IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Un amore speciale”, un racconto di Vincenzo Fiaschitello

Vincenzo Fiaschitello

Vincenzo Fiaschitello

Rimescola il mare le sue onde e la luna è rossa, quando un barcone carico di merce umana muove dalla costa d’Africa verso la sospirata Italia.

I più deboli sono in fondo alla stiva, quasi non respirano, schiacciati da altri corpi. Una bambina chiama la madre, rimasta lontana.

Il nome che chiama le rimanda un’eco che le colma il cuore.

Approdarono tra le rocce. Erano ad attenderli uomini e donne con guanti e mascherine. Li contarono a uno a uno, poi li chiusero in un campo. Aspettarono per lungo tempo.

E’ là che un giorno un giovane con la divisa da carabiniere, alto, snello, con un largo sorriso e gli occhi scuri, vide una ragazza nera bellissima. La guardò a lungo, le parlò, le insegnò poche ma indispensabili parole di italiano.

Si innamorò di quella gazzella di prateria.

Ogni mattina la seguiva e per quanto possibile l’aiutava a districarsi nella vita non facile del campo.

Quando le fu negato il diritto d’asilo, Aminah pianse a lungo. Diceva al suo amico Paolo che la vita nel suo paese era un inferno, c’era povertà, c’era la guerra. Le rivalità tra bande armate che facevano spesso a gara a razziare quel poco che le piccole tribù possedevano, metteva a dura prova la stessa sopravvivenza.

Fu espulsa e costretta a tornare nel suo paese, la Nigeria.

Paolo non si scoraggiò. Dopo poco rassegnò le dimissioni dall’Arma dei carabinieri per raggiungere quella che per lui era stata un colpo di fulmine, un amore speciale, irripetibile.

Sfruttando le informazioni che gli aveva lasciato Aminah, non tardò molto a raggiungere il villaggio. Per passare inosservato in quella piccola comunità, Paolo fece ricorso, un po’ ingenuamente, a uno stratagemma: si dipinse di nero il volto e l’intero corpo.

Reso irriconoscibile come bianco, si accordò con un giovane del posto per dirigersi verso la tribù dove si trovava la ragazza. Il luogo era a circa tre chilometri dal villaggio, ma per arrivarci occorreva guadare un fiume, infestato da coccodrilli e attraversare una fitta boscaglia dove si potevano incontrare animali pericolosi.

L’abilità e la conoscenza dei segreti, da parte della guida, per muoversi senza brutte conseguenze in quei luoghi, furono preziose e tutto andò per il meglio.

Un suono di tamburi, già da qualche minuto, aveva annunciato alla tribù l’arrivo dei due forestieri. E quando giunsero al centro della spianata priva di vegetazione con attorno un buon numero di capanne di paglia tondeggianti, tutti si fecero trovare in atteggiamento difensivo e con una certa aria di sospetto.

Appresa la ragione della visita, il capo tribù con a fianco lo stregone chiamò Aminah, la quale disse di non riconoscere quell’uomo, come il giovane di cui si era innamorata durante il suo breve soggiorno in Italia. Furono inutili gli ammiccamenti, i segnali che Paolo mandava alla ragazza.

Fu deciso dal capo tribù che per quella notte, il giovane potesse restare, ma l’indomani all’alba doveva lasciare quel luogo.

Paolo, un po’ preoccupato dall’atteggiamento del capo tribù, pensò di anticipare gli eventi, andando a cercare la ragazza, protetto dalla oscurità della notte. Ma non aveva tenuto conto  delle spie.

Quando riuscì a trovare la capanna di Aminah, non gli fu difficile farsi riconoscere non appena si tolse il nero che lo copriva. Grande fu la sorpresa di Aminah, che lo abbracciò teneramente per l’incredibile prova di amore dimostrata da Paolo.

Le spie, però, svolsero bene il loro compito, andando a riferire tutto al capo tribù.

All’alba tutta la tribù, circa sessanta persone, si radunò per sentire quanto aveva da riferire il capo. I fatti furono brevemente esposti.

-”Ora occorre una punizione esemplare. Un forestiero e per giunta uno straniero bianco non può introdursi impunemente nel nostro territorio e con l’inganno portar via le nostre donne. La morte è la punizione che spetta a questo straniero che ha osato tanto!”-

Aminah gridava e implorava il perdono. Fu tutto inutile.

Il capo tribù ordinò di preparare su una catasta di legna il grande calderone, non più usato da varie generazioni, di riempirlo d’acqua, di legare e immergervi il malcapitato giovane.

Questi tremava come una foglia. Non avrebbe mai pensato di finire i suoi giorni in brodo. Tutto ormai era pronto.

Tutti radunati ad assistere allo spettacolo, già i danzatori avevano iniziato le danze al suono dei tamburi, già si levavano grida selvagge, già si accendeva il fuoco sotto il calderone, dove Paolo giaceva legato.

Si erano appena alzate, minacciose, le prime lingue di fuoco attorno al calderone, quando improvvisamente il capo tribù esplose in una risata sfrenata, accompagnata da quella di tutti gli spettatori.

