IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Soprani non più in carriera. Capitolo 3: GABRIELA CEGOLEA

Gabriela Cegolea

di Emilio Spedicato

Dopo un Manuel Garcia, una Gabriela Cegolea?

A Gabriela Cegolea sono arrivato agli inizi del mio interesse per la lirica. Due libri mi introdussero a questo mondo da me poco conosciuto: le Stelle della lirica, di Enrico Stinchelli, una specie di enciclopedia critica, e Il prezzo del successo, di Renzo Allegri, dove apparivano gli inizi di carriera di trenta cantanti lirici, da lui intervistati. Allegri ha scritto libri sulla lirica, fra cui uno sulla Callas ed uno assai delicato su Lucia Valentini Terrani, e libri su personaggi del mondo religioso, come Padre Pio, e anche sul paranormale. L’ho incontrato nella sua casa presso Salsomaggiore. E ci siamo poi spesso scambiati informazioni, le ultime in merito al rapporto fra Callas e Meneghini.
Del Il prezzo del successo ho regalato copie ai miei intervistati, finché… il libro si è esaurito, avendo avuto una sola edizione in Italia. In Giappone aveva avuto parecchie edizioni. Un segno della perdita di mercato dei libri di lirica in Italia, e non solo in questo campo …

Dei trenta cantanti nel libro di Allegri, ne ho intervistati 16, con parte degli altri ho avuto un contatto senza intervista (Carlo Bergonzi, Renata Scotto), altri sono passati a miglior vita, altri erano introvabili. Fra gli incontri senza riferimento al libro di Allegri, sono orgoglioso di quello con Chaliapin tramite le nipoti Angela Freddi e Lidia Liberati; con Lina Bruna Rasa tramite il suo psichiatra Franco Zamporri; con Hugues Cuénod tramite il suo allievo Maurizio Righetti.
Incontri che appaiono nei miei due libri:

Abbiamo amato Puccini. 108 incontri tra un matematico e il mondo della lirica (2013)

Non solo Malibran. 108 incontri tra un matematico e il mondo della lirica – vol.2 (2018)


Ho incontrato Gabriela Cegolea e suo marito, Sergio Barusco, il 12 settembre 2014, nella loro casa a Cavallino Tre Porti, cittadina della laguna di Venezia, oltre Jesolo. Da qui siamo andati per il parco lagunare, raggiungendo, dopo stradine fra stagni e interessante vegetazione, una trattoria tipica, per un pranzo a base di pesciolini fritti della laguna. L’intervista è avvenuta al ritorno, dedicata non tanto alla passata vita artistica della Cegolea, quanto ai suoi progetti per una speciale scuola di canto, basata su una sua teoria del canto, e per un’attività culturale e musicale di tipo mediatico coinvolgente Italia e Romania.
Gabriela ha idee precise, e punta in alto; ed è anche una donna dal viso bellissimo, pur non essendo più nei verdi anni.

Gabriela ricorda bene l’intervista con Allegri, che associa ad un tempo ormai remoto. Partirò tuttavia da questa, con aggiunte,  per introdurre un soprano venuto dalla Romania ad arricchire il mondo della lirica in Italia, come altre rumene, quali Virginia Zeani, Ileana Cotrubas e Viorica Cortez.

La cantante venuta dall’ est, come è definita da Allegri, è nata in Romania in una cittadina vicino alla Moldavia, nella parte nord est del paese, terra di bellissimi monasteri anche femminili. I genitori  erano cantanti di operetta. La madre soprano (novantaduenne al momento dell’intervista) era una bellissima donna da giovane ed il padre, basso, è morto a 88 anni nel 2000. Il padre era molto colto,  bell’ uomo, con una voce straordinaria di basso profondo; cantava nella chiesa ortodossa. 

