The Batman (2022), di Matt Reeves. Recensione di Mattia Nuzzaci
Con lo spauracchio del superfluo che incombe ogni qualvolta si racconta tale materia cinematografica, Matt Reeves riesce ad elaborare un’opera matura e convincente, abbracciando una destrutturazione/demitizzazione del personaggio, mai come in questo caso confuso nella dicotomia umano-eroe da perdere di vista il “giusto” ruolo in società.
“The Batman” è fondamentalmente un’indagine di stampo fincheriano calata in una Gotham anarchica come la New York di “Taxi Driver” e tetra come in un film di Mann. Un giusto equilibrio tra giochi di potere scorsesiani e l’ideale romantico di giustizia, dove la mancata vergogna della paura soffoca l’ansia di una perfezione filtrata, a seconda dei personaggi, da una conflittualità con il passato o da una pessima redenzione nel futuro.
E d’altronde Reeves è molto attento al contorno di gente che abita questa giungla famelica, con una caratterizzazione cinematografica che sfugge sempre da uno stanco stereotipo. A tal proposito ottime le interpretazioni di Paul Dano (vedi alla voce “Prisoners”) e di Turturro, con un Colin Farrell invece più penalizzato dal doppiaggio.
Ma Reeves ha anche il merito di concedersi delle bellissime sequenze sul versante action che aggiungono punti ad un film che tiene, in termini di ritmo, nonostante la durata e di scandire bene la tensione attraverso la scelta azzeccata della colonna sonora.
Soltanto nel terzo atto un’eccessiva rincorsa al degno finale ed una retorica politico-sociale che travalica l’individualismo ne fanno scricchiolare l’impianto narrativo.
Nulla che, però, possa minare la potenza dell’opera. È la dimostrazione che la reiterazione di un tema non è mai di per sé un elemento negativo, perché conta solo come si sceglie di svilupparlo.