Scoprire un altro mondo
di Gennaro Tedesco
Alcune note sull’insegnamento-apprendimento di storia e geografia, a partire dal Regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del Decreto Legge 25 Giugno 2008, n.112, convertito dalla Legge 6 Agosto 2008, n.133”.
A parere dello scrivente, nella Riforma dei licei si ripropone un insegnamento della storia e della geografia, ma soprattutto della storia, in chiave nazionale ed eurocentrica e le nuove dinamiche della storia globale, quando vagamente accennate, sono completamente fraintese, ammesso che siano note. Si ha l’impressione che la prospettiva globale della storia sia interpretata nella direzione di una “appendicizzazione” e subordinazione degli “Altri” agli avvenimenti nazionali ed europei, o al massimo occidentali. La storia della Cina e dell’India si affronta solo ed esclusivamente perché, per esempio, dal processo di colonizzazione in poi gli Europei sono coinvolti da dominatori nel mondo orientale. Soprattutto non si parte dall’immaginario collettivo degli adolescenti e dei giovani. Le problematiche e le tematizzazioni della globalizzazione, le proiezioni e le metaforizzazioni, per non dire le pressanti esigenze e pulsioni del magmatico mondo adolescenziale e contemporaneo, non vengono prese in considerazione. Non si intravede nemmeno la necessità non solo adolescenziale, ma anche storiografica, di un continuo slittamento progressivo dal presente al passato e viceversa. A scanso di equivoci, non è una richiesta di un itinerario storico alla ricerca di mitiche e salde radici o di sicure e inossidabili fondamenta, mai esistite e possedute. È la richiesta di una storia e di una geografia magmatica e olistica che a vari livelli, da quello scientifico a quello popolare degli allievi, scorge nella storia e nella geografia i problemi dell’uomo universale che, come tale, e cioè anche antropologicamente oltre che economicamente connotato, interroga il passato in funzione non solo del presente, ma anche del futuro.
Ci pare di capire che l’allievo venga coinvolto solo se interrogato. La sua personalità, proprio nel momento della sua massima crescita intellettuale e formativa, viene reclusa nell’angusta dimensione di soggetto, anzi oggetto passivo di insegnamento, senza nulla concedere alle esigenze dell’apprendimento protagonistico dal basso. La dimensione laboratoriale e non gerarchizzata dell’apprendimento personale, partecipativo e protagonistico non è minimamente considerata. E pure essa si intreccia profondamente con l’esigenza di una storia e di una geografia che ponga in evidenza i temi e i problemi dell’adolescente che, nel confronto e nella comparazione analogica e metaforica col passato, ritrova i problemi, le esigenze, i bisogni, i dubbi e le incertezze dell’epoca della globalizzazione anche atomistica in cui egli si dibatte.
Dal testo sembra emergere una enfasi eccessiva sulle conoscenze specialistiche della storia. Ma nella scuola noi non dobbiamo allevare e formare piccoli storici, ma adolescenti che, con l’ausilio della storia e della geografia, sappiano appropriarsi di un abito critico e problematico all’interno di un laboratorio storico-interdisciplinare che configuri e ponga questioni ed eventualmente ricerchi e trovi, anche se non principalmente, soluzioni.
La prospettiva globale della storia, ma anche della geografia, al contrario dell’arido e isolazionistico elenco di civiltà e vaghi conglomerati genericamente e arbitrariamente definiti, richiede:
• la deoccidentalizzazione della suddivisione e della denominazione dei periodi storici, per esempio Antichità, Medioevo ecc, né conosciuti e tanto meno studiati a Oriente, ma, al loro posto, Rivoluzione Agricola e Rivoluzione Industriale;
• la selezione di argomenti storico-geografdici con la caratteristica della essenzialità, generatività e interdisciplinarità;
• la dinamicità degli scambi, l’intrecciabilità, la comparatività, l’interconnettività, la analogicità e la metaforicità degli spazi storico geografici a contatto e a confronto permanente e quindi la necessità strategica e formativa della similarità e differenzialità dei medesimi spazi scelti e selezionati proprio per la loro non esaustività e per la loro pregnanza generativa ed epistemologica oltre che metodologica e interdisciplinare in un continuo processo di andata e ritorno dal presente al passato e viceversa.
Ma ciò non è sufficiente per la dimensione innovativa della storia globale, che tra l’altro negli ultimi anni si è sempre più ecologizzata, non rinunciando a una revisione intereconomica delle problematiche spazio-temporali. L’approccio globale alla storia e alla geografia richiede la comparatività spazio temporale del passato e del presente e l’interconnettività anche in funzione di una possibile previsionalità del futuro non solo in termini di conoscibilità preventiva, ma anche e soprattutto come capacità critica degli allievi per incidere, alla luce delle possibilità storiche studiate e acquisite nel laboratorio non solo multimediale, protagonisticamente e interattivamente nel contesto sociale e politico in cui essi vivono, ma anche e soprattutto al di fuori di esso, se si assume fino in fondo la prospettiva, la teoria e la pratica della globalizzazione, mondializzazione e cosmopolitizzazione che si esplica nell’assunzione di un contesto mondiale dei problemi di cui l’allievo è protagonista.
E qui giungiamo a un altro punto dolente del documento in questione. Dallo studio della storia e della geografia, anche se nel documento essa non appare citata insieme alla storia, scaturisce l’importanza del tema della Cittadinanza e della Costituzione che viene considerata in una ottica nazionale, concedendo solo un confronto con altre Carte occidentali. Non viene minimamente in mente la necessità di un confronto con documenti di società non occidentali, ribadendo così un’ottica non mondiale della storia e della cittadinanza. Per esempio non vi è alcun riferimento alla pratica indiana (Unione Indiana) dell’attivizzazione e negoziazione politica dei diritti civili (ammesso che in Oriente esista una concettualizzazione del genere occidentale) che nulla ha a che vedere e a che fare con la giurisprudenzializzazione dei diritti, tipica dell’Europa e dell’America.
Anche per la Geografia sembra assente la teoria e la pratica del laboratorio interdisciplinare e interattivo. Come per la storia e la cittadinanza non si avverte la presa d’atto della deterritorializzazione degli spazi antropici. La pervasività e l’invasività dei media, della virtualità e della non linearità non hanno prodotto il riconoscimento della nascita e della formazione dell’allievo planetario. L’allievo planetario, al contrario del docente che ancora planetario non è, vive nella virtualità del locale e del globale e non linearmente, ma olisticamente convive in queste due dimensioni solo apparentemente contrastanti, ma, fondamentalmente, complementari. Per non parlare poi degli allievi extracomunitari che non pongono solo problemi spazio-temporali. E concludiamo queste brevi note, minime, incomplete e parziali, per sottolineare come una geografia planetaria, associata a una storia globale, abbia introdotto anche la necessità di una sociologia delle classi sociali e delle credenze non più nazionale o eurocentrica, ma cosmopolitica.