“Statuta et capitula florentissimae civitatis Litii” di Maria D’Enghien
di Giorgio Mantovano
Pochi anni prima della sua morte, Maria d’Enghien promulgò gli “Statuta et capitula florentissimae civitatis Litii“, un corpus giuridico riguardante la vita amministrativa della città di Lecce, conservato in originale nel fondo pergamenaceo dell’Archivio di Stato cittadino.
Più volte pubblicato, ma l’edizione critica ed analitica, dotata di esame codicologico e paleografico nonché della descrizione interna, si deve a Michela Pastore che nel 1979 diede alle stampe il suo studio.
Scritto nel latino quattrocentesco e nel volgare leccese del tempo, il Codice non si presta ad una facile lettura e interpretazione. Da ciò la necessità di rendere accessibili a tutti le disposizioni emanate.
A tanto ha provveduto Gaetanina Ferrante Gravili, docente emerita di lettere classiche, innamorata della storia di Lecce, nell’opera “Il Codice di Maria d’Enghien”, pubblicata nel 2012 da Il Parametro Editore, con bella presentazione a cura del prof. Mario De Marco.
Le norme e regolamenti, nella raccolta fatta nel 1473 su commissione di Antonello Drimi, riguardavano le questioni fiscali (i dazi), da cui scaturivano i maggiori contenziosi tra i privati e l’amministrazione municipale, ma anche il governo della città e la sua amministrazione.
Antonello Drimi fu il primo possessore del Codice ed anche Sindaco della città di Lecce nel 1506.
In quelle norme trasparivano il rispetto della proprietà altrui, le attenzioni escogitate per favorire il commercio e l’immigrazione dei mercanti, ma anche la sensibilità verso i diritti ed i doveri dei cittadini.
La contessa Maria d’Enghien, che illuminò la vita artistica e culturale della Contea di Lecce, si spense il 9 maggio del 1446. Mi pare naturale che si continui ad ossequiarne la memoria.