Gabriela iniziò lo studio del violino, che ancora conserva,  e del pianoforte, da ragazzina, imparando dal padre a leggere le note e frequentando la Scuola di Musica della città natale. Scoprì il canto al tempo del liceo musicale, una scuola assai impegnativa con 8 ore al giorno; già cantava da piccola in chiesa con il nonno e la nonna paterna ed alle feste della scuola. La passione per il canto le è giunta come un colpo di fulmine, un segno del destino.  Non è certa di avere l’orecchio assoluto, ma ricorda che sapeva scrivere le note eseguite al pianoforte dal professore,  tenendo il viso rivolto al muro.  Decise  di frequentare l’accademia musicale di Iasi, di livello universitario. Vi entrò con il massimo dei voti, ma non alla sezione canto, dove la docente la valutava negativamente. Ricorda che il professore di solfeggio le previde invece una carriera di grande cantante. Nel mondo comunista di allora esisteva un atteggiamento negativo contro il cantante lirico, visto come un individualista e protagonista in contrapposizione con la pluralità minimalista concessa agli artisti. Prese lezioni private, con notevoli difficoltà economiche. Si trasferì poi all’Università di Bucarest, ma anche qui fattori politici le impedirono di entrare nella sezione canto. Per evitare di diplomarsi in una sezione musicale che le avrebbe permesso solo di insegnare in provincia, tentò un concorso internazionale, in Belgio. Riuscì a lasciare il paese, con un permesso allora non facile da ottenere, grazie all’aiuto economico di un amico italiano e alla comprensione del preside, che capì la sua situazione. Dal Belgio si recò in Italia avendo vinto una borsa di studio per l’Estate Musicale di Taormina. Chiese asilo politico in Italia, ignorando la forte presenza dei comunisti anche qui. Pertanto fu trattata come una profuga, chiusa in un campo profughi a Capua, sistemata in stalle smesse e in pessime condizioni igieniche. Era disperata, ma fu un’esperienza di grande maturazione. Nel 1972 riuscì a farsi accettare dalla commissione per recarsi in Svezia, a condizione che lavorasse come operaia.

In Svezia la giovanissima Gabriela vinse tre concorsi di canto e debuttò all’Opera di Stoccolma l’anno stesso. Poi tornò in Italia a studiare canto a Venezia ed alla Scuola della Scala, dove insegnavano Margherita Carosio, Ennio Pastorino, Ettore Campogalliani, a volte la Tebaldi.
Debuttò nella Piccola Scala nel 1973 nel Piccolo Spazzacamino, di Britten. Nel 1975 a Sanremo con Andrea Chénier, poi, nel 1976, il debutto con grande successo in Tosca al Reale di Copenhagen, Stoccolma e Oslo. Seguirono inviti in Europa, America, Brasile, Australia, ed Italia. Debuttò alla Fenice di Venezia con la Manon Lescaut di Puccini nel febbraio del 1978 e subito alla Scala nel maggio 1978, ancora nella Manon, con Domingo, Nucci, Piero de Palma e la direzione di Prȇtre. Alla Scala ha cantato il Don Carlos con Cappuccilli, Carreras, Ghiaurov, e la Freni, direzione di Abbado, poi La Kovanschina, I Pagliacci, Beatrice di Tenda
Ha cantato in una quarantina di ruoli a Roma, Napoli, Palermo, Catania, Torino… e nei più prestigiosi teatri lirici del mondo (Berlino, Parigi, Amsterdam, Liegi, in Brasile, Australia, Sud Corea…) . Con ironia  ricorda la docente che l’aveva, a suo tempo, bocciata e che ora affermava di averle sempre predetto una carriera fortunata. Ricorda che, dopo la Tosca svedese, l’ambasciatore rumeno venne a trovarla nel camerino, dicendole che era l’orgoglio della Romania. In realtà i rumeni, aldilà della politica, hanno sempre adorato la loro Gabriela. Lei ritornò in Romania dopo la caduta del regime comunista, cantando all’Opera di Bucarest (Tosca e Nabucco), incidendo dischi, dando concerti al prestigioso Atheneum; fu anche in altre città della Romania e nella sua città natale (che le offri  il titolo di cittadina d’onore) mentre a Bucarest intitolarono una strada con il suo nome. Il nuovo governo della Romania la nominò ambasciatore onorario of good will fra la Romania e l’Italia.

Gabriela Cegolea è soprano drammatico di agilità. Si sente molto coinvolta quando canta in personaggi da costruire, come nella Manon Lescaut, nella Tosca (ricorda la Butterfly del 2001 in cui è maturata), e molti in Verdi, Bellini e Donizetti.

Fra i giudizi di giornali ne cito alcuni.

