vari momenti della mia ricerca sono stato tentato di liberarmi in tutto o in parte della veste lirica, cercando una lingua piuttosto cruda, più vicina al quotidiano. Ma se questo è stato possibile quando veniva toccata la corda civile o quando salivano alla coscienza e alla immaginazione temi concreti e inquietanti, quali la guerra, l’immigrazione clandestina e simili, non ha avuto successo con tutti gli altri aspetti che prepotentemente si presentavano come impulsi indomabili della vita interiore.

La chiarezza della poesia non può non essere che una chiarezza onirica, dal momento che essa scaturisce da un materiale fatto di parole che evocano sentimenti, stati d’animo, suoni e ritmi oscillanti, pronte a respingersi e ad attrarsi misteriosamente. Ciò spiega perché la poesia si presta a una lettura multipla: è lontana da ogni astrattezza e genericità, è antiideologica, antididascalica. La frugalità verbale della poesia ha orrore della utilità, non intende liberarsi dalle contraddizioni del mondo, accetta la molteplicità, si piega all’ascolto delle piccole cose (fiori, erbe, piante, colori), ha angoscia e pietà verso la cupezza della realtà quotidiana. Il linguaggio poetico filtra il reale in tutte le sue sfaccettature, mostra i dettagli, ma non ne trattiene che l’essenza, ha la magia di andare al di là della materia, a rivelare il mistero che in fondo coincide con ciò che riconosciamo come Bellezza. E’ il suono delle parole, il loro accostamento al posto giusto che ci aiuta a scoprire quello che di noi stessi non conosciamo, che ci spinge ad inoltrarci in quel che ci oltrepassa. La poesia è una sorta di soffio di immortalità, di eternità, che ci compenetra, un fuoco che da millenni essa alimenta, pur se dolorosamente consapevole di non poter cambiare il destino dell’uomo sulla terra.

Non so come, ma mi è capitato che, a parte i versi giovanili non più rintracciabili, dopo i cinquant’anni mi sono trovato a spendere con prodigalità quanto di immaginazione, di memoria, di pensiero, si era accumulato nella mia interiorità. Mi piace qui evidenziare brevemente che al di là dei molteplici spunti lirici presenti in questa raccolta, vari sono i richiami alla vita della natura, segno di una convinta visione ecologica, e in genere alla realtà oltraggiata spesso dalla violenza, dalla incomprensione, dalle opposte e insuperabili ideologie o più semplicemente dalla sordità morale del singolo che senza scrupolo alcuno con la sua faccia losca ti strappa la borsa e per di più ti fa intendere di doverlo ringraziare per quel che di più prezioso ti lascia. Ma ancora più grave di tutto questo, emergono con assoluto doloroso stupore i terribili eventi legati alla guerra (Guerra, Palmira cadde, Appesi ai pali…).   Il poeta Mario Luzi, che aveva già vissuto gli anni della seconda guerra mondiale, nel 1999 a 85 anni così scriveva contro la guerra in Serbia: “Ogni minimo elemento costitutivo, ogni più sottile fibra vivente della cultura europea rifiutano la guerra in corso nel cuore dell’Europa come un feroce anacronismo e una regressione indecente nella scala dell’evoluzione civile. C’è un rigetto generale della coscienza europea e c’è una intollerabile umiliazione dello spirito europeo presente in ogni cittadino del continente, ne sia o non ne sia consapevole”.

Non so se c’è qualcuno che non sia disposto a condividere la saggezza di queste parole. E tuttavia oggi (2022), con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Europa versa in una situazione ancora più drammatica!

Non spetta a me, ovviamente, dire se i versi della presente raccolta si avvicinino, in tutto o in parte a quel che sopra si è detto e con quali esiti, ma ai lettori, specialmente a coloro che non si limitano a leggere per evasione e intendono condividere le emozioni e comunicarle agli altri.

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Vincenzo Fiaschitello è nato a Scicli il 18/10/1940. Laurea in Materie Letterarie presso l’Università di Roma con il massimo dei voti (1966) e Abilitazione all’insegnamento di Filosofia e Storia nei licei classici e scientifici; Pedagogia, Filosofia e Psicologia negli istituti magistrali (Esami di Stato D.M. 10/8/1966). Docente di ruolo di Filosofia e Storia nei licei statali (Vincitore Concorso Nazionale a 119 cattedre, indetto con D.M. 30/6/1969) e Incaricato alle esercitazioni presso la cattedra di Storia della Scuola – Facoltà di Magistero Università di Roma dall’anno accademico 1965 66 al 1973/74. Direttore didattico dal 1974 (Vincitore Concorso Nazionale D.M. 25/9/1970), preside e dirigente scolastico fino al 2006. Docente nei Corsi Biennali post-universitari. Membro di commissioni in concorsi indetti dal Ministero P.I.

Ha pubblicato oltre venti opere di saggistica, di poesia e di narrativa, nonché molteplici articoli di critica letteraria, di filosofia, di storia, di pedagogia e di didattica.

Onorificenza su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri: Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Decreto Pres. Rep. 2/6/1997).

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