Stelle della lirica di grande longevità. Capitolo 2: ARTURO TOSCANINI
Arturo, gloria di un’Italia perduta
di Emilio Spedicato
Per leggere il primo capitolo:
https://www.ilpensieromediterraneo.it/stelle-della-lirica-di-grande-longevita-capitolo-1-magda-olivero/
Questa sezione dedicata a Toscanini utilizza solo in piccola parte la testimonianza della contessa Emanuela Castelbarco, figlia di Wally, primogenita del maestro. Ho conosciuto la Castelbarco alla inaugurazione di una mostra di quadri che Toscanini aveva nella sua casa in via Durini a Milano, nel dicembre 2007, a cinquanta anni dalla sua morte. E poi sono stato nella sua casa maremmana a Montemerano, nel settembre 2008, con il matematico e melomane ungherese Aurel Galantai.
Mi baso principalmente sui nove libri su Toscanini che ho letto; libri che mi hanno portato ad interagire con il suo più noto biografo, Harvey Sachs, risolvendo due problemi da lui lasciati irrisolti. Il primo riguardava perché Toscanini ruppe con l’amico e allievo Alberto Erede. Tale rottura fu dovuta alla decisione di questi di divorziare, condannata da Toscanini per il quale il matrimonio doveva durare tutta la vita (e indipendentemente da occasionali infedeltà); motivazione che mi è stata data da Marco Erede, figlio di Alberto e mio compagno di studi liceali. Il secondo riguardava il fatto che, contrariamente a quanto Sachs afferma nel suo libro contenente le lettere di Toscanini alle amanti, non esisterebbero lettere delle amanti a lui. Ne esiste invece una di Rosina Storchio. Si trova nella breve biografia del soprano in vendita presso il Museo Storchio a Dello, vicino a Brescia, secondo museo d’ Italia per la lirica (con una vastissima raccolta di libretti d’ opera), ma quasi sconosciuto. Le informazioni date qui sono entrate nel libro Toscanini, dolce tiranno di Renzo Allegri, uno dei migliori sul mercato, basato sui memoriali che le figlie di Toscanini, Wanda e Wally, scrissero anni fa per una rivista di grande diffusione.
Esiste un tenue rapporto della mia famiglia con Toscanini. I miei lo stimavano più di ogni altro italiano del Novecento, forse perché mio nonno Emilio Risso era forse il primo interprete di lingue a Milano all’ inizio del Novecento, si dice che parlasse 25 lingue; aveva certamente incontrato il Maestro alla Scala. Ed ho saputo, da una zia novantenne e da altro parente più giovane, che Aureliano Pertile, il tenore preferito di Toscanini per la straordinaria espressività e capacità di commuovere, era amico dei nonni, suonava il piano e cantava nella loro casa. E sospetto che alcuni spartiti di arie liriche (Mi par d’ udire ancora… e lucevan le stelle) sopravvissuti all’ultima bomba caduta su Milano e che distrusse la casa della nonna, appartenessero a Pertile. Ricordo quando, ragazzo di dodici anni, una grande tristezza riempì la casa alla notizia della morte del Maestro.
Non potendo entrare negli aspetti musicali di Toscanini, presenterò, anche aneddoticamente, gli elementi principali della sua vita. Per un approfondimento, oltre ai libri disponibili sul mercato, è consigliabile una visita alla casa-museo dove nacque a Parma, ed al conservatorio della stessa città, con una stanza-museo a lui dedicata. Riporterò poi sintetici giudizi di suoi colleghi direttori, divisi fra quelli essenzialmente positivi e quelli un po’ critici, presi dalla rivista francese Diapason, che gli ha dedicato il numero dell’estate 2009, con foto in prima pagina, chiamandolo Arturo Toscanini, Maestro furioso. E anche dalle lettere del direttore Gino Marinuzzi, di lui più giovane di 25 anni, ma che ben lo conobbe.