Da Aftenposten di Oslo, per una Tosca del 1976: Un magnifico talento, voce calda, grande volume, un morbido e soffice suono.

Da Svenska Dagbladet di Stoccolma: Voce meravigliosa, pastosa e fiorente…

Dal New York Post, per il Mosè del 1978: Possessor of huge soprano voice with a range that sounded like more than two octaves.

Da Stampa Sera, per la Manon Lescaut del 1979 alla Scala, giudizio di Giorgio Gualerzi: … intensa luminosità del timbro, carnosa bellezza del colore, indomabile temperamento.

Per la Chovanchina alla Scala nel 1982, dal Corriere della Sera: Straordinario rilievo…
Da Epoca: Eccellente
Dal Giornale: Stupefacente Emma.

Per la Parisina, a Roma, dall’Opera International: Voce sontuosa e splendidi acuti.

Per Andrea Chénier a Versailles: …la brillante tecnica vocale ed il colore così rigorosamente verista ne fanno una interprete ideale”.

Da Opera News per la Risurrezione a Verona: una completa comprensione dell’espressività vocale del suo ruolo, toccando un apice da mozzare il respiro nell’aria del secondo atto…

Ora Gabriela si dedica solo ai concerti. Ha smesso con l’opera per motivi familiari, essendosi occupata per anni del padre immobilizzato e poi della madre. Ha la voce integra, le corde vocali intatte e potrebbe riprendere.

Il marito Sergio Barusco è figlio di una Norma Cavalieri, imparentata con il soprano Lina Cavalieri, detta la donna più bella del mondo… Sergio per anni andava ad ascoltare Gabriela in qualunque posto cantasse, affascinato dal suo immedesimarsi nel personaggio e dal facile superamento dei passaggi difficili. La giudica non solo cantante, ma molto attrice, senza problemi tecnici.

Come quasi tutti i cantanti che ho incontrato, Gabriela si dice credente, essendo per lei evidente il nostro contatto con qualcosa di divino. La sua ricca indole artistica si è espressa anche nella poesia. Ha pubblicato, nel 1989, il volume con 26 Concetti in versi:

Innamorarsi della vita! Anche… trovar immenso solo un può darsi…” ;

l’Arte: “Poter toccare il cielo, veramente… è solo con lo Spirito permesso….”;

il Potere: ”Ebbrezza che con sete di ebbrezza, ti fa pagar il prezzo dell’Eterno… Ebbrezza che ti fa avere il Mondo, e con il Mondo, scendere all’Inferno”;

Miseria: “Miseria è la Materia tutta, che manca dello Spirito ardire”;

ed in fine il Messaggio: “Se alla nostra Morte, un nuovo frutto,… può migliorar degli altri il morire… vuol dire che quella vita ha avuto un senso… E ha avuto un senso tutto il suo soffrire”.

Ora alcune idee di Gabriela sulla tecnica del canto. Ha fondato l’approccio detto Vox Mentis, che ritiene rifletta le migliori tecniche dei cantanti del passato, vedendosi nella continuazione dell’insegnamento di Manuel Garcia e Antonio Cotogni. Sul tema mi ha dato due libri, da cui presento quanto segue.

In Meccanica del canto, manuale professionale, 1990, l’argomento è trattato nei capitoli: la filosofia del canto, i misteri del canto, meccanica del canto, meccanica della respirazione, patologie e responsabilità, magia del teatro, mente e sentimento, il lavoro, cultura ed espressione, missione dell’artista, ritorno alle origini, stili (barocco e bel canto, romanticismo, Verdi e l’interpretazione verista). Da queste pagine seleziono, non da esperto, alcune indicazioni, citando non verbatim.

L’esercizio agonistico del canto consiste nel creare un apparato corporeo di produzione sonora… in virtù del suono che si desidera produrre, il cantante svilupperà dei muscoli e ne inibirà degli altri. Il cantante rock… baserà la sua produzione sonora su contrazioni esterne, specie nella zona alta del corpo, torace e muscoli facciali, contrazioni che si protrarranno all’interno della gola e dell’organo vocale. Di conseguenza, il prodotto sarà poverissimo di armonici, avrà intonazione non precisa e per propagarsi nello spazio avrà bisogno del microfono. Il cantante lirico… procederà all’opposto. Usa una tecnica che elimina qualunque contrazione volontaria, dall’ addome in su, per dare campo libero alle contrazioni involontarie interne, matrici di suono armonico: il suono “libero” che svilupperà gli armonici, secondo l’ambiente dove è prodotto.

