Simona Mazza, Donne Alfa dietro le sbarre, Edizioni Kindle 2023 di Vincenzo Fiaschitello
Una donna Alfa è come l’acqua di un torrente che non si arrende e resiste a qualsiasi macina di mulino.
Le quattro storie che compongono il testo “Donne Alfa” di Simona Mazza hanno l’oscuro potere di procurarci oltre che un profondo disagio morale, una non comune malinconia per la trama di ciascuna di esse, ma nello stesso tempo ci impongono riflessioni e interrogazioni sul modo migliore di accompagnare la crescita dei nostri figli.
Il filo rosso che unisce le storie è l’immagine di una donna che, a causa di negative circostanze familiari e sull’onda di un contesto sociale nettamente all’opposto di quello offerto dalla tradizione, matura idee e atteggiamenti ribelli e indomabili che alla fine la inducono al delitto, regolarmente espiato con il carcere.
E’ facile intuire che l’Autrice attraverso i quattro personaggi femminili che ci presenta vuole richiamare alla memoria uno spaccato storico, e soprattutto nel quarto racconto, politico ideologico, nel corso del quale gli ideali propugnati dal femminismo si consolidarono in direzione della conquista della libertà sessuale e della contestazione del potere di supremazia del maschio (marito, padre, fratello) da parte della donna, decisa ad affermare la propria personalità, ad affrontare la vita con intelligenza, creatività, libera da pregiudizi e non più condizionata nelle proprie scelte esistenziali da regole imposte da altri.
Com’è noto il femminismo cominciò, sin dai primi anni del Novecento, ad accelerare il passo, a darsi un certo passo della volontà e del cuore, più che giusto dinanzi a soprusi di ogni genere, fatti credere invariabilmente “naturali” da una organizzazione della vita tutta al maschile.
Già nel 1913 una scrittrice inglese, Rebecca West, (pseudonimo mutuato da una eroina di Ibsen) scriveva: “Non so esattamente cos’è il femminismo, so solo che la gente mi definisce femminista ogni volta che esprimo sentimenti diversi da uno zerbino o da una prostituta”.
Il suo discorso era una forma di incoraggiamento rivolto alle stesse suffragette che si davano molto da fare in una società puritana e conservatrice, quale era quella inglese del tempo, perché finalmente si appropriassero del loro diritto a una libera vita sessuale.
Certo non erano idee che potessero tranquillamente attecchire, se solo pensiamo che proprio intorno a quegli anni un importante e noto studioso come Sigmund Freud sosteneva che la realizzazione dell’accoppiamento sessuale come meta biologica:” è stata affidata all’aggressività dell’uomo e resta entro certi limiti indipendente dalla donna”. Tra l’altro il fondatore della psicoanalisi era più che convinto della inferiorità della donna rispetto all’uomo, pur essendo tra i primi studiosi comunque a riconoscerle il diritto al piacere sessuale. Spettò poi alla figlia Anna Freud negli anni seguenti il compito di correggere quelle prime affermazioni del padre, ferocemente criticate dal pubblico femminile e non solo.
Proviamo a guardare meglio al passato per capire il tempo presente, accogliendo l’opinione del filosofo Leibniz il quale giustamente sosteneva che per superare un ostacolo con un buon salto è necessario indietreggiare.
Quali donne in passato sono state ribelli, coraggiose, votate al sacrificio anche della vita per agire secondo le proprie idee, in netto contrasto con quelle prevalenti nel loro ambiente?
Ne conosciamo tante.
Non chiamereste donna Alfa una donna come Ipazia di Alessandria, filosofa, scienziata, che per difendere le proprie idee finì tragicamente i suoi giorni immolata su un altare e tagliata a pezzi?
E come non riconoscere le qualità di coraggio, di intraprendenza, di combattività, di determinazione, a una donna come Giovanna d’Arco?
