“Ritorno a Santa Clara” Il romanzo postumo di Jessica Grifasi al Salone Off – Biblioteca Movimente di Chivasso – Salone Internazionale del Libro di Torino
di Serena Milisenna
Giorno 11 Maggio, alle 10:30 presso la Biblioteca Movimente di Chivasso, grazie alla grande sensibilità dell’Amministrazione Comunale, nelle persone del Sindaco Claudio Castello, dell’Assessore alla Cultura Gianluca Vitale, della Direttrice della Biblioteca Serena Sonvilla, presenterò – con la partecipazione dello stimato giornalista Salvatore Bartolotta – “Ritorno a Santa Clara” di Jessica Grifasi di Ravanusa, purtroppo sottratta alla vita e alla letteratura a soli 38 anni.
Il romanzo, a due anni dalla morte dell’autrice è stato inserito nel Concorso Letterario “Donne di Carta”, bandito dalla Regione Sicilia, e nel circuito della letteratura. Ha anche ricevuto il diploma d’onore come finalista al Concorso Argentario 2022 “Premio Caravaggio”, sezione narrativa edita e giallo e farà molta strada per l’intreccio coinvolgente e la raffinata scrittura.
La presentazione a Chivasso si inscrive nell’iniziativa “Salone Off – Torino 2024”, evento diffuso che porta i libri e gli autori del “Salone Internazionale del Libro di Torino” in giro per scuole, biblioteche, teatri, ospedali per dare a tutti la possibilità di godere delle emozioni che suscitano la lettura e la scoperta di autori che trascinano chi legge in un viaggio verso nuove mete.
E nel segno di queste emozioni così coinvolgenti anch’io, ancora una volta, mi ritroverò in un groviglio di sentimenti, suscitati sia dall’occasione che dall’incalzante rilettura dell’opera che mi riporta sempre – inevitabilmente – indietro nel tempo: rivedo me diciottenne e Jessica quattordicenne percorrere ogni mattina la strada che da Largo Aosta ci portava al Liceo Classico Ugo Foscolo di Canicattì, indirizzo scelto da entrambe per assecondare l’amore per la poesia e per i classici greci e latini che tanto scrivevano, facendoci sognare.
Io e lei, mosse dalla passione per la filosofia, la letteratura, la saggistica, chissà perché amavamo spesso soffermarci sugli ossimori: sovente nelle mattine assonnate scambiavano opinioni sugli scritti di qualche autore o su quel “popoloso deserto” che inghiotte Violetta arrivata a Parigi (La Traviata) o su quel “silenzio assordante” che facevano certe poesie e la vita stessa.
Il medesimo silenzio assordante provato alla notizia della morte di quella creatura profonda, dagli occhi pieni di orizzonti: era impossibile, conoscendola, non sprofondare nella sua anima.
La stessa che mi viene incontro ogni volta che rileggo l’avvincente romanzo, che è un megafono di messaggi che giungono al cuore.
“Ritorno a Santa Clara” è una spirale di interrogativi vorticosi, oscuri e improvvisamente chiari: è lotta tra ragione e inspiegabile ancestrale che irrompe nella domanda esistenziale che, prima o poi, travolge tutti relativamente ai temi della vita e della morte e di quella “passeggiata” che facciamo in questa dimensione per poi approdare chissà dove…
E’ lampante il messaggio che l’autrice lancia. Ormai sottratta alla contingenza, è viva in quelle pagine dove echeggia una profonda filosofia esistenziale che scuote, ma al tempo stesso conforta: “La morte non cancella la vita, le nostre anime continueranno a vivere nel cuore delle persone che ci hanno voluto bene. L’amore vince la morte”.
Carica di mistero, avventura, descrizioni colorate di luoghi spagnoli dove fantasmi e presagi si prendono la scena, gli occhi e la mente di chi legge, l’opera sviluppa la storia di una eredità, un legame tra nonna e nipote e le sinistre leggende legate alla Notte del Diavolo.
Costruita su due binari paralleli della razionalità e dell’irrazionalità, la narrazione densa e fitta di colpi di scena, di domande e angosce, si dipana travolgendo il lettore e conducendolo ad un finale che è un pugno nello stomaco.
Ma “Ritorno a Santa Clara” è per me anche un romanzo del ritorno a casa: la maestosa villa dei Marquez è connotativamente capace di rappresentare le origini, le radici. E, infine, l’amore che è rentrèe definitivo.
