SI VIS PACEM, PARA BELLUM SE VUOI LA PACE PREPARA LA GUERRA
di Raffaele Spada
La guerra in Ucraina, il conflitto in medio-oriente, tensione nel Mar Rosso e la corsa per gli approvvigionamenti, in tutto il mondo, di materie prime indispensabili per la transizione energetica e digitale, sta portando molti Paesi ad un riarmo a ritmi più veloci per essere pronti nel caso di scenari che, non vengono dati come certi, ma che non vengono nemmeno esclusi.
Quali sono i preparativi messi in campo in Europa?
Nel mese scorso, durante la Conferenza di Monaco sulla sicurezza, la presidentessa della Commissione europea ha sostenuto che l’Unione deve investire di più nell’industria della difesa. Ed ecco che il 5 marzo di quest’anno è stato presentato un piano da 1,5 miliardi. Esso prevede due punti fondamentali:
- Acquisti congiunti;
- Piano di investimenti.
Questi sono i due pilastri della nuova strategia per l’industria della difesa per portare l’Ue ad essere pronta a reagire in qualsiasi evenienza. Il piano punta per il 2030 ad acquisti di attrezzature in
collaborazione, con appalti comuni e con una catena di produzione europea. Inoltre l’esecutivo europeo con questa strategia ambisce a lanciare eurobond per la costituzione di un fondo di 100 miliardi per progetti di lungo periodo per la costituzione di una difesa europea, cosa già proposta dal Presidente Macron in più occasioni, che ora ha il sostegno anche dell’Estonia e del Belgio.
La crisi nel Mar Rosso poi ha spinto l’UE a muoversi anche sul lato operativo con missioni che devono garantire la libera navigazione delle merci. Se le tensioni dovessero aumentare senza che si trovi una soluzione, le compagnie di shipping sarebbero costrette a raggiungere l’Europa tramite rotte alternative con aumenti dei costi di navigazione e la perdita di lavoro e importanza per i porti dei Paesi euro-mediterranei.
Come si muovono i principali Paesi europei?
Uno dei Paesi più colpiti dalla crisi nel mar Rosso è l’Italia. Il Bel Paese ha un’economia di trasformazione, che vende all’estero i prodotti finali che produce. Tant’è vero che buona parte dell’economia dipende dalle esportazioni e dalla sicurezza delle rotte marine. Suez per Roma rappresenta circa il 40% dell’interscambio commerciale con l’Asia per un valore di 83 miliardi. Un snodo talmente fondamentale che vede, in un momento in cui gli USA accusano la stanchezza del loro dominio, investimenti maggiori nella difesa.
Il mese scorso il Parlamento italiano ha dato l’ok per il programma “Basi blu” con un piano da 1,7 miliardi per ristrutturare le principali basi della marina militare, inoltre si vede lo stanziamento di 24 miliardi per i mezzi corrazzati di ultima generazione. Inoltre il ministro della difesa Crosetto sta lavorando ad una legge per la riserva militare nazionale, che operi al fianco delle forze armate regolari, da mettere in campo in caso di conflitti. La proposta avanzata da Crosetto è di una forza composta da 10 mila unità, i quali, una volta formati e periodicamente addestrati, avranno il compito di effettuare azioni di supporto logistico e cooperazione con la società civile.
Altri Paesi europei, come la Germania, la Francia e la Svizzera, corpi del genere sono già presenti ed in alcuni casi, come in Francia, si intende incrementare fino a 100 mila unità entro la fine dell’anno. Mentre la Germania si muove per aumentare l’autosufficienza del Paese nella produzione di munizioni. Rheinmetall colosso tedesco della difesa ha avviato la costruzione in Bassa Sassonia di una fabbrica per le munizioni e componenti per l’artiglieria con l’obiettivo di produrre 50 mila pezzi all’anno, da aumentare negli anni successivi.
Come si muove la Nato?
L’Ue non è una federazione di stati è un’alleanza politico-economica dove temi di interesse comune vengono gestiti in ambito europeo. L’ambito della difesa e della politica estera è affare dei singoli stati membri anche se, come riportato sopra, Bruxelles si muove per creare un’autonomia strategica. Ma allo stesso tempo, dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Ue ha intensificato la cooperazione con la Nato. La dichiarazione siglata nel gennaio 2023 sottolinea come la Nato rimane il fondamento della difesa collettiva ed essenziale per la sicurezza nel continente. Con l’accordo siglato si estende la cooperazione su temi come la disinformazione e il cambiamento climatico, in totale i 14 punti siglati rafforzano l’asse euro-atlantico in un momento chiave.
La Nato osserva la guerra in Ucraina per migliorare le proprie abilità. Ad oggi l’alleanza atlantica è impegnata nelle esercitazioni come l’ultima, Steadfast Defender, la più grande dalla guerra fredda, iniziata a gennaio di quest’anno e tutt’ora in corso, dove i membri dell’alleanza si sono impiegati in manovre congiunte con diversi scenari per scoraggiare una eventuale aggressione russa in Europa orientale.
Conclusioni
È ovvio che l’invasione dell’Ucraina ha dato il via a molte tensioni sparse ovunque e sta avendo come effetto un riarmo generale per prevenire possibili scenari bellici. I diversi colpi di stato in Africa avvenuti recentemente vedono un cambio di influenza dove la Francia ha perso a vantaggio della Russia. La crisi in Medio-oriente segnala come venga utilizzata l’economia per far pressione su Israele a cessare le ostilità a Gaza. L’altro fronte, (ancora freddo, per fortuna) Taiwan vede la partita più importante per gli USA per il ruolo di egemone mondiale.
Un fattore rilevante sull’accelerazione europea nell’ambito dell’industria della difesa, è dovuta da una politica americana che tende a lasciar più spazio ai propri alleati per gestire meglio tutte le crisi in cui è coinvolta. Tant’è vero che la marina americana ha ritirato le portaerei dal Mediterraneo. Inoltre le dichiarazioni di Trump sulla Nato hanno accesso il campanello d’allarme in molte capitali europee.