Toscanini nacque il 25 marzo 1867 a Parma, nel quartiere operaio oltre il fiume, da padre garibaldino e anticlericale e da madre cattolica praticante. Presto si scoprirono le sue capacità musicali, quali ripetere al pianoforte, che pure non aveva studiato, motivi appena sentiti. Grazie ad una borsa di studio entrò nel conservatorio di Parma, dove la disciplina era strettissima, il cibo scarso, il riscaldamento assente, la messa obbligatoria ogni mattina, ma gli insegnanti ottimi. Per una mancanza disciplinare dovette passare una giornata intera in uno stanzino buio, solo con il violoncello. Non gli fu permesso di andare al bagno ed usò lo strumento come contenitore. Il giorno dopo l’insegnante chiese: ma cosa ha il suo violoncello, sta sudando!
Fu subito chiamato il genio dai compagni che ne avevano notato la straordinaria memoria e passione per ogni tipo di musica e strumento. Un docente chiese perché lo chiamassero così e volle metterlo alla prova. Prima gli diede uno spartito da suonare a prima vista e poi da ripetere a memoria; poi gli fece guardare un brano di Wagner chiedendo di interpretarlo al violoncello. Viste le perfette risposte di Toscanini, esclamò: è vero, Toscanini, sei un genio. La straordinaria capacità mnemonica di Toscanini è uno dei fenomeni nella storia umana documentata. Ricordava visivamente anche macchie o abrasioni del foglio, e sembra che abbia memorizzato circa 1500 lavori fra sinfonici e operistici. Una volta un orchestrale gli disse che non poteva suonare perché aveva una corda rotta non sostituibile. Toscanini gli chiese che nota producesse la corda, pensò un poco e disse: ma questa nota non c’è nella tua parte! Quando era prossimo ai novanta, il pianista Delli Ponti, scomparso nel 2010, si recava a casa sua a suonare brani di musica barocca (alla quale Toscanini aveva prestato poca attenzione in passato); un giorno il pianista disse: suonerò un pezzo di Frescobaldi quasi sconosciuto …. E Toscanini replicò, avendone visto lo spartito quando era al conservatorio: ne esistono due versioni in stampa, entrambe con un errore alla quarta battuta. Va comunque detto che altre persone, come De Sabata e Giuseppe Patanè nel campo musicale, e Von Neumann nel campo scientifico, avevano una simile straordinaria memoria. Per non dire del caso citato da Oliver Sacks, di un russo che ricordava tutto di ogni giorno della sua vita, con alquanto fastidio….o dei cantori kirghisi che memorizzano i sei milioni di versi dell’ epica di Manas.
Al conservatorio Toscanini si specializzò in violoncello, ma non mi sono noti giudizi su lui come esecutore. Ricordiamo che negli anni successivi suonò moltissimo il piano, dove non si considerava grande pianista, per accompagnare cantanti. Negli ultimissimi anni passò giornate intere al piano, suonando opere complete e cantandone parti con voce assai intonata ed espressiva (evidente in una celebre registrazione della prova della Traviata dove Violetta era cantata da Licia Albanese, tuttora vivente a New York …).
A diciannove anni Toscanini partì per una tournée in Sud America, come violoncellista orchestrale. Già conosceva a memoria una ventina di opere e nel viaggio si divertì, oltre che a sedurre alcune cantanti (attività in cui era irresistibile anche se, secondo la nipote Emanuela, erano le donne a cadergli fra le braccia), a dirigere varie opere dove suonavano e cantavano i compagni. In Brasile la pessima performance del direttore fu clamorosamente fischiata in una recita alla presenza dell’imperatore Dom Pedro. La tournée rischiava di chiudere lasciando orchestrali e cantanti senza soldi per il ritorno. Allora una corista insistette con Toscanini in dialetto di Parma perché dirigesse lui l’Aida. Dopo qualche perplessità Toscanini accettò, entrando sul palcoscenico senza avere provato e senza il frac, dirigendo come in trance e con gli occhi chiusi. Fu un trionfo, il pubblico applaudì intensamente capendo di trovarsi di fronte non solo ad un direttore giovanissimo, ma ad un musicista dalle straordinarie possibilità; e l’imperatore gli donò una scatoletta preziosa. Il trionfo si ripeté nelle successive giornate, i giornali presagendo un grande futuro. Va però detto che Toscanini, ripassando mentalmente durante la notte l’Aida, si accorse di avere commesso due errori, fatto che forse mai più si ripeté sino al suo ritiro… e che la scatoletta d’oro fu rubata in albergo.
