Un’immersione nella Lecce del Seicento con Giovanni Diurisi a tò Kalòn
di Anna Stomeo
Ancora un evento eccezionale a tò Kalòn dell’Associazione Itaca Min Fars Hus, a Martano (Lecce) in via Marconi 28, venerdì 28 Giugno alle ore 19.30: entreremo letterariamente (e virtualmente) nella Lecce del Seicento in compagnia di Giovanni Diurisi, autore di un’opera incredibilmente bella e travolgente: “Il Servitore di Carte” – Lecce A.D. MDCXXXI, Pensa Editore 2017, un romanzo e, nello stesso tempo, una ricerca storica, ricca di suggestioni e di documenti, di narrazioni e di analisi, di verità e di simulazione. Il tutto a partire da una fatidica (e retorica) domanda: la Lecce del Seicento era solo trionfo architettonico del Barocco, come ci piace immaginarla o era invece vita umana sofferta e goduta, guadagnata e spesa, come ce la raccontano le fonti e i documenti e tutte le “sudate carte” su cui Giovanni Diurisi ha lavorato appassionatamente per anni?
Gli abbiamo chiesto di parlarcene a tò Kalòn, pur a distanza di qualche anno dalla pubblicazione di questo incredibile romanzo-saggio, perché si tratta di un libro che suscita non poche riflessioni storiche e filosofiche, sollecitando nuovi percorsi di conoscenza, nascosti nei segni di una memoria collettiva socialmente rimossa. Quasi una simulazione sincronica tra immaginario collettivo e realtà storica, un gioco conoscitivo, che si regge saldamente su una base storica e metodologica documentata e che, nello stesso tempo, si nutre di una immaginazione letteraria di alto spessore creativo. Per il lettore un viaggio immersivo in una città ‘ri-costruita’ al passato, attraverso ciò che si conosce, ma anche attraverso ciò che si ‘ri-conosce’, nei meandri della narrazione e della memoria. Quasi una realtà aggiuntiva che si sovrappone a quella già nota, rendendola più lucida ed evidente, ma anche non necessariamente distinguibile da ciò che sin qui abbiamo assunto come vero.
L’Autore, infatti, non fa mistero di volerci insinuare, con la sua narrazione, un dubbio: quello di vivere in una simulazione, cioè di essere trascinati in una realtà lontana e rimossa, ma, nello stesso tempo, viva e presente, ‘virtualizzata’ non per artificio letterario, né tantomeno per espediente tecnico-espressivo, ma per semplice esercizio di buona (anzi ottima) scrittura (storica, storiografica e testuale). Una scrittura, per molti versi, alternativa, che produce conoscenza, partendo da inusuali domande e che lascia aperti insoliti interrogativi, con cui continuare ad indagare.
Un po’ il metodo dello scienziato che racconta le sue scoperte, per così dire, dall’interno, dalla propria prospettiva, che è sempre il punto di convergenza di molteplici interessi e specifiche sollecitazioni personali difficilmente individuabili a prima vista.
E, infatti, Giovanni Diurisi, medico, già primario ospedaliero nel settore dell’emergenza, con all’attivo oltre quarant’anni di stimato e collaudato esercizio della professione, non ha mai cercato cesure o falsi cordoni di protezione da introdurre tra la propria attività medico-scientifica e quella dell’esercizio attivo della Cultura, con la ‘c’ maiuscola, in tutte le sue espressioni: dal pianoforte al collezionismo, dalla passione conoscitiva per Lecce ed il Salento alla pratica storiografica pura, con ricerca di fonti e documenti e certosino lavoro di confronto.
