IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Taranto: il film “Il miracolo” e i notevoli meriti del regista Edoardo Winspeare

locandina ilmiracolo

di Rocco Boccadamo

C’era, un tempo, una Taranto diversa: dei vigneti a tendone, dell’Arsenale, dei marinai e dei mitili.

A distanza, ormai, di molti anni dall’uscita nelle sale, ho recentemente avuto modo di rivedere la pellicola “Il miracolo” del regista salentino Edoardo Winspeare, opera, a suo tempo, presentata anche alla Mostra del cinema di Venezia: è stato un piacere, ancora più intenso della prima volta, tanto che, quasi, ora mi viene, idealmente, di suggerire a tutti i pugliesi, e agli italiani in genere, di visionare, sul grande schermo o in tv o sul web, il film in parola.

Analogamente a quanto accade in altri ambiti geografici, anche da queste parti si vanno da un pezzo svolgendo campagne promozionali volte a sollecitare e orientare i consumi di ogni giorno, preferibilmente, verso prodotti locali: ciò, si pome in evidenza, al fine di favorire lo sviluppo delle aziende della zona e per assecondare, di conseguenza, la creazione di nuovi posti di lavoro.

Personalmente, non posso non condividere la giustezza dell’obiettivo fondamentale cui tali iniziative sono ispirate.

Ebbene, col suo lavoro citato all’inizio, Winspeare – pur non essendo nato e non vivendo a Taranto – ha svolto, a titolo meramente gratuito, un ruolo di grande ed efficace testimonial, sia della Puglia, sia, in particolare, del capoluogo ionico, in cui, appunto, è ambientato “Il mirac0lo”.

Taranto, fra i grandi centri, rappresenta, forse, dal punto di vista socio-ambientale, la più controversa realtà – pressappoco alla pari con Brindisi – della nostra Regione. Il suo tessuto industriale, incentrato soprattutto su grossi insediamenti, è andato via via trasformandosi, da autentico Eldorado quale si configurava al momento dell’ideazione e della realizzazione, in una gravissima spina nel fianco della città e dell’area circostante, un handicap preoccupante e pesante; tra i fattori di rischio attribuiti a siffatto stato di cose, l’altissimo indice d’inquinamento, chiaramente nocivo alla salute, elevati livelli di talune patologie, specie di natura oncologica.

Nell’opera “Il miracolo”, nonostante le suddette deleterie presenze, che, del resto, trovano più volte spazio visivo nella sequenza delle scene, Winspeare riesce a mostrare la città in una cornice di luce, tanto bella quanto innocente, che le spetta a buon diritto, in virtù delle sue remote origini e della sua storia: mare, anzi – nella fattispecie – mari, dai colori intensi, tramonti mirabili e fantastici, il vecchio borgo che pare infondere una spontanea naturale confidenza e, insieme, suggerire vecchie e sane abitudini. Al termine, si ha l’impressione che le piacevoli inquadrature riescano a prevalere sulle pur diffuse situazioni di degrado e di saccheggio urbanistico del territorio. Il porto turistico, finanche le gru dei vecchi, e da lunga pezza “in pensione”, cantieri navali, l’isola di S. Pietro sullo sfondo in Mar Grande, formano anch’essi immagini contenenti un qual che di poetico.

Insomma, un ventaglio di bellezze riscoperte, un po’, quasi, a volerle far rivivere.

Il lavoro di Edoardo Winspeare si può, sostanzialmente, configurare alla stregua di un’autentica attrazione e di un piccolo gesto d’amore verso Taranto e, dunque, di là dal successo di botteghino e dai giudizi della critica piovuti sul film, a mio avviso, gli amministratori della città – che, auspico, abbiano modo di scorrere i presenti righi – dovrebbero essere molto grati al giovane regista, non escludendo, ad esempio, l’opportunità di conferirgli la cittadinanza onoraria.

Si pensi alla notevole eco e agli spunti che le immagini di Taranto, a tutto campo e a tutta durata nel corso della pellicola, hanno suscitato, generano e produrranno ai fini del turismo. D’altronde, qui, non mancano le belle spiagge e il mare pulito, soprattutto lungo la falce del litorale ionico che si protende verso Porto Cesareo e gli altri lidi della penisola salentina.

Nello snodarsi della trama della pellicola, a parte le stupende rappresentazioni anzi ricordate, è anche dato di riscontrare una serie di semplici ma importanti modelli e valori. Intanto, piace l’impianto del nucleo famigliare, dal cognome molto tarantino di “Solito”, intorno al quale ruota la vicenda.

Il padre, che – sebbene combattuto da contraddizioni e difficoltà – non cessa di darsi da fare, arrivando, addirittura, a volare alto e a riscattarsi, attraverso un comportamento positivo, come si può definire – oltremodo di questi tempi – la rinuncia a grossi facili guadagni (intervista televisiva al figlio); la madre, sempre equilibrata e paziente, ma non rinunciataria, qual è di solito la gente del meridione.

Assai gradevole, il fiorire, sulle loro labbra, di un’empatica inflessione e di accenni dialettali: un modo di esprimersi, apparentemente, oggigiorno desueto ma, invece, tuttora così pregno di significato.

La figura del giovanissimo figlio, il vero protagonista del film, sostanzia, da sola, tutto un programma e non abbisogna di altri commenti. Accanto a questo ragazzino dalle incerte doti miracolose, risalta il ruolo del compagno di classe, paffutello estroverso e simpatico; tale ultimo interprete offre un’esemplare figura di alto rilievo morale, che si manifesta materialmente con la continua vicinanza e l’assistenza al nonno ammalato.

L’anziano personaggio versa, purtroppo, in seri problemi di salute, è costretto ad affrontare un male che l’ha preso dentro e che, probabilmente, risale agli anni di lavoro in ambienti non salutari. Egli non ritrae – e come potrebbe – vantaggi concreti dalla vicinanza del nipote e dell’amico ma, a ogni modo, ne ricava grande giovamento sul piano dello spirito, come dimostra la circostanza che riprende a uscire fra la sua gente della città vecchia e a passeggiare per le sue strade.

Alla fine, chiuderà gli occhi per sempre con serenità, in un ambiente famigliare e accanto a persone care.

Per concludere, molto indicativa è la stessa dedica finale del regista: a mio padre e a S. Cataldo (protettore di Taranto).

Se è permesso, un sincero “bravo” a Edoardo Winspeare e complimenti per quello che, mediante il suo talento e la sua originalità artistica, si sforza di fare a beneficio della valutazione di questo territorio.

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