Rientrato in Italia, Toscanini voleva continuare la carriera di violoncellista (e per alcuni anni fu anche compositore; distrusse poi le sue composizioni quando, ascoltato Wagner, concluse di non poterlo superare). Tuttavia la fama del successo in America si era diffusa e ben presto fu chiamato a dirigere varie orchestre, sino ad arrivare, dopo pochi anni, alla Scala, dove fu direttore ed organizzatore per molti anni, cambiando per sempre la nozione di opera teatrale e concerto. Non è qui il luogo di discutere le innovazioni da lui apportate, combattendo il pubblico, l’orchestra e i cantanti, abituati questi a modificare quanto scritto dall’ autore secondo le proprie convenienze. Diciamo che Toscanini aveva uno straordinario rispetto del testo originario e della volontà del compositore, ed esigeva una sacra attenzione da parte del pubblico (addio a partite a carte o a cenette durante lo spettacolo) nonché una perfetta resa in tempo ed espressività del testo musicale da parte dell’orchestra. Noti sono i suoi moti bruschi e a volte quasi di violenza, con decine di bacchette rotte per l’ira e buttate sugli orchestrali (un pezzo lo possiede l’amico Luigi Cestari il cui padre fu orchestrale con Toscanini) ma solo sul palcoscenico, e certo compensati dalla generosità con cui aiutò orchestrali con bisogni finanziari.
Conobbe molti compositori, a partire da Verdi (andò a trovarlo a Genova per una questione interpretativa sorta fra lui e Tamagno…e Verdi diede ragione a Toscanini). Alla morte di Verdi era ormai considerato il numero uno dei direttori italiani e fu lui a dirigere il Requiem in sua commemorazione. Puccini fu pure grande amico, con lui ebbe discussioni anche di sostanza sulle sue composizioni, ed aspre discussioni di politica dopo l’avvento del fascismo, cui Puccini era alquanto vicino. Fra gli altri amici compositori citiamo Catalani, a lui molto amico e morto giovane e la cui opera Wally gli ispirò il nome della figlia primogenita; e poi Boito, Mascagni… fra gli stranieri apprezzò molto Strauss, ebbe un rapporto difficile con Mahler che fu per un periodo codirettore con lui al Metropolitan.
Durante la prima guerra mondiale Toscanini fu spesso al fronte dirigendo concerti per i soldati anche in condizioni di reale pericolo (e senza cachet; li rifiutò anche quando andava a Bayreuth, tempio wagneriano, e nella Palestina, in appoggio alla comunità ebraica che vi si stava formando).
Toscanini ebbe interessi politici, anche se non a livello di impegno pratico. Vicino a Mussolini quando questi era socialista, se ne allontanò poi diventandone aspro critico e senza paura di rivelare la sua opposizione. Rifiutando di far precedere le opere o i concerti dall’ esecuzione di inni fascisti quali Giovinezza, fu a Bologna attaccato da una banda di giovani fascisti, schiaffeggiato e minacciato di morte. Mussolini si lavò le mani dicendo che Toscanini doveva dirigere un’orchestra di 100 uomini, lui invece l’ intera Italia. Dopo questo evento Toscanini lasciò l’Italia per gli Stati Uniti. Qui ebbe anni di strepitoso successo, con una orchestra propria messagli a disposizione dalla NBC. Memorabile un suo tour del vasto paese, dalla costa atlantica a quella pacifica, con un treno che portava gli orchestrali e tutto il personale necessario (anche Paderewski aveva avuto un suo treno, che gli permetteva di dare tre concerti al giorno in tre posti diversi…). La sua casa a Riverdale divenne uno dei centri supremi della vita musicale e luogo aperto agli oppositori a Mussolini.