Non chiamereste donna Alfa anche Artemisia Gentileschi che, violentata da un pittore amico del padre, data in sposa a un uomo scelto dal padre e allontanata da Roma per bloccare gli effetti dello scandalo, giunge a un livello di arte pittorica pari a quello di Caravaggio, in un tempo, il Seicento, in cui nessuno riconosceva a una donna una simile genialità?
La conoscenza del nostro attuale orizzonte culturale sociologico ci inclina a immaginare la potenzialità della donna Alfa del tutto positiva: doti intellettuali superiori alla norma, indole ferma e intransigente, caparbietà nel voler raggiungere gli obiettivi, indipendenza di giudizio. In tale quadro siamo più propensi a immaginarci la donna Alfa come imprenditrice di successo, manager, dirigente di alto livello, incaricata di compiti elevati, un tempo riservati esclusivamente agli uomini.
Sta di fatto che il nostro viaggio di ricognizione nella realtà, che è sempre mobile e imprevedibile, ci mette spesso però davanti donne Alfa in negativo.
C’è da meravigliarsi?
Nella essenza della donna, molta sofferenza si è annidata lungo il cammino dell’umana esistenza. Si può dire che oggi la donna per transitare da una condizione di donna Beta, cioè remissiva, ubbidiente, servile, rispettosa di ogni dovere impostole dentro e fuori casa, abbia suscitato nel maschio (padre padrone, marito inflessibile e punitivo), sorpresa intollerabile, ripugnanza, violenza e odio.
Ciò può spiegare da un lato l’alto numero di casi di femminicidio nei nostri giorni, poiché molti uomini vorrebbero ridurre le loro donne al di sotto della condizione di donna Beta e renderle invisibili come il tempo,
dall’altro la reazione oltre misura della donna, dura, determinata e di fascino che, come narra Simona Mazza nei suoi quattro racconti, finisce con il crearsi immaginazioni, sogni, manifestazioni, ideali, cioè costruzioni più o meno false, perché non poggiano sulla verità della vita reale. Ed è così che il male è lì, in agguato, pronto a inghiottirla, sebbene voglia perdersi sul sentiero della vita per ritrovarsi più tardi.
Non c’è dubbio che la nostra società abbia un urgente bisogno di ricostruire con saggezza ed equilibrio i rapporti uomo-donna per superare le gravi difficoltà che oggi ne minano la stabilità. E’ auspicabile in particolare che gli uomini politici guardino con maggiore attenzione alla famiglia con interventi che incoraggino la natalità, come la diffusione degli asili nido, le agevolazioni fiscali, il lavoro femminile, le scuole.
Queste quattro storie, dedali del negativo e dedali del risveglio dal momento in cui le protagoniste, presa consapevolezza della colpa, affrontano il carcere come espiazione del male commesso, sono narrate da Simona Mazza con moto frenetico, con linguaggio tagliente, particolarmente crudo, e tuttavia non esente a tratti da un certo pathos e da spunti poetici, come quando fa dire a Margherita, l’anoressica, che sconta in carcere la pena per avere ucciso la madre e il fratello: “l’unica mia complice, adesso, è la luna. Dalle sbarre osservo le sue fasi, la sua luce rischiara le mie notti e quando si spegne anche il buio sembra confortante”.
Guardando agli eventi drammatici di cui si rendono protagoniste le quattro donne delle storie dell’Autrice, a volte si ha la sensazione che quei delitti non siano reali, ma una sorta di vendetta onirica per sete di libertà, ora contro persone fisiche (madre, padre, fratello), ora contro la stessa noia che obnubila la volontà di vivere.
Alla base di tutto c’è un punto fermo che indistintamente per tutti gli uomini della terra, maschi e femmine, ricchi e poveri, colti e ignoranti, è il desiderio che spinge a cercare la felicità, senza tuttavia rendersi conto che questa è un mito, una illusione e quindi impossibile da conseguire, perché il desiderio è sempre senza limiti. Agli uomini semmai si addice solo la gioia, che è un dono momentaneo e comunque mai diviso dal dolore.