L’attività intellettuale di Giovanni Diurisi si è svolta sempre in totale continuità di attività e di interessi, in un arco conoscitivo ampio, tenuto insieme dall’esercizio quotidiano della dedizione e da una invidiabile dose di ironia e di autoironia, che gli consente di non prendersi troppo sul serio. E che, proprio perciò gli guadagna non solo la stima, ma anche la fiducia di tanti che oggi lo frequentano e lo seguono come Presidente dell’Università delle Tre Età (UNITRE), un’Associazione Nazionale che a Lecce, proprio grazie a Giovanni Diurisi, si è proposta, in soli cinque anni dalla costituzione, come punto di riferimento e di raccolta della migliore intellettualità salentina. Un’ulteriore dimostrazione che la cultura autentica e militante si alimenta di interessi plurimi e interattivi e non di specialismi asfittici.
Per “Il servitore di carte” Diurisi raccoglie e rielabora tutte le fascinose sollecitazioni provenienti dalle testimonianze d’Archivio, dai documenti, dagli atti curiali e notarili, dalla tradizione popolare tramandata anche attraverso le composizioni poetiche e musicali. Lo spunto è offerto da un manoscritto comparso qualche decennio fa nell’Archivio vescovile di Lecce e dove si testimonia di un censimento avvenuto nell’Annus Domini 1631 e da cui emerge l’affresco di una Lecce città-chiesa, come ce la consegna la storia tradizionale, nella quale si muovono, come in una sorta di “corte dei miracoli”(di quai contemporanea e parigina memoria!) uomini e donne del popolo e del popolino, aristocratici incerti, professionisti determinati, artigiani esperti e superbi, preti e passanti, tutti letteralmente ‘ripresi’ nelle loro posture quotidiane di sopravvivenza, che l’Autore coglie con empatia e ironica partecipazione.
Una vera e propria rappresentazione scenica costruita in un manzoniano “misto di storia e di invenzione”, intorno alla vicenda esistenziale quotidiana di due personaggi: l’ultra ottuagenario mons. Scipione Spinola, napoletano trapiantato a Lecce dove fu vescovo per quasi cinquant’anni (dal 1591 al 1639) e dove morì a 97 anni e il suo fedele servitore Giovannino, povero e ricco di risorse, che lo introduce alla realtà leccese e lo accompagna per tutta la vita in una serie di avventure esilaranti, a metà strada tra la commedia e la farsa, in una storia densa di riferimenti e di richiami concreti e documentati.
Un’opera impegnativa, che rappresenta il biglietto da visita intellettuale di Giovanni Diurisi, ma anche un’occasione unica di riflessione sugli infiniti approcci conoscitivi possibili per la storia e per la storiografia. Ci sembra, infatti, che questo lavoro di Diurisi si inserisca, ne sia o meno consapevole l’Autore, in un ben definito percorso di studi storiografici iniziati con la grande rivoluzione della “histoire événementielle”, la storia minuta dei singoli individui, introdotta nel Novecento dalla storiografia francese delle Annales e poi perfezionata, articolata e modificata nel corso del secolo, nei modi e nei canoni della cosiddetta “microstoria”. Fino alle sperimentazioni italiane di Carlo Ginzburg a partire dagli anni Settanta e all’avvento di una concezione della storia che si rifiuta di interpretare solo i testi, in maniera retorica, ma vuole anche narrare gli eventi, in maniera critica, scorgendo i fatti dietro le fonti e le azioni dei singoli uomini dietro i documenti.
Un’opera ‘aperta’, per dirla con Umberto Eco, che lascia infinite possibilità di riflessione e di ulteriore conoscenza. L’opera di un analista sottile ed erudito, di uno storico documentato e attrezzato, di uno scrittore ironico e pungente, quale l’autore effettivamente si rivela, per dirla senza infingimenti.
Con queste premesse la serata di tò Kalòn sarà, per tutti gli Amici (che vorranno trascorrerla ‘al fresco’ dei ventilatori, delle bevande e… delle idee) estremamente interessante e non mancherà di suscitare curiosità e domande, che l’Autore, e la lettura diretta di alcuni significativi passaggi del testo, riusciranno a stimolare, come sempre avviene a tò Kalòn, tra passione e ragionamento.
Uno degli ultimi incontri di tò Kalòn prima della pausa estiva e di cui non ci dimenticheremo facilmente. Assolutamente da non mancare.
Anna Stomeo