IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

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di Enrico Conte

Lo scorso anno un’importante riforma ha introdotto, tra i principi fondamentali della Costituzione – rivisti per la prima volta dal 1948 – la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni (art. 9 Cost).

La tutela dell’ambiente era già, in forme implicite, tra i valori costituzionali enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla base di una lettura aggiornata sia del paesaggio che della salute, da intendersi anche come ambiente salubre. Ed è bene così rilevante per la collettività da divenire, nel 2001, materia di competenza esclusiva dello Stato.

Sulla spinta dell’emergenza climatica, l’ambiente è ora un valore esplicito e di carattere superiore, ragionevolmente un “principio supremo” da non emendare più. La sua tutela è legata, nella Carta Costituzionale, anche all’interesse delle future generazioni.

La protezione di questo bene è un vasto programma, che mette in gioco, più che garanzie immediate e dirette a vantaggio dei singoli, la capacità, in chi è chiamato ad elaborare le politiche, di pensare per programmi di ampio respiro, con uno sguardo lungo e largo, che includa i potenziali interessati.

(Fonte: The New York Times)

Il rischio da evitare è che quel valore, così forte nel suo enunciato e così fragile nella sua concreta applicazione – basti pensare alla difficoltà di prendere decisioni collettive, coordinandole con equilibrate pianificazioni (piano casa o legge quadro su rigenerazione urbana? Proroga concessioni balneari o piano delle coste?) – venga considerato talmente astratto e slegato dal presente da essere lasciato solo allo stato di un proclama o di di parametro in considerazione del quale dichiarare l’incostituzionalità delle leggi che lo ledano e minino l’interesse delle future generazioni.

Eppure la promozione della solidarietà intergenerazionale è principio già contenuto nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione del 2007 e nel Trattato UE (art. 3) o nelle pronunce della Corte Costituzionale che richiamano la necessità che lo Stato ponga limiti invalicabili nell’apprestare una tutela piena dell’ambiente – idonea ad assicurarne la conservazione  “per la presente e per le future generazioni” –  o quella ancora di “non aggravare le opportunità di crescita delle future generazioni, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo”.

(Fonte: The New York Times)

Sotto quest’ultimo profilo, la tutela delle future generazioni si lega alla necessità di  assicurare la sostenibilità del  debito pubblico (artt. 81 e  97 Cost) e, nel contempo, alla componente economica si aggiungono quella ambientale-sociale (art. 41) e quella temporale, che rimanda alla responsabilità intergenerazionale.

La nuova cornice rende doveroso riorientare le politiche, allungandone l’orizzonte e allargandone  i possibili destinatari, che dovrebbero essere messi in condizione di influenzare le decisioni pubbliche grazie ad un ampliamento dei meccanismi della democrazia politica, nella considerazione che il necessario cambio di paradigmi, sollecitato dai mutamenti in atto, viene spesso colto più agevolmente dalle giovani generazioni.

“Il mondo porta in sé troppa parte del suo vecchio anacronistico armamentario” –  sosteneva Italo Calvino, pur facendo riferimento ad un contesto storico diverso –  “siamo un trapasso d’epoca…ma il mondo che vogliamo non ci giunge per miracolo ma dobbiamo conquistarcelo” (A bruschi contraccolpi, 1956).

Da qui l’opportunità di prevedere meccanismi che, nei processi decisionali, possano consentire di tener conto dell’interesse delle future generazioni – recuperando quello spirito che portò, nei primi anni ’90, a dare peso e strumenti alla partecipazione – quali, ad esempio, le “Consulte di giovani’, alle quali rivolgersi per un parere obbligatorio sulle questioni più rilevanti e concernenti la transizione ecologica.

Un dispositivo che – oltre che ad essere finalizzato alla limitazione, per quanto possibile, dell’eccesso (l’arbitrio) di discrezionalità delle decisioni pubbliche, spesso accompagnato dalla tendenza alla rimozione della questione climatica e da un approccio settoriale e attento ai ceti più rappresentati – consenta la valorizzazione di pratiche che sostengano il trasferimento di esperienze e competenze tra generazioni, assegnando ai giovani un ruolo da protagonisti e puntando sulla preparazione e l’inclusione, sin dalla fase di ideazione e scelta delle decisioni da prendersi con effetto non solo sul presente.

Sono tanti i principi costituzionali che hanno trovato, e trovano tutt’ora, tarda applicazione. Basti pensare a come sia difficile dare gambe alla sussidiarietà orizzontale (art. 118 Cost.), che si scontra, in tutte le latitudini del Paese, con la tendenza monopolista nelle modalità di assunzione di decisioni  da parte di molte PA.

Il “metodo democratico”, previsto dall’art. 49 Cost a proposito dei partiti e  della loro funzione di animatori e suscitatori sociali, forse non vuole dire anche questo? Tornano di grande attualità le parole di Norberto Bobbio, che sosteneva che la promessa non mantenuta dalla democrazia  è l’educazione politica dei cittadini.

Trieste 1 marzo 2023

enrico conte

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