San Martino, una festa molto sentita non solo nel Salento
di Anna Maria Nuzzo
San Martino è una delle feste più sentite nel Salento, ma è molto celebrata anche in altre regioni italiane e in particolare in Germania – ed altri paesi di lingua e cultura tedesca – dove è conosciuta come “la festa della lanterna”. Nella notte dell’11 novembre i bambini usano passeggiare per le vie della città con lanterne colorate e intonando una canzone popolare: “Sankt Martin ritt durch Schnee und Wind” (San Martino cavalcava attraverso neve e vento). Alcuni di loro indossano anche un mantello, in ricordo del Santo.
In Alsazia invece – una regione della Francia di cultura tedesca – i bambini accompagnano in processione San Martino intonando una vecchia filastrocca: “Laterne, Laterne, Sonne, Mond und Sterne” (Lanterne, lanterne, sole, luna e stelle). Spesso la processione viene guidata da un uomo a cavallo, vestito da soldato medievale, il quale rappresenta il Santo. In questo modo si intende ricordare la fiaccolata in barca che accompagnò il corpo di San Martino a Tours. Alla fine della serata, gli abitanti si riuniscono tutti vicino al fuoco per scambiarsi del pane o altri alimenti, in ricordo del gesto compiuto dal Santo, quando tagliò il suo mantello per darlo a un mendicante.
A Venezia, invece, i bambini non vanno in processione con delle lanterne, ma girano per le calli sbattendo coperchi e pentole, facendo un gran baccano, intonando filastrocche e chiedendo qualche soldino a passanti e negozianti.
Nel Trentino Alto Adige invece, in particolare nella città di Predazzo, si celebra quella che viene chiamata “la festa dei fuochi di San Martino”. La sera dell’11 novembre, sui fianchi delle montagne attorno al paese, vengono accesi cinque grandi falò dai giovani dei cinque rioni antichi di Predazzo. Queste cataste di legna sono delle vere e proprie sculture, che vengono chiamate “Ase”. Gli abitanti prima si dànno da fare per realizzarle e poi si mettono in competizione a chi riuscirà a fare le fiamme più alte di tutti. La preparazione delle cataste viene mantenuta segreta fino alla notte di San Martino.
Intorno alle 20 i ragazzi accendono i fuochi e danzano intorno ad essi, suonando corni di vacca o di capra, i campanacci delle mucche e vari oggetti di fortuna, come i barattoli di latta. Quando i fuochi iniziano a spegnersi, gli abitanti dei cinque rioni scendono nella piazza del paese, che nel frattempo si è gremita di spettatori giunti lì per ascoltare il concerto conclusivo e degustare castagne e piatti tipici.
Martina Franca, in provincia di Taranto, è una delle città italiane a portare il nome del Santo. L’arco di accesso principale al centro storico è appunto dedicato a San Martino – patrono della città – raffigurato a cavallo, in ricordo del miracolo che si narra avvenne il 16 giugno 1529.
E parlando di questa festa, non si può non ricordare la celebre poesia che noi tutti abbiamo studiato a scuola, ovvero San Martino di Giosuè Carducci. In questa lirica il poeta ci parla dell’autunno, della nebbia, del mosto nei tini e di tutto ciò che il nome del Santo evoca nella tradizione.
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.