“Tra Innocenza e Crudeltà: il Volto Doppio dell’Umanità”
di Pompeo Maritati
L’umanità sa essere meravigliosa, e talvolta lo dimostra con una potenza che lascia senza fiato. C’è qualcosa di straordinario nello sguardo limpido di un bambino, nella sua innocenza che non conosce malizia né colpa, ma solo curiosità e stupore per il mondo che lo circonda. Guardarlo giocare, sorridere, vivere in un universo in cui ogni cosa è nuova, riempie il cuore di un’emozione pura, capace di farci dimenticare per un istante la pesantezza della vita adulta. È lì, in quella semplicità, che l’umanità tocca l’apice della sua bellezza, dimostrando quanto sia grande il potenziale racchiuso in ogni essere umano.
Poi c’è la musica, quel linguaggio universale che parla direttamente all’anima. Un’armonia perfetta, frutto dell’ingegno di un musicista che riesce a tradurre emozioni ineffabili in suoni, diventa un rifugio, un modo per elevare lo spirito. Ascoltare una sinfonia, una melodia, una voce che si libra nell’aria, ci fa sentire parte di qualcosa di più grande, ci ricorda che siamo creature capaci di creare bellezza, di dare forma a ciò che non si può toccare. Ogni nota suonata è una dimostrazione del meglio che l’uomo può essere: un creatore, un artista, un sognatore.
E cosa dire delle opere d’arte, delle sculture che sembrano respirare o dei dipinti che raccontano storie antiche e sempre attuali? Davanti a un capolavoro di marmo o a una tela che cattura la luce in modi impossibili, ci si commuove per la perfezione che l’uomo sa raggiungere. La capacità di cogliere la realtà, o persino di trascenderla, e trasformarla in un’opera immortale è il sigillo dell’immortalità dell’anima umana. Ogni pennellata, ogni colpo di scalpello, ogni tratto di matita testimonia il desiderio di lasciare un segno, di essere ricordati per qualcosa di bello.
Eppure, come una ferita improvvisa, queste meraviglie si scontrano con l’orrore. È sufficiente uno sguardo alle notizie per vedere immagini che squarciano l’anima. Bambini che non sorridono più, corpi senza vita di donne e uomini che avrebbero potuto essere protagonisti di una storia diversa, vittime della crudeltà e dell’egoismo di pochi. È una contraddizione straziante: la stessa umanità che crea sinfonie e dipinti, che costruisce cattedrali di bellezza e inventa cure per guarire, è capace di distruggere, di annientare, di cancellare. Gli stessi occhi che ammirano un tramonto dipinto sulla tela possono chiudersi davanti alla sofferenza altrui, e le mani che plasmano la bellezza possono impugnare un’arma.
La domanda che ci perseguita è: come può l’uomo essere entrambe le cose? Come può il genio convivere con l’abisso? È difficile accettarlo, eppure questa è la nostra natura. Forse è proprio questa dicotomia che ci definisce, questa costante tensione tra il divino e il bestiale. Ma ciò non giustifica nulla. Non c’è scusa che possa spiegare il dolore inflitto agli innocenti, la sofferenza seminata da chi si lascia dominare dall’odio, dall’avidità, dalla follia. Ogni bambino strappato alla vita, ogni madre che piange il proprio figlio è una condanna all’umanità intera, una macchia che nessuna sinfonia, nessun dipinto, nessuna opera potrà mai cancellare.
Eppure, dobbiamo continuare a sperare. Ogni volta che un bambino ride, che un musicista compone una nuova melodia, che un artista dipinge, ci viene ricordato che siamo capaci di qualcosa di grande. Non dobbiamo smettere di credere nella possibilità di un mondo migliore, dove l’innocenza non venga violata, dove la bellezza non sia oscurata dall’orrore. Forse, un giorno, l’umanità imparerà a essere meravigliosa senza contraddizioni, e quello che oggi ci commuove sarà l’unica realtà possibile. Ma per arrivarci, dobbiamo cambiare. Dobbiamo guardare le nostre creazioni e chiederci: perché siamo capaci di tanto bene e di tanto male? Solo trovando una risposta potremo riscoprire la vera essenza dell’essere umani.