“Si sgomitola la vita” un libro di poesie di Vincenzo Fiaschitello: Avola,Libreria Editrice Urso,2018
di Francesco Susi
Questa raccolta di poesie di Vincenzo Fiaschitello, tra ricordi lontani di paesaggi, di luoghi, di gente amata e figure ed emozioni di vita presente, perviene a una visione in equilibrio tra passato e presente, tra scomparsi e viventi, che commuove.
È una poesia che esprime, con un linguaggio talvolta elaborato altre volte più concreto e narrativo, un mondo di attimi, appuntati sulla linea del tempo, e che avvolgono tutta intera l’intelligenza affettiva del poeta. Fra le ascendenze, le fonti, i richiami letterari sembrano emergere le relazioni con Umberto Saba e Vittorio Sereni là dove si fa evidente un andamento stilistico colloquiale e volutamente dimesso e prosaico (messo in rilievo, ad esempio, da rime e consonanze nella seguente quartina della poesia “Sulle colline d’oro”: «il sogno dell’umano cuore / che resta e insieme vuol volare, / che sa di amare / e null’altro chiede!». Un registro stilistico che si intreccia con un sentimento di melanconia di fronte all’evocazione dei profumi, degli odori, dei vicoli della Sicilia e con uno stupore attonito nell’attraversamento dei luoghi dell’infanzia, di atmosfera quasimodiana, in particolare del Quasimodo traduttore dei «Lirici greci». Emblematico uno squisito novenario con allitterazione della «m» e consonanze interne nella poesia «Ascolta, il vento stasera»: «mari che amai d’amaro amore». Così spia stilistica dell’ascendenza ermetica è nell’uso dell’inversione sostantivo-aggettivo nella poesia «La luce rossa del tramonto»: “barocca chiesa, l’attesa luna, audaci sogni”.
La poesia di Vincenzo Fiaschitello si presenta come un commento, per usare una sua espressione, allo «sgomitolarsi» della vita, in una tensione costante fra una rappresentazione melanconica, struggente e a volte desolata dello svolgersi dell’esistenza e, per converso, nonostante tutto, una relazione «attiva» con il mondo considerato nel suo farsi storico.
Di questa visione pacatamente sconsolata, ma insieme tragica, dell’esistenza sono numerose le testimonianze. Senza porsi qui la questione di quali siano i riferimenti culturali di tale sensibilità valgono nella loro eloquenza le parole.
Nella poesia «Clienti della vita» viene affermata l’indifferenza quasi irridente della natura nei confronti della vicenda umana: «di tutto questo nulla importa al sole: / la rosa fiorisce a primavera / ride nei campi la gialla margherita / occhieggia il rosso papavero».
L’uomo esiste quasi collocato in un fluire del tempo di cui resta ignoto il senso come nella poesia «La luce rossa del tramonto»: «Forse che i tigli del viale / sanno perché fanno ombra e profumo?». E la sua vita appare irrilevante e senza significato come nella poesia «Il tuo nome»: «Il tuo nome sta scritto / appena nel vento».
La fatica dell’esistere insieme all’ansia sul declinare e sul «finire» sono temi ricorrenti e neppure il dolore lascia traccia. Nella poesia «Come sai, madre … » si afferma «… non c’è dolore sulla terra / che non annotti nella memoria, / che non impallidisca come stella al salire della luna!».
Talvolta, ma non frequentemente, sembra configurarsi una sorta di esistenzialismo eccessivamente «universalistico» e «assoluto» come nella poesia «Io non so più»: «Poesia, sistole e diastole / del ciclo della nostra esistenza, / respiro profondo di una vita / che ci propina patimento e gioia / di stare sulla terra, sul filo / di albe aurorate».
Vi è tuttavia nelle poesie qui raccolte (e come la seconda dimensione della poetica che vi si svolge) un ancoramento consapevole alla vita come un farsi attivo.
Vi è una poesia in particolare che può consentire nel suo stesso sviluppo discorsivo questo passaggio. In «Foto di fine d’anno scolastico» si dice, col consueto registro, «Sopra le nostre teste volavano le rondini / e non ci chiedevamo nulla sui nostri destini»; ma anche vi si afferma, quasi a rivendicare uno «starci» nel mondo, «E hai scoperto che ancora alla mia età / mi occupo di sogni e di stelle». Che è lo stesso che dire mi occupo della vita, degli uomini, delle loro vicende, della storia.
In questa prospettiva, non solo si testimonia una attualità drammatica come nella poesia «Solitudine di fine estate»: «… giovane amico, / ch’hai perso dignità correndo invano / ad implorare lavoro che non c’è»; ma anche, per fare degli esempi, nella poesia «Poi venne un uomo», ci si riferisce alla lotta, che assunse dimensioni universali, di Franco Basaglia per una trasformazione culturale che non riguardò solo la psichiatria: «poi venne un uomo a negare il malato / artificiale, a togliere inferriate, a mettere / da parte chiavi e sciogliere lacci, …» ed anche si rivendica perentoriamente e senza schermi il valore fondativo della pace, come nella poesia «Il tuo passo brulica»: «Passo di soldato? / No, non ti conosco, / ti scorre dietro un fiume / di sangue di innocenti».
Le poesie qui raccolte mostrano, in conclusione, come a un destino che lo vede in ultima istanza soccombente l’uomo si possa opporre con la forza dei suoi ideali, dei suoi valori, del suo impegno.
Nella poesia «Idea» lo si rivendica per sé: «Idea, sei tu il forte vento / che spinge la vela della barca / della mia vita!», ma anche lo si indica come prospettiva possibile per tutti: «Idea, non sfioro la follia / se tu sei la giusta distanza / tra me e il reale…».