La respirazione ha importanza fondamentale. Quella addominale è la più adatta per una migliore fonazione. Non che significhi respirare con l’addome! Sono i polmoni a riempirsi e svuotarsi di ossigeno. Ma questa loro azione deve avvenire  senza irrigidire i muscoli del torace e quindi del collo, cose che impedirebbero di ottenere il suono libero. … il risultato di tale meccanica sarà un suono particolare: intonato anche di armonici… alto, galleggiante, brillante, puro, morbido, controllato e per niente forzato. Un suono che riempirà di armonici l’ambiente più vasto.

Il cantare dovrebbe essere fatto con il minimo di fiato. L’ispirazione non deve riempire al massimo  i polmoni di fiato (lo raccomandava la Tetrazzini), e quindi allargare il torace, ma a sollecitare il diaframma. E per questo c’è una tecnica.

L’Opera è l’arte più difficile: esige un grande musicista ma anche un grande attore… non c’è spazio per i dilettanti, i cantanti hanno bisogno di tanta esperienza, che non si può acquisire in pochissimo tempo. L’artista è al colmo della sua capacità creativa nell’ età matura, non nella cruda gioventù. Prima di parlare di arte, bisogna passare dal buon artigianato. Prima di questo sta la professionalità tecnica. Prima sta il dilettantismo. L’artista è l’alto artigiano che possiede il dono della creatività.

Nella corsa odierna al nuovo a tutti i costi, si colgono dai rami dei frutti acerbi che non matureranno mai… anzi soccomberanno ancora verdi. In trent’anni di rapporto col pubblico, iniziato quando aveva dieci anni, ho capito che l’applauso non è la meta finale per la soddisfazione del nostro io, anche perché può essere manovrato. Il termometro del successo credo che sia  l’attenzione e la tensione che l’interprete riesce ad instaurare durante la sua esibizione. Mi è capitato più volte al termine di un’aria di trovarmi davanti ad un interminabile vuoto, a un silenzio! Erano solo degli istanti, ma mi sembravano eterni. Gli applausi venivano dopo, prima deboli, poi crescenti. Una esperienza di privilegio, rara, perché basta un errore per rompere l’incanto. Esprimere tutto quello che l’autore ha lasciato nella partitura, e magari andare oltre ad essa, diventa, ma solo per gli artisti, una specie di droga. L’ebbrezza che scaturisce dal poterlo trasmettere al pubblico è contagiosa, e qui sta la famosa magia del teatro.

Una domanda per Gabriela: che cosa produce quel brivido speciale, che io ho avuto ascoltando arie, anche se non dal vivo, di Caruso e di Lina Bruna Rasa? E che a Luigi Giussani quindicenne diede un’estasi, con visione del divino, da cui la sua vocazione, quando ascoltò Spirto gentil, della Favorita di Donizetti, cantata da Tito Schipa?

Gabriela risponde che:

la natura ha dato ad ogni cantante una o più qualità, di cui ciascuno deve esserne consapevole…. Inutile lo sforzo di ottenere tratti negati dalla natura….molti ignorano le loro reali capacità, e credono di potere imitare le celebri voci sentite su dischi. Ma il suono registrato non è quello reale, per la perdita degli armonici, sostituiti da un eco artificiale. Il suono reale non si trova nella registrazione, dove è regolato o distorto. Migliori sono le registrazioni di cantanti che usano tecniche antiche di canto.

Anche con una bella voce, un cantante può rimanere mediocre… il grande lavoro dell’interprete è ritrovare la verità nel sentimento e nel pensiero. I cantanti devono cantare idee, non suoni vuoti… la lirica deve subordinare la sonorità a un’idea, la cosa più importante in musica non è nelle note ma dietro di esse. La musica non scritta è la vera meta dell’artista che apre uno spartito.

