Un’amara riflessione sul Grande Fratello
di Francesco Abate
Al di là della questione della colpa, resta comunque da fare un’amara riflessione: il Grande Fratello ci guarda e i suoi occhi siamo noi. Viviamo una realtà in cui qualsiasi nostro comportamento può finire in rete, qualsiasi parola o gesto che compiamo potrebbe perseguitarci e intaccare la nostra vita. Lasciarsi andare, vivere qualche ora spensierata, fare qualche pazzia, ormai non è prudente nemmeno per un cittadino comune, perché chiunque potrebbe filmarlo e diffonderlo, creandogli problemi nella vita personale o in quella sociale. Questo fenomeno sfocia in casi estremi come ad esempio il revenge porn, in cui viene filmata una persona in atteggiamenti intimi per poi ricattarla o umiliarla. Qualunque cosa facciamo o diciamo può finire in pasto al pubblico, diventa perciò impossibile ogni spontaneità e di conseguenza viene uccisa la libertà.
George Orwell in 1984 descrive un mondo in cui ogni cittadino è costantemente spiato. La grande forza del regime di cui racconta lo scrittore britannico non è lo spionaggio costante delle case attraverso le tv, ma è l’aver reso potenziali spie tutti i cittadini; se non sai da chi difenderti, non puoi permetterti il lusso di comportarti liberamente, quindi non ti ribellerai. Oggi siamo tutti potenziali spie, tutti pronti coi nostri smartphone a fotografare o filmare, tutti potenziali ladri di momenti privati da rivendere per loschi fini o per ingenuità. Pensateci quando domani bacerete qualcuno al chiaro di luna, o canterete brilli per la strada: può essere che vi stiano filmando, e quel video tra un paio d’anni potrà rovinarvi un fidanzamento o farvi perdere il lavoro.
Siamo tanti occhi curiosi. Tanti occhi senza cervello.