Vincenzo Ciardo, fece conoscere al mondo intero la Puglia, il Salento e, soprattutto, la bellezza della “Terra di Leuca”.
di Giorgio Mantovano
Vincenzo Ciardo (25 ottobre 1894 – 26 settembre 1970), celebre paesaggista, amico fraterno di Girolamo Comi, ma anche di Mario Marti, Vittorio Bodini, Vittore Fiore e Vittorio Pagano, con i suoi quadri raccontò la struggente malinconia dei tramonti, la bellezza senza tempo dei paesaggi contadini, l’incanto delle marine, delle albe e dei notturni lunari.
Era nato a Gagliano del Capo, nell’estremo lembo d’Italia a due passi dall’amata Leuca.
Tre suoi fratelli, Francesco, Domenico e Biagio, combatterono con eroico coraggio per la patria in quella che fu chiamata guerra di redenzione, perdendo la vita a pochi mesi di distanza.
Biagio, sottotenente del 150° Reggimento fanteria, cadde nel 1918 a 27 anni ad Asolo; Domenico, 19 anni, sottotenente 1° Reggimento genio, perse la vita sull’altopiano di Asiago nell’ottobre del ’17 e Francesco, sottotenente del 94° reggimento di Fanteria, decorato con medaglia d’argento al valore militare, morì a 27 anni, nel ’17, sul Medio Isonzo.
Vincenzo, dotato anche di singolare vena poetica e narrativa, descrisse meglio di altri il rapporto d’amore tra l’olivo ed il paesaggio salentino.
Spiegò che nel Salento l’olivo era “qualcosa di più di uno dei tanti accidenti del mondo vegetale, cioè una sorta di deità casalinga, bonaria e patriarcale, che accompagna infaticabile l’esistenza dell’uomo. Un po’ come il destino. Ma un destino nel quale, tutto sommato, l’idillio prevale sul dramma” (V. Ciardo, ” L’olivo deità casalinga del Salento”, da “Quasi un diario“, Mele, Napoli, 1957, citato in “Novecento letterario leccese, a cura di Donato Valli e Anna Grazia D’Oria, Edizioni Manni, 2002).
Purtroppo, è triste dirlo, quell’idillio, nel rapporto antico tra olivo e Salento, è da tempo venuto meno.
Vincenzo Ciardo, il pittore poeta capace di regalare lirismo a piene mani, chissà cosa avrebbe scritto di questi nostri tempi.