Superata l’età in cui normalmente si va in pensione, ridusse la direzione delle opere concentrandosi sui concerti. Suonarono con lui pianisti quali Serkin, Rubinstein, Horszowski, Horowitz (che divenne suo genero nel 1933 sposando Wanda), e violinisti quali Heifetz, Busch. Non sempre Toscanini andava in perfetto accordo con tali stelle solistiche, vedasi la seguente nota di O’ Connel sul concerto per violino di Beethoven con Heifetz: era divertente osservare quei due uomini tanto uguali (come perfezionisti) ma tanto diversi come età, temperamento e concezioni musicali lavorare insieme. Esteriormente erano cerimoniosi fino all’ eccesso, ma in realtà erano diffidenti come due gatti estranei l’uno all’altro, ognuno ferocemente deciso a raggiungere la perfezione in qualunque modo e tempo…
Alla fine della guerra rientrò in Italia per il concerto inaugurale alla ricostruita Scala. Nell’ audizione per il soprano scelse la Tebaldi, invitata a partecipare all’audizione dalla sua maestra Melis e dall’ amico Mario Lanfranchi; da questo evento la Tebaldi fu lanciata nella scena internazionale come voce d’ angelo. Tuttavia avrebbe preferito Magda Olivero, che conosceva dalle trasmissioni radio, e che nel 41 si era ritirata dalle scene. Aveva chiesto di contattarla ma la sua richiesta fu lasciata cadere dai dirigenti della Scala. Quindi la Olivero, che poco dopo ritornò sulle scene su invito di Cilea e che Tullio Serafin, preparandola per l’Adriana Lecouvreur, giudicò lei è sempre il numero uno, mai cantò con Toscanini. Ma con lui ebbe un incontro casuale a Sirmione, dove ascoltò per due ore i suoi giudizi su cantanti e musicisti che sarebbe di grande interesse vedere pubblicati (ma la Olivero non intende rivelarli; chi scrive ne conosce tuttavia un paio….). Il concerto inaugurale ebbe luogo con una Scala strapiena e con 37 minuti di applausi all’ apparire di Toscanini.
Fra le ultime opere da lui dirette in America: Aida, Traviata, Otello e Falstaff (questo da lui considerato il capolavoro dell’opera italiana; considerava capolavoro di Puccini la Manon), con la presenza del soprano Licia Albanese e del baritono Valdengo (scomparso a 93 anni nell’ ottobre 2007, ho avuto l’ onore di incontrarlo un paio di volte). Con lui cantò la giovane stella Di Stefano, di cui Toscanini apprezzava la meravigliosa voce ed espressività, e a cui donò la medaglia con il suo ritratto; fu cercando di impedire che gli venisse sottratta durante un’aggressione subita nella sua villa in Kenya che il grande tenore fu gravemente colpito alla testa restando poi paralizzato per tre anni, sino alla morte avvenuta ad inizio 2009.
Toscanini sopravvisse pochi anni a Carla, sua moglie per 54 anni. Un matrimonio difficile per le sue frequenti infedeltà, su cui Carla riuscì a sorvolare. Fra le amanti citiamo il soprano bellissimo, se ne veda il ritratto al Museo della Scala, Rosina Storchio, da cui ebbe un figlio, nato spastico e morto adolescente. La Storchio dopo questo evento visse a Milano come suora laica lavorando per bambini handicappati. La lettera a Toscanini scritta da lei poco prima di morire è di straordinaria serenità. Lo ringrazia per gli aiuti nella carriera musicale e dice di attenderlo in cielo. Abitava in corso Magenta, vicino alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove Leonardo dipinse l’Ultima Cena.
