“Roberto Lai: un detective d’arte tra sacro e profano” di
Simona Mazza
Roberto Lai, già investigatore del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale noto per aver preso parte ai più eclatanti recuperi di opere d’arte italiane, si è distinto come un appassionato studioso del Santo paleocristiano, Antioco – Patrono della Sardegna. Eterno innamorato della sua terra, Lai è nato nell’isola di Sant’Antioco nella Sardegna sud occidentale, ha trascorso la sua infanzia passeggiando tra le rovine dell’antica città fenicia di Sulky, quella romana di Sulci e quella dell’affascinate civiltà nuragica. Il suo amore per l’arte e la storia è culminato in una dedizione di studio e ricerca : il recupero culturale, tra sacro e profano, della figura del protomartire mauritano.
Dott. Lai, lei ha dedicato la sua vita a preservare e valorizzare il patrimonio artistico e storico. Oggi tuttavia vogliamo parlare di un’altra sua grande passione: la storia di S.Antioco, il medico e martire di origini africane. Il suo impegno nel far conoscere il protomartire ha un impatto che va oltre la sfera culturale. Chi era S’Antioco?
Secondo l’agiografia, Antioco era un medico cristiano di colore, originario della Mauretania Cesarea. Perseguitato dall’Imperatore Adriano, nel II sec. d.C. viene processato e inviato nell’Isola di Sulci per scontare la sua pena. Nel viaggio di sola andata verso l’isola, che mille anni dopo prenderà il suo nome, riesce a convertire al cristianesimo anche il suo carceriere Ciriaco; così, giunto in terra sarda, proseguirà anche lì il suo cammino di fede e misericordia per il prossimo, sanando dai mali fisici e spirituali tutti coloro che invocavano il suo aiuto, senza chiedere alcuna ricompensa per la sua opera caritatevole. Il suo messaggio cristiano e la sua fama di taumaturgo di anime e corpi, ben presto, si estesero molto oltre i confini dell’isola sulcitana. Ma la sua presenza venne denunciata al governatore romano che si trovava a Cagliari, il quale mandò un plotone di soldati per arrestarlo. Antioco non oppose resistenza al suo arresto e chiese ai soldati che prima di partire gli fosse consentito di pregare il suo Dio. Terminata la preghiera morì, pervaso da una gioia mmensa e rese l’anima a Dio.
La tradizione riporta come giorno della sua morte il 13 dicembre dell’anno 127 e poiché risulta il primo martire documentato in Sardegna, è chiamato Sancti Antiochi Martyris Sulcitani Sardiniae Patroni.
Qualche anno fa, Papa Francesco ha benedetto la Croce di Lampedusa.
Tuttavia le polemiche e le discussioni su temi quali: immigrazione, razzismo ed emarginazione, continuano a lacerare sia l’opinione pubblica, sia la politica. Cosa avrebbe detto il Santo davanti a tanta sofferenza e perché lei insiste nel definirlo “una figura attuale e universale”?
Come detto, S.Antioco era un uomo di colore che, in esilio, sfidò il mare e portò la speranza in una terra diventata in seguito la sua casa. E’ stato un esempio di dedizione agli ultimi e di resistenza di fronte alle avversità.
La sua storia ci invita a una profonda riflessione sulla condizione umana. E’ stato un testimone della forza della fede in tempi di persecuzione, una testimonianza che trova echi nei drammi dei migranti odierni, la voce degli ultimi, di quanti oggi affrontano pericoli simili nel tentativo di raggiungere la libertà e la sicurezza.
La sua figura ci insegna l’importanza dell’accoglienza e della solidarietà verso coloro che cercano rifugio e una vita migliore. Ci ricorda che dietro ogni migrante c’è una storia di sofferenza e coraggio, e che dobbiamo essere pronti ad accogliere e supportare chi cerca una nuova casa, perché l’accoglienza e la compassione sono valori fondamentali che dovrebbero permeare le nostre società. Insomma, la sua missione di evangelizzazione attraverso il mare e il suo messaggio di amore e pace, rappresentano dei valori intramontabili e universali.
Questo è innegabile!
Se fosse vissuto ai giorni nostri… Beh, ci avrebbe sicuramente ricordato che l’accoglienza e la fraternità dovrebbero essere al centro delle nostre politiche di immigrazione.
Ci avrebbe richiamato alla nostra responsabilità verso i migranti, perché il problema dell’immigrazione va affrontato con compassione e solidarietà, e non con chiusure e rifiuti. Il problema non può essere risolto con il semplice “tornate a casa vostra”, ma richiede un approccio sociale più complesso. La croce benedetta da Papa Francesco, realizzata con i relitti delle imbarcazioni degli immigrati, è un simbolo tangibile di questa sfida.
Dott. Lai, lei si è dedicato alla divulgazione della storia di S.Antioco, organizzando eventi, una mostra d’arte contemporanea itinerante ancora attiva, scrivendo libri e perfino producendo una versione a fumetti. Come pensa di conciliare il “sacro e il profano”, in merito al Patrono della Sardegna?
Innanzitutto tengo a puntualizzare che il mio obiettivo non è il profitto, ma la diffusione culturale, storico – identitaria e religiosa.
Voglio diffondere un messaggio di apertura mentale, di comprensione e di accoglienza. Voglio stimolare una riflessione sulle sfide attuali legate all’immigrazione e alla convivenza tra diverse culture. Del resto, S.Antioco ci insegna che, nonostante le avversità, è possibile portare un messaggio di amore e pace, e che ognuno di noi può fare la differenza nel costruire un mondo migliore.
In conclusione, la storia di S. Antioco ci ricorda che la comprensione della storia sacra e del cristianesimo è fondamentale per capire l’Italia e il mondo contemporaneo. La figura del Santo africano, reinterpretata in chiave moderna, ci parla di accoglienza, fratellanza e della necessità di affrontare le sfide con compassione e comprensione, d’altronde, siamo tutti migranti.