Soprani non più in carriera. Capitolo 5: MARIA LUISA CIONI
di Emilio Spedicato
Bellissimo era il corridore, bellissima ancora sei tu
Avevo incontrato Maria Luisa Cioni varie volte alle riunioni dell’Associazione Carusiana, fondata da Luciano Pituello, e le due volte in cui ero stato al Museo di Caruso a Lastra a Signa. Una signora elegante, fine, dal sorriso facile e di notevole bellezza, pur avendo passato da tempo la ottantina. Avevo cercato di intervistarla per il mio primo libro (108 incontri nel mondo della lirica), ma non aveva voluto ritornare a tempi passati. Poi ha accettato. Sarà una intervista fra le più lunghe, data da una grandissima artista, dalla mente e dalla memoria virtualmente intatte, sebbene di età più vicina ai 90 che agli 80. Come sarò io alla sua età, ammesso che ci arrivi ….?
Il primo giugno 2013 sono nella sua elegante casa nella Residenza delle Querce a Milano 2. Milano 2, elegante quartiere costruito quando ero nei miei primi anni di lavoro come ricercatore, presso il CISE, nella vicina Redecesio, frazione di Segrate. Ricordo che agli inizi gli appartamenti di Milano 2 erano in vendita a prezzi accessibili, poi sono divenuti fra i più cari di Milano. Il quartiere è situato vicino all’ospedale San Raffaele e non lontano dall’aeroporto di Linate. Case rosse, tanti alberi, strutture eleganti e spazi senza auto. La costruzione fu gestita dal giovane Silvio Berlusconi, con la benedizione di Bettino Craxi, e fu il trampolino di lancio dei suoi successivi successi imprenditoriali.
Entro, con mia moglie, nell’elegante appartamento della Cioni, ricco di quadri. Fra questi uno di lei ripresa da un’amica pittrice greca, in una scena del Ballo in Maschera. Maria Luisa dice subito che sono passati tanti anni da quando ha calcato per l’ultima volta le scene. Ha smesso a 53 anni, con una Norma a Aix-en-Provence, un’età in cui si è al massimo delle proprie capacità. Dice che si era stancata di studiare tutti i giorni, obbligo per il cantante, dice, dopo i 45 anni. Ricorda anche una pausa dalle scene di ben dieci anni, per educare i figli ed aiutare madre e sorelle. Riuscì a riprendere la carriera, fatto inusuale dopo una pausa così lunga (ma anche riuscito a Magda Olivero). Il marito, morto da anni, era il famoso ciclista velocista Adolfo Leoni, dell’ epoca di Bartali e Coppi, uomo bellissimo, ricorda. Leoni vinse una ventina di tappe del giro d’Italia, oltre a varie altre corse, fra cui nel 1949 un giro del Piemonte. Era un velocista dallo scatto fulminante, e al Vigorelli battè una volta il campione del mondo. Poco dopo questo incontro, al mercatino mensile di antiquariato di Busseto trovo un settimanale sportivo che ha in prima pagina la foto di Leoni e la descrizione della sua vittoria nel giro del Piemonte: partiti da Alba, la strada da asfaltata diveniva subito in terra battuta ed il gruppo faceva un gran polverone… Maria Luisa dice che anche lei faceva tanti km in bicicletta. Una volta in tempo di guerra ne fece 75 accompagnando il padre che andava nelle campagne alla ricerca di farina. Leoni faceva anche tappe di 300 km, nel 49 fu vicino a vincere il giro. Smise di correre a 35anni e morì giovane, a 53 anni, oltre 40 anni prima dell’ intervista, per un problema genetico al cuore, che era assai grosso. Ho l’impressione che Leoni sia sempre nel cuore di Maria Luisa, non sostituibile. E forse lei ha smesso di cantare a 53 anni nel ricordo di lui?
Leoni non era un conoscitore di musica, ma aveva studiato ingegneria, era colto e parlava bene. La conobbe ad una recita del Cavaliere della Rosa, opera che diede a Richard Strauss un successo clamoroso. Ci era andato con una amica. Fu affascinato da Maria Luisa, donna bellissima oltre che di bella voce. Dimenticò l’amica, e innamoratosi del soprano la seguì quando cantava, ben presto ricambiato da lei nei sentimenti. Quando nel 1946 lei lo accompagnò alla partenza del Giro d’Italia da Milano, i giornali scrissero di Leone con la sua Violetta. Il matrimonio avvenne nel 1947, sei mesi dopo l’incontro. Un matrimonio felice, ma durato solo una ventina di anni.