A pagina 117 del libro si legge: “Ormai Santa Clara era distante solo pochi chilometri. Aurora sapeva già che presto le sarebbe apparsa la vecchia chiesa di San Miguel e il cartello che diceva Bienvenidos. Poi all’orizzonte avrebbe visto la vecchia casa sulla scogliera attorniata dal mare. Un altro ritorno a Santa Clara stava per consumarsi, non era il primo e forse non sarebbe stato neanche l’ultimo perché, come le diceva spesso Dolores, l’uomo è portato per sua natura a fuggire da ciò che conosce, a scoprire posti nuovi. Ma la vita è fatta di andate e ritorni e prima o poi si ci ritrova sempre a cercare la strada di casa”.
Ma la strada di questo rientro che la protagonista Aurora compie nella tenuta della nonna, ormai defunta, è disseminata di interrogativi, di segreti celati e poi dischiusi su porte che sembrano voragini che fanno dirupare il presente nel passato:
“I segreti, nipote mia – dice la nonna – sono come cristalli. Bisogna maneggiarli con cura, altrimenti rischi di romperli”.
“Ma quali segreti – si legge nell’opera – erano stati generati da quella casa che aumentava i deliri di chi vi aveva vissuto?”.
Al lettore il compito di cercarli in un percorso ricco di analessi (flashback) che l’autrice sa sapientemente architettare in un intreccio affabulante, dove “tranelli” per la mente razionale si celano dietro tende, tra i quadri della sala delle pitture, nei cassetti chiusi e tra corridoi abitati nelle notti oscure da ghigni e presenze che risuonano tra mura lucide e antiche e strisciano serpeggianti lungo i pavimenti: “Il passato è una voragine che si apre su un abisso oscuro, che spalanca le sue fauci per divorare tutto” (pag. 141).
Aurora, sentinella della memoria, proteggerà e occulterà segreti di famiglia sopiti e disvelati anche dopo anni, farà ricerche in una soffitta polverosa, altra voragine che metterà in contatto la vita presente con l’Altrove: “Aurora, non ti sporgere oltre il mondo dei morti”.
Ma la protagonista in questa potente macchina scenica, gestita sapientemente da Jessica Grifasi che – sebbene esordiente dimostra una matura abilità di scrittrice – sarà richiamata da qualcosa di ancestrale.
C’è una sorta di predestinazione nel richiamo che esercita ogni origine: Aurora lo sente e gli oggetti della casa rappresentano quell’eco viscerale che sembra anche condurre al faro, altro custode di forze aberranti e demoniche, ma nemmeno un viaggio avventuroso al suo interno porterà luce alla ragione, esausta e naufraga di se stessa.
Si disperde così la serenità giovanile in una spirale di sogni, richiami, mugugni e visioni spaventose e irrazionali.
In questo si misura la compiuta capacità dell’autrice di portare in superficie, attraverso gli oggetti rivelatori di segni, i sentimenti dei personaggi: “Il potere della suggestione che hanno le vecchie cose” è un elemento da non sottovalutare in questa trama molto imbrigliante, dove l’ordo naturalis è scalzato abilmente dall’anacronia.
Un segno tra tutti diventa forte indizio, simbolo dell’“Altrove” accanto al quale la protagonista camminerà per tutta la vicenda: la chiave, che ricorre spesso e che rincorre la protagonista. Aurora inspiegabilmente la ritroverà quando meno se l’aspetta.
Questo segno, che io colgo come interessante elemento di prolessi, in quanto si fa carico di anticipare l’excursus successivo, in tutto l’arco narrativo rimane in tensione ma non compiuto: non sembra esistere alcuna serratura capace di accoglierla. E’ forse la probabile rappresentazione metaforica del male e delle sciagure che si abbattono sulle teste degli uomini.
Quale toppa, dunque, accoglierà questa chiave?
E’ una domanda che il lettore dovrà risolvere da solo e – ritengo – alla fine del romanzo… è la chiave che io stessa metto nelle mani di chi sta leggendo questo pezzo, invitandolo – fin da subito – a leggere il libro di Jessica Grifasi per immergersi in una trama che non delude, che apre porte su dirupi che fanno scivolare la vita lungo il prepotente interrogativo legato alla fine dei nostri cari e di noi stessi.
Questo libro è un grimaldello: ci spostiamo lungo il solco del razionale e veniamo risucchiati dall’irrazionale: dove finiscono le nostre esistenze?
All’ineluttabile vita, all’ineluttabile morte e… all’inevitabile appartenenza a qualcuno che ci ha amato: non si va incontro all’ignoto da soli, ma accompagnati da chi ci ha profondamente tenuto nel cuore.
E non si rimane in questo mondo da soli fin quando ricordiamo chi è passato oltre quel muro.
“Nulla è terribile se lo si accetta” è una scritta che Aurora legge da qualche parte.
Ma è anche vero che nessuno di noi vuol essere dimenticato.
Siamo parte di una storia familiare che abbiamo attraversato e da cui ci siamo fatti attraversare.
Lasciatevi attraversare dal libro di Jessica Grifasi.
Serena Milisenna