Batté le mani e da dietro una capanna immediatamente sbucò una fila di ragazze che portavano in testa una brocca d’acqua.

Vestite di stoffe dai colori sgargianti si diressero verso il fuoco e girandovi attorno e inchinandosi con gesto elegante riversavano l’acqua della brocca sulla fiamma. Prima che l’ultima ragazza versasse la sua brocca, il fuoco era già spento.

Restavano solo piccole nuvole di fumo che facevano intravedere la testa del giovane dentro il calderone.

Fu liberato, asciugato e rivestito di una lunga tunica bianca. Poi tutti applaudirono.

-”Hai dimostrato grande coraggio dinanzi alla morte, soprattutto un amore speciale -disse il capo tribù- Meriti in sposa la ragazza che ami!” Così dicendo, chiamò Aminah e secondo il loro cerimoniale, sposò i due.

Poi lasciò la parola allo stregone, il quale disse al giovane:

-”Come dono di nozze della nostra tribù, ti affido il mio potere magico per tre mesi. Usalo con saggezza e parsimonia, come un tesoro!”

I due giovani, felici, lasciarono la tribù, salutati dai parenti e dagli amici della ragazza.

Si diressero all’ambasciata d’Italia a Abuja per ottenere i documenti necessari al viaggio di ritorno. Ma siccome il matrimonio celebrato nella tribù non poteva essere considerato regolare, il funzionario dell’ambasciata tergiversava e rifiutava la documentazione.

Paolo, mentre la ragazza trattava con quello, si ricordò del dono di nozze dello stregone. Volle provare, anche se con un’ombra di scetticismo.

Si concentrò per un attimo e pensò. Nello stesso momento vide il funzionario da burbero diventare sorridente: con fare mellifluo si rivolse alla ragazza, dicendo di aspettare.

Dopo aver scritto, firmato e timbrato un foglio, lo consegnò a Aminah. Era il documento sperato.

Senza perdere un istante, Paolo e Aminah, ancora increduli, corsero via dall’ambasciata e si diressero all’aeroporto.

Per tutto il viaggio non si stancò di raccontare come era andata la faccenda: ”Incredibile…incredibile -diceva- allora lo stregone non mi ha ingannato!”

Usare il potere magico con parsimonia, aveva raccomandato lo stregone. Quindi Paolo si guardava bene dal servirsene se non per situazioni veramente importanti.

Una di queste situazioni si verificò quando i due sposi, rispondendo a un annuncio che prometteva lavoro in un grande supermercato come cassiera per lei e come magazziniere per lui, si presentarono per il colloquio con il proprietario.

-”Straordinari…straordinari… vi assumo subito, oggi stesso. Me li ha mandati davvero l’anima benedetta di mia moglie, questi due giovani!” Così felicissimo diceva, nel suo ufficio, il proprietario.

Aminah era stata messa alla prova in cassa: non solo con fare disinvolto e corretto, ma anche con una rapidità mai vista prima di allora, era riuscita a servire un notevole numero di clienti, quando invece le colleghe più anziane ne avevano servito appena due o tre.

Paolo era stato portato in un grande magazzino sotterraneo, dove c’era una enorme quantità di merce ammucchiata sul pavimento e cartoni pieni non ancora aperti.

Il proprietario lo pregò di sistemare alla meglio quel magazzino.

Quale non fu la sua sorpresa, quando, tornato indietro dopo pochi minuti per lasciargli la chiave e raccomandargli di tenere sempre chiusa la porta, vide tutto in ordine perfetto sugli scaffali, catalogato e sistemato come meglio lui stesso non avrebbe saputo fare in un mese di lavoro.

Anche questa volta il potere magico trasmesso in prestito dallo stregone funzionò. Ora i due vivevano serenamente nella loro casa.

Erano trascorsi esattamente tre mesi dal loro matrimonio.

Quel giorno, sabato, il supermercato aveva avuto un grande afflusso di clienti. Si avvicinava l’ora della chiusura: gli ultimi clienti erano in fila alla cassa, quando improvvisamente tre malviventi, con il cappuccio in testa calato fino agli occhi, irruppero con le pistole in pugno.

Paolo, in quel momento, stava sistemando la merce su uno scaffale. Resosi conto del pericolo, ebbe un solo pensiero e sperò che il potere magico fosse ancora valido.

Funzionò anche questa volta e ciò che poteva essere una tragedia, divenne una commedia, che i due sposi non finirono mai di raccontare a ogni occasione.

Il malvivente che per primo, pistola in pugno, si era fatto consegnare il denaro dalla cassiera, correndo, inciampò e ruzzolò a terra. Dalla sua pistola partì un colpo che ferì alla gamba il secondo malvivente, il quale per paura o per rabbia sparò istintivamente in aria. Il proiettile andò a frantumare la vetrata d’ingresso, dove era rimasto di guardia il terzo malvivente, che rimase a terra sanguinante.

Nello stesso momento si sentirono le sirene di due pattuglie di polizia che, in mezzo a tutta quella confusione, non ebbero difficoltà a bloccare e arrestare i tre rapinatori.


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