Passo ora al libro Vox Mentis, manuale didattico di meccanica fonica e canto, del 1994, che Gabriela mi dedica con stima ed amicizia. La presentazione è del cardinale Silvio Oddi, che apprezza nel libro la scoperta della fase mentale della respirazione. Noto un giudizio in copertina dello scienziato e mio amico Clarbruno Vedruccio, inventore di una macchina che rivela certi tumori allo stato iniziale e analizzatore degli strani eventi a Caronia in Sicilia con improvvisi incendi di alberi, auto ed altro. La sua analisi elettronica del canto di Gabriela ha mostrato inattese caratteristiche, che si pensavano realizzabili solo in macchine elettroniche, e mai notate in altre persone.

I concetti espressi nel libro non sono a volte di immediata comprensione, nemmeno per chi scrive, avendo una laurea in fisica, si è confrontato con le inusuali idee della fisica quantistica e della relatività. Ne  presentiamo alcuni al lettore, invitandolo a meditare e eventualmente a studiare in dettaglio il libro.

La funzione fisica essenziale dell’essere umano non è’ parlare né cantare, è sopravvivere. Aggiunge la Cegolea:il Vox Mentis integra il canto (e parlato) in linea con le funzioni essenziali dell’essere umano”. Nella creazione mentale del meccanismo fonico ha un ruolo fondamentale la “visualizzazione mentale” …..un tipo di coinvolgimento volontario che porta, alla fine, alla sinergia operativa delle due parti del corpo, la superiore e l’inferiore, divise dal muscolo diaframmatico……. L’íntenzione direzionale nella voce mentale – vox mentis- va intesa come una proiezione verso l’interno della persona e non verso l’esterno”.

Di conseguenza, mi conferma l’autrice, la voce la si deve associare al concetto di deglutizione e non a quello del vomito. Pertanto è fuori ogni logica indirizzare, appoggiando, il fiato sonoro (la voce) verso in avanti, a mo’ di vomito, chiudendo, con la contrazione che ne consegue, la trachea (il flusso del fiato). E’ invece razionale indirizzare l’intenzione direzionale del fiato sonoro (con conseguente appoggio) verso l’indietro ossia verso l’area della deglutizione, lasciando in questo modo libera la trachea con il suo flusso di fiato..!! E’ quello che vien conosciuto dagli specialisti sotto la definizione del cantare “col fiato” a “gola aperta” , ottenere il “suono seduto” . Sotto questo aspetto principalmente la tecnica Vox Mentis si differenzia totalmente da ogni altra metodologia praticata od insegnata tradizionalmente.”

Il principio Vox Mentis ha come effetto la vittoria della mente sui sensi cosicché sarà la mente a comandare veramente l’azione fisica e noi i sensi……Nell’ascolto è assolutamente necessario distinguere fra il punto di vista “acustico” proiettato verso l’esterno del corpo e il punto di vista “meccanico” proiettato verso l’interno del corpo…….

Il metodo Vox Mentis per la produzione del suono è caratterizzato dal fatto che si mantiene mentalmente lo stato inspiratorio per il concepimento del suono( che si concreta con quella parte del fiato inspirato e trasformato in energia sotto forma di energia presonora), il fiato residuo espulso essendo adoperato per la materializzazione acustica del suono attraverso il passaggio laringeo, cosi che la respirazione viene usata per precreare (concepire) il suono con l’energia del fiato inspirato e veicolato acusticamente con il fiato residuo espirato.

Il suono puro onnidimensionale così prodotto, e in particolare quello  prodotto da Gabriela, è stato analizzato dal citato professor Vedruccio, che ha scritto:

Non è facile descrivere lo stupore provato analizzando elettronicamente il canto della Cegolea, dove ci si aspetterebbe di vedere sugli schermi degli oscilloscopi e analizzatori di spettro le forme d’onda tipiche del canto umano, con varie famiglie contemporanee di oscillazioni acustiche delle corde vocali. Si è invece sbalorditi dall’osservare treni di onde sinusoidali costanti in frequenza anche al variare dell’ampiezza del suono, con una perfezione  di solito riscontrabile nei migliori generatori di onde da laboratorio, e non per onde di origine umana….. il canto della signora è quanto di meglio ci possa essere per il corretto sfruttamento delle risorse canore di un individuo e delle capacità umane in questo ambito.

