Un viaggio nelle ombre di Roma con Alessandro Romano.”Palinodia”, il suo nuovo libro.
di Antonella Buttazzo
Introduzione
Nel cuore di Roma, tra le sue antiche strade e l’inesorabile movimento della vita moderna, si dipana una storia di redenzione, scoperta e mistero, Palinodia.
Alessandro Romano ci presenta un affresco potente e struggente con il suo nuovo libro, un’opera che ci invita a esplorare le pieghe nascoste dell’animo umano e le connessioni invisibili che legano le nostre esistenze.
La trama
Roma, 2022. Un senzatetto riconosce per strada il famoso anchorman e scrittore Jack Bullo, il cui aspetto trasandato è un’ombra del suo passato glorioso. Spinto dalla curiosità, inizia a seguirlo e, grazie all’atmosfera accogliente di una fascinosa libreria antiquaria, riesce a stringere amicizia con lui. In questo rifugio di storie e memorie, scopriamo l’ascesa e la caduta di un uomo che ha perso tutto: il lavoro, la famiglia e una storia d’amore che sembrava eterna.
Attraverso lunghe passeggiate per la città eterna, il lettore viene introdotto in un formicaio umano dove ogni individuo è connesso e insieme disconnesso dagli altri. La nuova vita di Jack, tranquilla e inattiva, viene improvvisamente turbata dall’arrivo di un malavitoso in cerca di informazioni compromettenti sul suo ex capo. Questo incontro porta alla luce un passato lontano, e attraverso una serie di eventi drammatici, Jack è costretto a riconsiderare il suo modo di intendere la vita e il futuro.
L’intervista
Il tuo libro è ambientato nella Roma contemporanea e segue la storia di un senzatetto che si imbatte in Jack Bullo, un famoso anchorman caduto in disgrazia. Da dove è nata l’ispirazione per questa storia?
Riflettevo sulla “caduta”, degli uomini. Mi ha sempre attratto questo, studiando la Storia e l’umanità che mi circonda, non le strade spianate verso il successo, ma quelle che portano verso il basso, laddove l’intimo della creatura umana è più fragile, smarrito, quindi più sincero, senza più una maschera, o meglio, la lunga serie di maschere di pirandelliana memoria che ognuno di noi si fabbrica mentre tenta di
emergere e costruire la propria strada. Il palcoscenico ideale per questa storia era Roma, essa stessa una “creatura” assurta alla massima apoteosi, prima di crollare su se stessa, una città unica al mondo, che accompagna il protagonista come una scenografia teatrale recitando la sua parte accanto a Jack Bullo.
Jack Bullo è un personaggio complesso, segnato da perdite significative e una vita che riparte da zero. Come hai sviluppato il suo carattere e quali sono stati i principali fattori che hanno influenzato la sua evoluzione nel libro?
Jack Bullo è un creativo, una mente libera e aperta, che comincia a capire che nella sua pur brillante carriera il suo talento è stato sfruttato più dalla Multinazionale per cui lavorava che da egli stesso. E che quel talento gli stava sottraendo una fetta smisuratamente importante di “tempo”, ai ritmi della vita che lui sognava nei suoi desideri per troppo tempo sopiti. Ma la crisi esplode per via di un “assurdo”
tradimento che perpetra a sua moglie Licia, un matrimonio perfetto, che sembrava assolutamente a prova di qualsiasi evento. Sai, i personaggi che ronzano nella testa di chi li scrive non sono mai completamente ben delineati, anche dopo averli immaginati per anni, finché non si prende la penna e li si fa parlare, li si fa muovere, “vivere”. In quel momento, prendono corpo. Ed io volevo far emergere una delle più
abissali differenze fra uomo e donna, quella dell’impulso sessuale, vissuto in maniera così opposta, nella norma, dall’uno e dall’altra. Ecco, mi interessava dare corpo a questa grande crisi, che oggi più che mai sta squassando il concetto stesso di fedeltà coniugale, intesa non propriamente come nella morale cristiana.
La libreria antiquaria sembra essere un luogo centrale nella storia, un punto di incontro e riflessione. Puoi parlarci del ruolo simbolico che questo luogo gioca nel romanzo?
Qui arriviamo all’uomo cui il romanzo è dedicato, lo scrittore Carlos Ruiz Zafón, purtroppo prematuramente scomparso. Mi innamorai perdutamente del suo ciclo sul “Cimitero dei libri dimenticati”, dove si trova appunto un luogo fascinoso e carico di libri che attendono di essere scoperti, tanto che volevo in qualche modo ricrearlo, ricordarlo. La vecchia libreria ottocentesca diventa così il luogo attorno al quale si muove una cospicua parte dei personaggi di questa storia. A Roma esiste una libreria simile, l’antica Libreria Cascianelli, è stato un omaggio anche a quel luogo, e l’ho chiamata “Macarìa” in omaggio ad un’altra libreria che esiste davvero con questo nome, e si trova a Gallipoli: il suo nome sinuoso e magico era perfetto, suona come stregoneria ma anche come incanto, magia, ed era perfetta per farne la tana dell’altro personaggio importante del romanzo, il libraio Demetrio, il padre e nonno di tutta la folla che si muove fra queste pagine.