Toscanini era anticlericale e non frequentò più le chiese dopo le messe quotidiane al conservatorio. Era tuttavia credente, sebbene parlasse quasi mai di questioni religiose. Portava nel taschino della giacca un crocifisso che gli fu posto nelle mani quando venne seppellito. Morì prossimo ai 90 anni, pochi giorni dopo la scomparsa del suo allievo prediletto Cantelli in un incidente aereo. Fu colpito da un ictus cui soccombette dopo una decina di giorni.
L’ unico sacerdote con cui era in contatto e che molto stimava era don Gnocchi. Le figlie gli telefonarono chiedendo che venisse a confessare il padre, la risposta fu: non ne ha bisogno, ha fatto molto bene nella sua vita….
Don Gnocchi, il cui assistente e uomo che gli chiuse gli occhi era don Giovanni Barbareschi, mio insegnante di religione al Liceo Manzoni di Milano, nominato da Israele giusto delle nazioni per avere salvato tanti ebrei portandoli oltre confine in Svizzera e finendo poi anche lui in un campo di concentramento…don Gnocchi, con Toscanini, una delle poche grandi glorie dell’ Italia del Novecento ma, stranamente, non ancora santificato (sarà beatificato a fine 2009, due anni dopo aver scritto queste note). E nel giorno in cui revisiono queste pagine sento ancora don Giovanni Barbareschi, anni 90 come li aveva Toscanini al momento della scomparsa, appena onorato dall’ Ambrogino d’oro. E giunge anche la triste notizia della scomparsa di Walfredo Toscanini, l’ultimo dei suoi discendenti ad avere il cognome Toscanini.
Ed ora alterniamo giudizi di suoi colleghi più giovani sostanzialmente positivi ed altri con elementi critici.
Karl Böhm:
un orchestrale mi ha raccontato di avere detto un giorno a Toscanini: “voi sapete esattamente quello che segue, ma non sapreste ridire ciascuna voce a memoria. Proviamo, replicò Toscanini. Allora, disse l’orchestrale, scrivetemi la parte del secondo fagotto, con i silenzi, della scena del pugilato del secondo atto dei Maestri Cantori. Toscanini si sedette e la produsse subito. Un uomo che possiede una memoria visiva così fenomenale ha certamente il diritto di dirigere a memoria.
Otto Klemperer
era un meraviglioso direttore dotato di memoria e senso della sonorità prodigioso e, al contempo, era naïf nel fondo, nel miglior senso del termine… Era un uomo che sapeva esattamente cosa voleva e come ottenerlo. Non ero sempre d’ accordo con lui, ma lo ammiravo molto. Ho assistito alle sue prove ed il modo in cui otteneva queste sonorità aveva del miracolo…
George Szell
le interpretazioni di Toscanini erano sempre molto impressionanti e di solito assai istruttive, in parte positivamente, in parte negativamente. C’era spesso una tendenza alla rigidità ed a un movimento implacabile, anche quando la musica richiedeva un maggiore respiro. Ma ha terminato definitivamente l’arbitrio di una generazione di direttori che l’hanno preceduto. Aveva un senso implacabile della continuità. Tutto era pulsazione e vita, dalla prima all’ ultima nota.Wilhelm Furtwängler
fu un direttore italiano, il cui pensiero era modellato sulla musica d’opera italiana, per il quale i tutti da una parte e l’aria puramente omofona dall’ altra parte erano i fondamenti della musica. Ricordiamoci anche che la musica italiana….dopo Scarlatti non ha prodotto un solo compositore di musica assoluta, e che una incomprensione della sostanza e del significato della sonata, che resta una creazione tedesca, la caratterizza senza dubbio. Come si può allora richiedere ad un direttore italiano quello che lui stesso rifiuta?Herbert Von Karajan
quando Toscanini diresse a Vienna la Lucia di Lammermoor con la troupe della Scala, fu una rivelazione. Capii allora che non esiste musica volgare quando non si mette volgarità nell’ interpretazione…ho appreso da Toscanini il fraseggio e la dizione, sempre con cantanti italiani, cosa allora inaudita. Credo di non avere mai aperto uno spartito (sul podio). Avevo la musica nell’orecchio, completamente interiorizzata (come Toscanini).