Maria Luisa era unica figlia di padre elettricista; mamma stava nel negozio di famiglia in pieno centro di Firenze. Mamma cantava canzoncine (dimentico di chiedere se fra queste c’era Firenze sogna, che cantava mia madre lasciandomi incantato… e non ho mai trovato lo spartito). Una zia la portò a vedere l’ Andrea Chénier, opera di cui trovò la musica meravigliosa. Ricorda che si mise a canticchiarne i motivi, che aveva memorizzati, restando con l’impressione di avere scoperto una nuova dimensione… ed aveva solo 6 anni! Le nacque il desiderio di divenire una cantante. Papà cominciò a comperarle dei dischi, in particolare di Toti del Monte, di cui ripeté le arie, riuscendo a seguirla nelle agilità e nei sovracuti. A 14 anni, dopo aver molto insistito per l’opposizione paterna, che giudicava il teatro un brutto ambiente, andò dalle suore del Sacro Coro a farsi sentire; la maestra, che era anche la madre suora, le propose di cantare una romanza di Paisiello ad una festa. Poi chiamò sua madre rimproverandola per non far studiare la figlia: se Dio le ha dato la voce, non può soffocarla. Quasi le stesse parole che anni dopo al di là dell’ Atlantico un parroco dirà ad Anna Moffo, che voleva farsi suora. Anna che in Italia, grazie anche a Mario Lanfranchi, suo marito per 15 anni, ha certo scoperto che la sua vocazione aveva anche altre dimensioni.
Le viene indicato un maestro che era stato insegnante di Gino Bechi, ma con il quale non si trova bene. Un amico del padre la manda dalla maestra Ernesta Bruschini, che era stata insegnante di Bianca Scacciati. Era di famiglia nobile napoletana, ed era la pianista accompagnatrice di Matilde, sorella di Bianca, soprano fra i primi interpreti dell’ Adriana Lecouvreur. La maestra, che stava vicino a Santa Croce ed aveva molti allievi, non le dedicò molto tempo, dandole qualche indicazione su come controllare le corde vocali. La considerò soprano leggero.
Il suo primo debutto è nel 1946 al Nuovo di Milano, dove canta con Galeffi nel Barbiere, dopo una sola prova. Poi Serafin la vuole, sempre nel 1946, nel ruolo di Oscar nel Ballo in Maschera, a Verona, dove cantano anche Stignani e Tagliabue. Poi ricorda un Rigoletto, e vari inviti alla RAI e in Spagna. Poi l’interruzione per motivi di famiglia, e la ripresa dopo 10 anni, inizialmente con concerti e inviti all’estero. Ritorna presto alla Scala con la Figlia del Reggimento dove fu inizialmente il doppio della Freni; il suo spartito era in francese ed ebbe dal direttore la versione in italiano. Fra i direttori con cui cantò ricorda Muti, Gavazzeni, Prȇtre e Molinari Pradelli. Cantò alternando Elisir e Traviata. E fu Butterfly quando Prȇtre decise durante la prova generale di cambiare il soprano prima scelto; cantò con grande successo, specie nell’aria Un bel dì vedremo.
Ha cantato opere di Puccini, Pergolesi, Handel, Vivaldi, Monteverdi; nulla di Mozart. Cantò tuttavia la Regina della Notte a Monaco. La sua voce arrivava facilmente al fa sovracuto, ma perdeva nelle note basse. Ha orecchio assoluto, dote di pochi cantanti. Sa accompagnare bene al pianoforte. Parla con un eloquio bellissimo e con voce incantevole. Ho notato che alcuni cantanti che cantano con voce bellissima, nel parlare hanno una voce che sembra ben diversa da quella prodotta nel canto.
Le chiedo dei colleghi con cui ha cantato, fra i mezzosoprani con la Stignani e molto con la Cossotto. Mai con la Simionato o la Valentini Terrani. Fra i bassi ricorda Siepi e di avere ascoltato Luciano Neroni. Telefoniamo allora a Brunilde, figlia di Neroni, cui Maria Luisa dice: non ci sono più voci di quel tipo, così scure. Non ha cantato né con Christoff né con Ghiaurov. Di Rossi Lemeni dice che pur non avendo una grande voce, eccelleva come grande artista e per l’intelligenza. Fra i baritoni ha cantato molto con Panerai e vinto come lui il Premio Caruso al Museo Carusiano di Lastra a Signa. Ricorda Gian Giacomo Guelfi per la grande voce, cita fra le opere cantate con lui Rigoletto e Lucia. Con Bruscantini ha cantato nel Don Pasquale, di Bruson ricorda che fece con lei il suo primo Rigoletto. Nucci ha debuttato con lei alla Scala in Elisir e Butterfly.
Fra i grandi tenori non ha cantato né con Corelli, anche per la diversità di repertorio, né con Di Stefano, di cui divenne amica quando lui smise di cantare. Ha cantato con Bergonzi, ricorda un Rigoletto, e con Kraus, specialmente nei Puritani, avevano una tecnica simile, lo ricorda un gran signore molto legato alla moglie.
Sulla lirica di oggi dice che nessuno studia con tecnica corretta. La recitazione è volgare. Il Don Giovanni alla Scala con regia di Carsen non le è piaciuto. Ricorda che in Germania, dove specialmente si fanno sperimentazioni di regie “innovative”, le chiesero di apparire in una Norma come una partigiana.
Grandi registi nella sua memoria sono stati Zeffirelli, Madau Diaz, Strehler e Visconti.
Il giorno in cui rivedo le note di questa intervista, che lei aveva ricevuto tempo prima per posta dicendo che non c’erano problemi, mi arriva una telefonata da Amalia, moglie di Luciano Pituello, fondatore dell’Associazione Carusiana. Amalia mi comunica la scomparsa della Cioni, poche ore prima, dopo un periodo in cui non stava bene.