Hai svolto particolari ricerche per rendere autentica l’ambientazione e i personaggi del tuo romanzo?
Ho lavorato moltissimo sulla ricerca storica, perché nonostante la storia è ambientata in epoca contemporanea si lega, attraverso Demetrio e il “cattivo” di questo romanzo che prende di mira lui e Jack, ad una faida tra due famiglie di fascisti e partigiani che riemerge nel racconto. Attraverso il quale si rievoca anche una buona parte della storia di Roma e dei personaggi che la animarono, negli anni turbolenti della fine del regime fascista. Ma poi c’è anche un legame con la città ancora più antico, che emerge dai sotterranei della libreria stessa, “Macarìa”, dal sottosuolo di Roma, dove alla fine dell’Ottocento emerge da uno scavo archeologico, maestoso come una divinità, il bronzo di un pugile a riposo, oggi una celebre statua ricercatissima dai turisti che giungono in città.
Come ha influenzato il tuo background personale e professionale la scrittura di questo libro?
La scrittura di questo romanzo mi ha fatto volteggiare attorno a questa statua, che rappresenta un pugile, appunto, un atleta colto in grave difficoltà, in una pausa dell’incontro che stava sostenendo. Osservandolo lo si nota col volto tumefatto, prossimo alla sconfitta, quasi finito, eppure, è colto in un momento in cui si volta di lato come a guardare in faccia qualcuno che non possiamo sapere, o chissà, forse il suo stesso destino: e i suoi muscoli sono ancora tesi allo spasimo, non si è ancora arreso, vuole continuare a combattere, ma in qualche modo sembra dire che il prossimo ring lo affronterà in un altro modo. In una parola, una “palinodia”, un ritrattare ciò che aveva sempre detto, o fatto, e ricominciare in un altro modo. Ciò che tenta di fare Jack Bullo, con la propria vita.
C’è un libro o un autore in particolare che consideri una fonte d’ispirazione costante?
Come dicevo, Carlos Ruiz Zafón è stato il mio pensiero, in questo lavoro. Non per emularlo (sarebbe impossibile!) ma come a tentare di “sentirlo” ancora in vita, ancora su questa terra. Il ciclo dei suoi romanzi che ho citato è una immensa lezione di scrittura, quattro volumi, tutti legati da personaggi e fili conduttori, ma ognuno indipendente nella sua storia, un racconto fluviale, debordante di personaggi,
principali e minori, ognuno con una sua storia, che si interseca, interagisce, si alza o si annienta, con tutti gli altri. Ecco, mi piaceva ricreare un simile “apparato”, un enorme palcoscenico su cui far divagare e far parlare tutte le “voci” che animavano, e animano, la mia mente: anche questo mio lavoro è un piccolo ciclo, una trilogia, la cui prima parte (“Il Folle”) andò in stampa nel 2020, “Palinodia” è il secondo capitolo, in attesa che le “voci” ricomincino a farsi sentire, per delineare il personaggio principale, stavolta una donna, che metterà la parola fine a questo mio viaggio che, lo confesso, mi sta emozionando in modo particolare, perché citando il senzatetto che narra questa storia, “la vita è un fiume che sembra immutabile ma la sua acqua che pur vedi scorrere non è mai più la stessa, cambia in continuazione, a
ogni sponda, fino al mare. Bisogna mollare il concetto della singola essenza, sia essa un fiume, un gatto, una persona. Il senso della vita, e anche della scrittura, è fare qualcosa per un altro”. Ecco, e il pensiero che anche solo uno, di lettore, leggerà questa storia, mi renderà la felicità che ho provato io leggendo Zafón.
L’autore
Alessandro Romano (1975), ha iniziato la sua carriera nel 1997 presso l’emittente salentina Telerama, dove cura riprese, montaggio e alcuni testi di documentari sul Salento. Oltre al lavoro televisivo, ha
coltivato una passione per la ricerca storiografica, la fotografia e la scrittura.
Ha pubblicato il suo primo romanzo, “L’Alba del Difensore degli uomini”, nel 2016. Seguono “Lento all’ira” nel 2017, un romanzo storico sulla Terra d’Otranto, e “Tsunami lento” nel 2019, un tributo a Emilio Salgari. Nel 2020 esce “Come due granelli di senape”, una storia vera influenzata dal COVID-19, e “Il Folle”. Nel 2021 pubblica “HIPPIKON”, un romanzo storico che ha ricevuto riconoscimenti nazionali.
Romano ha anche curato la regia di documentari come “Messapia. Terra tra due mari” e contribuito alla produzione fotografica di numerosi libri sul Salento. È attivo come relatore in scuole e convegni e ha creato il sito salentoacolory.it per promuovere le bellezze del Salento. Ha vinto diversi premi per il suo lavoro, tra cui il primo posto nazionale nella categoria e-Culture & Tourism dell’Italian eContent Award 2015.