Chiudiamo con qualche ulteriore riferimento a Puccini, di cui Toscanini fu amico e consigliere in una complessa relazione, dove le difficoltà e gli scontri non mancarono (ricordiamo come una volta Toscanini avesse vietato a chiunque l’ingresso alla Scala dove stava provando e che il divieto fu applicato anche a Puccini, che ne fu umiliato). Ne diresse alcune prime fra cui: la Bohème, il primo febbraio 1896 al Regio di Torino, solo ventinovenne; la Fanciulla del West il 10 dicembre 1910 al Metropolitan; la Manon Lescaut alla Scala nel 1923 modificata rispetto alla prima versione di trenta anni prima, e la Turandot alla Scala il 25 aprile 1926. Quest’ opera, ultima di Puccini, morto nel 1924, non era stata completata. Giunto al punto in cui Puccini si era fermato, Toscanini abbassò la bacchetta, mormorò e qui il compositore è morto, e lasciò il podio nel profondo silenzio del pubblico. L’ opera fu poi “completata” da Alfano, secondo indicazioni lasciate da Puccini, ed è ora spesso eseguita in questa forma (simile completamento è stata fatto come ben noto nel Requiem di Mozart…).
E alcuni passi infine dal libro delle lettere di Gino Marinuzzi, dove appare oltre ottanta volte, record delle citazioni, comprese quelle nei commenti di Giorgio Gualerzi, dopo quelle a Mocchi e prima di quelle a Serafin.
1-6-1905
domani e sabato ci sono due grandi concerti Toscanini alla Scala [e mi chiedo se fosse presente anche mio nonno Emilio e sua moglie Maria, allora sposati da un anno e molto spesso alla Scala…]12-2-1906
tre mesi con Toscanini [in America] vuol dire tornare in Italia direttore fatto, vuol dire fare un grande repertorio ed avere la protezione di lui…27-5-1912
[dal teatro Colon di Buenos Aires]…mi chiamano Toscanini n° 2 e ne sono ben felice. Aggiungete che ciò che sbalordisce in lui è la memoria; orbene… quando lui arrivò io avevo già fatto 7 opere a memoria, quindi la novità era già sfruttata.24-6-1925
[da Oreste Noto]…il Maestro Toscanini, in un lungo e cordiale colloquio, mi dimostrò il suo vivissimo desiderio di averti con lui alla Scala nella prossima stagione…17-5-1928
alla fine sono andato a salutare Pizzetti e Toscanini con accoglienze affettuosissime…23-7-1929
troverà particolarmente ricco di documenti il mio saggio su Franco Faccio, compositore, direttore, propagandista, che ben preparò il terreno a Toscanini, di questo più benemerito, perché operò in epoca più difficile ed impreparata
Segue immagine di Toscanini al fronte nel 1917
Quattro immagini di Toscanini mentre dirige, ottenute dalla nipote Emanuela Castelbarco, via la musicologa e sua amica Carla Casanova.
Nel seguito diamo parte di una lettera di invito ad un concerto diretto da Toscanini al Teatro Colon di Buenos Aires, inviata da sua moglie Carla a lontani parenti di Toscanini discendenti da un cugino emigrato in Argentina. La lettera è arrivata dalla signora Marta Arabia che via internet ha saputo di questo lavoro.