IL PENSIERO MEDITERRANEO

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SATURAE di Paolo Vincenti.  Brevi note di lettura

Saturae un libro di Paolo Vincenti

Saturae un libro di Paolo Vincenti

Paola Bray e Gianluca Virgilio

Il titolo, altamente evocativo, sembra bisbigliare all’orecchio del lettore. La raccolta di Paolo Vincenti, commentata dalle apprezzabili note di Gianluca Virgilio, offre un piatto di primizie di vario genere e lascia trasparire, anche se in modo brioso, le emozioni e l’inquietudine con cui l’autore convive.

Paolo spazia con la consueta abilità di giocoliere della parola da argomenti seri che offrono ampi spunti di riflessione a temi faceti e spiritosi, alternando toni spesso aggressivi fino a sfiorare lo psogos, come in Opunzia, a toni più pacati e sfumati, come in Per essere diverso, in cui si percepisce un velo di malinconia, un che di irrisolto. La polimetria rende la lettura gradevole e modera l’asprezza dell’indignazione. Incisiva e pungente la prosa degli ultimi componimenti, che ricorda alcune pagine dei Caratteri di Teofrasto.

Paolo osserva con occhio vigile la realtà che ci circonda, ne prende spunto, tesse una rete di collegamenti con le letterature classiche come sa fare solo un fine conoscitore ed interprete degli autori. Il risultato è una colta e raffinata conversazione col lettore, che si sente interlocutore diretto e partecipe.

L’umanità è esplorata con determinazione e la rabbia divampa di fronte alle storture e alle ingiustizie inflitte ai più deboli; i personaggi che emergono, con i loro vizi e difetti, sono delineati in modo netto e sono i tanti che ci capita di incontrare, di conoscere da vicino o attraverso i media, di rivedere tra quelli che affollano la memoria. I riferimenti a personaggi noti sono facilmente intuibili e la feroce ironia con cui vengono disegnati è un vero colpo di frusta all’inefficienza, al malcostume, al pressappochismo di chi dovrebbe rappresentare i cittadini.

Si nota un certo compiacimento per la vis polemica che anima alcune pagine della raccolta, in cui suona forte l’invettiva in campo sociale, politico e letterario. Innegabile che i modelli di comportamento censurati corrispondano a tipi osservabili nel nostro quotidiano. Lo stile è sempre ricco, caratterizzato da sintesi descrittive efficaci che si alternano a rallentamenti studiati per indugiare su alcuni particolari. Per questo, anche nelle pagine più scabrose la nuda dissolutezza si legge senza scandalo, come accade nella descrizione delle debolezze imputate alle donne.

Lontano da toni didascalici, l’autore invita il lettore a guardarsi nello specchio che Saturae offre per riflettersi, confrontarsi, mettersi in discussione, mentre sullo sfondo si agita la “dannata genia” di imbonitori, parassiti, voltagabbana, cortigiani, poeti della domenica, politici corrotti, vanagloriosi, parvenu, applauditori di mestiere. Efficace come sempre la scrittura di Paolo, mentre dipinge una realtà desolante, riesce a suscitare il riso per la componente caricaturale che sa imprimere.

Paola Bray

NOTA DEL COMMENTATORE

Come io mi sia trovato nelle vesti del commentatore delle poesie satiriche di Paolo Vincenti è cosa che dà da pensare innanzitutto a me. Lo farò in questa breve nota introduttiva. Infatti, la materia delle poesia è tale che urge spendervi qualche parola per mettere in chiaro i presupposti, l’occasione e le implicazioni del commento che l’accompagna.

I presupposti sono riassumibili nell’amicizia decennale che mi unisce a Paolo. Conosco il suo lavoro indefesso, la sua ricerca spasmodica in tutte le direzioni, la sua inquietudine vitale. A tutto questo ho sempre guardato con meraviglia e con favore, come il vulcanologo guarda da lontano l’eruzione di un vulcano che sempre lo stupisce e certifica che la Terra è un pianeta vivente. Paolo è instancabile e prolifico quant’altri mai, ma è nato in un secolo in cui i poeti sono di gran lunga più numerosi dei lettori, e quindi ogni voce naufraga nell’oceano della poesia contemporanea o forse di questo è solo una più o meno piccola onda, che increspa per un breve momento la superfice dell’acqua e poi dilegua. In queste poesie Paolo è uno tsunami! Oh, se anche non fosse destino di uno tsunami alla fine rifluire…

L’occasione si è presentata un giorno dell’estate scorsa, quando Paolo mi ha manifestato lo scontento per il fatto che la sua poesia satirica non fosse capita nei riferimenti letterari, nelle allusioni poetiche, in quella che i critici chiamano intertestualità. Cercava un classicista che rivelasse quanto il profano, cioè chi è digiuno di cultura classica antica, non poteva capire. Ora, io non sono certo un filologo classico e neanche moderno, sono solo un amico di Paolo che ha fatto i suoi studi non sistematici, tali da mettermi nelle condizioni di capire un testo poetico, quando non sia troppo astruso. E Paolo, astruso certo non è! Semmai in queste poesie satiriche Paolo è irriconoscibile. Frequentandolo, ho apprezzato il suo buon umore, la sua riservatezza, la sua capacità di interloquire con uomini e donne su un piano di civiltà, la sua gentilezza, il suo autocontrollo. Tutto il contrario si mostra in queste poesie! Qui egli (ma è proprio lui?) è spesso di malumore, pieno di ubbie e di risentimenti, maldicente, misantropo e misogino, scurrile e inaffidabile, assolutamente privo di quel Super io che fa di ognuno di noi un uomo civile. E allora, come stanno le cose? Paolo è un caso patologico di paziente affetto da un grave disturbo bipolare, un dottor Jekyll e mister Hayde, oppure…? Oppure è un caso letterario, cioè uno scrittore che ha inventato un personaggio e la sua storia? Leggendo le poesie di Paolo, dati i presupposti e l’occasione, mi sono convinto – lascio agli altri giudicare se a ragione o a torto – che le implicazioni dell’opera necessitavano di un commento che ne mettesse in luce la letterarietà.

Il mio commento si fonda sulla scommessa che si possa predicare del personaggio presente in queste poesie, ch’io chiamo il Satirico, quello che Flaubert ha detto di Madame Bovary: Madame Bovary c’est moi. Solo se si accetta questa scommessa, il lettore ha il diritto di leggere questo libro; viceversa ha il dovere di cestinarlo, perché in esso ci sono solo malumori, maldicenze, scurrilità, e tutto quanto si può riassumere nel politicamente scorretto. Al di là dei riferimenti dotti, che il lettore di media cultura antica probabilmente individuerebbe anche senza il mio commento, conta che nella palude del mondo letterario attuale qualcuno abbia tirato una pietra, che certo non farà del male, cadendo in acqua, ma di sicuro la muoverà, suscitando critiche, altri malumori e maldicenze, chissà! Il gioco letterario è anche questo e la finzione di cui si avvale non può farne a meno. Come accade a qualunque scrittore che si rispetti, Paolo Vincenti esce di scena, dunque, e al suo posto nasce il Satirico con le sue bizze che ne fanno un novello Gonzalo Pirobutirro salentino. E così, dietro la satira, la cognizione del dolore…

Del Satirico si potrà dire tutto il male che si vuole, ma si dovrà riconoscere, alla fine, che ha avuto le sue buone ragioni per inveire contro gli uomini e per non cedere a quanti avrebbero preferito il suo silenzio.

Gianluca Virgilio

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