Righi fuori schema
di Rocco Boccadamo
Piccoli sussulti insoliti arrivano a sgorgare, aventi al centro una donna, ancora nella stagione bella della vita, ossia a dire nella sua quinta decina di calendari, amorevolmente contenta e in certo qual modo, se non specialmente, appagata – in armonia con i cieli, le costellazioni, i sentimenti e le usanze all’epoca dominanti – per via di una squadra di sei figli partoriti in casa.
Carattere buono, mite, generoso, disponibile, giammai una parola di troppo o accenni d’insofferenza, che mamma, che dolcezza di madre!
Porte di casa sbarrate ai malanni, solo qualche dolore di schiena e, a tratti, fastidiose irritazioni alle mani.
Ciò, a causa dei tanti bucati, piccoli e grandi, fra sapone, lisciva e cenere per naturalissimi detergenti e sbiancanti, con l’ausilio di capienti tinozze fumanti d’acqua bollente e, poi, di braccia e di gomiti protesi su lignei “lavaturi”, nella pila lapidea appoggiata al muro del cortile.
Una mattina, all’improvviso, durante una breve pausa di solitaria tranquillità domestica, lei si trovò inopinatamente ad avvertire che qualcosa l’aveva aggredita, come se un subdolo mostro senza volto le fosse penetrato dentro.
In quei tempi lontani, quando l’esistenza era vestita di semplicità, i drammi, soprattutto se imprevisti, assumevano le sembianze di autentiche sciagure, lasciando attoniti gli animi di quanti rimanevano coinvolti o sfiorati.
E però, nella donna, prevalse, o per lo meno si palesò in prima linea, la serenità, l’accettazione del fatto nuovo, dell’incognito.
Fu l’occasione per l’ingresso, prima volta, nel presidio ospedaliero della zona, ai fini, diciamo così, di un sopralluogo, di una preliminare ricognizione sul corpo.
In tale luogo di cura, prestava da poco servizio un giovane infermiere, conosciuto di vista giacché originario di Castro, il quale, accanto alle capacità professionali, sembrava sprigionare una spiccata, evidentemente innata, disponibilità.
Trascorse poche ore, il ritorno a casa, l’attesa.
Di lì a poco, dovette purtroppo seguire un altro lungo tragitto d’incertezza e insieme di speranza, avente per oggetto l’espletamento di più cospicue attività di cura, finalizzate a porre rimedio al “brutto incontro” col mostro.
L’epilogo della vicenda occorsa alla giovane donna nell’estate della propria vita è stato, sfortunatamente, triste: difatti, sono cinquantaquattro anni che se n’è andata, sebbene, a dire il vero, per qualcuno sia ancora sempre vicina e presente.
Così che, il suo viso affettuoso si affaccia discreto e sorridente anche in ogni circostanza d’incontro, per strada, lungo la litoranea, di fronte al mare azzurro, con il giovane infermiere di tanto tempo fa, il quale ormai veleggia verso i novanta e, tuttavia, appare sempre fresco, disponibile e generoso d’animo: spontanea, la reazione d’indirizzargli un rosario di “grazie”.