Sorvolando sulla seconda parte del libro, dedita anche all’anatomia e fisiologia degli organi coinvolti nel canto, chiudiamo con una osservazione sul canto in teatro, oggi in decadenza per vari aspetti, come notato anche in altre interviste, di solito con riguardo alle regie.

Nel capitolo Ascolto, si legge:

La spettacolarietà visiva di uno spettacolo canoro è incompatibile con la ricerca in profondità della sobria efficacia del canto. Il ricorso a regie e scenografie di grande impatto spettacolare fanno allontanare l’attenzione del pubblico dalla vera ragione dello spettacolo canoro, il suono.
Anche Verdi lo diceva: quando lo spettatore comincerà a guardare, smetterà di ascoltare.

Ne risulta che il mostrato è più evidente dell’essenziale nascosto: ecco innescato un meccanismo di degrado percettivo….Tali prassi gioca a favore della crisi nella quale si dibatte oggi il teatro musicale, che in mancanza di voci (a causa dello smarrimento tecnico) propone al pubblico grandi immagini. In questo contesto si spaccia per arte un qualsiasi trucco sonoro che nulla ha a che fare con l’arte del canto, la quale non è un’illusione, un imbroglio, ma una onesta manifestazione di movimenti coordinati nella concatenazione dei pensieri.

Il ripristino di una vera scuola di canto, basata su una meccanica fonica integrata, matrice di suono convergente anziché divergente, integratore cosmico anziché conflittuale,  si presenta come necessità vitale. Il canto è un mezzo privilegiato per forgiare insieme, coscientemente, il Corpo e lo Spirito.

L’educazione uditiva è considerata dalla Vox Mentis una fase fondamentale per la salute psico-fisica della persona e del bambino in particolare. Si legge:

L’evoluzione prende avvio soltanto quando si cessa di ripetere l’errore. In questo caso, l’errore consiste nel creare (il suono) non attraverso il sistema creativo originale ma attraverso l’imitazione percettiva, il riflesso. Si perpetua cosi, la proliferazione dell’illusione, dell’irreale, della non sostanza. È una situazione pericolosa che genera e sviluppa patologie individuali e di massa dove nessuno vive i propri veri comportamenti…….

E Vox Mentis suggerisce:

un nuovo modo di percepire un certo tipo di energia, un nuovo criterio di selezione attraverso l’educazione all’ascolto, educando cioè verso un nuovo ambito acustico, verso nuovi termini acustici.

L’educazione umana, secondo Vox Mentis, dovrebbe quindi subire un’autentica rivoluzione mediante una “inversione di marcia” verso la creazione del suono interiore, un fluido sonoro fondamentale, proprio ad ognuno di noi, che unisce mente e corpo in un’unità creatrice.

… La voce umana è un suono trasportatore di qualcosa che, al di là del fisico, è legato alla coscienza. E’ veicolo della coscienza dell’essere che, attraverso l’emissione vocale, si rapporta con un altro essere.

Sempre in questo contesto Vox Mentis evidenzia il ruolo della“ attenzione-concentrazione-discernimento-relazione-comunicazione”e della “profondità sonora e la suddivisione ritmico pulsativa”.
Nella nuova ottica d’ascolto sono fondamentali due elementi: il “suono profondo” e la “suddivisione ritmica”.

Una ulteriore curiosità del Vox Mentis  è la presentazione  della “ respirazione prenatale e postnatale” come base del KI AI e l’Abnegazione di sé stessi come la base di un nuovo comportamento umano, un nuovo indirizzo di pensiero dove la frammentazione corporeo-funzionale non ha più ragione di esistere.

Interessantissima è inoltre la teoria dei “due cervelli”- uno situato nella scatola cranica, l’altro nell’addome o, per meglio dire, al livello del sesso …..

L’unione dell’azione dei due cervelli in un processo simultaneo porta all’integrazione corporea con conseguente sviluppo di energia magnetica che è alla base dei fenomeni di biomagnetismo (guarigioni) e di psicocinesi (spostamento di materia).

Cosa avrebbe pensato Manuel Garcia, il fratello della divina Maria Felicia Garcia Malibran, insegnante di canto fino ad incredibili 101 anni? Gabriela, sei tu il suo successore?


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