IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Ricorre oggi la Pasqua Ortodossa. Auguri a tutti i nostri Amici Greci. Perché due date diverse?

Cesto di uova pasquali tradizione ortodossa

Cesto di uova pasquali tradizione ortodossa

Di Pompeo Maritati

Oggi nel mondo Ortodosso si festeggia la Pasqua, un’occasione questa  per fare gli Auguri a tutti i nostri Amici greci che seguono la nostra rivista, sia qui in Italia che in Grecia e perché no, anche in giro per il mondo. Ho ritenuto interessante approfittare della circostanza per illustrare i motivi per cui tra Cattolici Romani e Ortodossi si abbia una diversa calendarizzazione della Pasqua.

Il metodo utilizzato per il calcolo della Pasqua ortodossa segue l’antico calendario giuliano pur restando in uso il calendario gregoriano per tutti gli scopi civili. 

La differenza fondamentale tra i due calendari è che il calendario giuliano, più antico, è spostato indietro di 13 giorni rispetto al gregoriano.

Giulio Cesare nel 46 a.C. si rese conto che il calendario di Numa Pompilio creava non pochi problemi. Era composto da soli 355 giorni, motivo per cui  ogni due anni si era costretti ad aggiungere un tredicesimo mese della durata alternativa di 22 o 23 giorni. Possiamo facilmente immaginare che confusione si creava tra la popolazione.

Sosigene, scienziato e astronomo consigliò di  introdurre un calendario che da lui prese il nome. 12 mesi e 365 giorni, da aggiungere un giorno  ogni 4 anni (avemmo così l’anno bisestile) portando la media dei giorni per anno a 365 e 6 ore.

Pertanto fu determinato che la Terra impiega 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi per fare un giro intorno al Sole e una media di 356 giorni e 6 ore significa un’approssimazione per eccesso di 11 minuti e 14 secondi. Solo che 16 secoli dopo si erano accumulati  10 giorni abbondanti, determinando una differenza tra anno civile e solare, sfasando tutto il ciclo delle stagioni.

Tutto ciò fece in modo di far maturare a Papa Gregorio XIII nel 1582 la convinzione di rimettere ordine con un nuovo calendario.

Le caratteristiche del calendario gregoriano sono lo spostamento delle date – il giorno successivo a giovedì 4 ottobre 1582 fu venerdì 15 ottobre 1582, con l’introduzione di una piccola aggiuntiva alla formula del bisestile: ogni 4 anni c’è un bisestile, cioè un anno con il 29 febbraio e quindi un giorno in più, ma non in quegli anni divisibili per cento, a meno che non siano divisibili anche per quattrocento.

Quindi il 2000 è stato bisestile, ma il 2100 non lo sarà. In questo modo, ogni 400 anni si hanno 97 anni bisestili invece di 100. Infatti gli anni di scarto tra il vecchio giuliano, cui la tradizione ortodossa è ancora legata, e il nuovo gregoriano, oggi sono arrivati a 13 (10 erano alla riforma, poi si sono aggiunti i bisestili del 1700, 1800, 1900 che sono divisibili per 100 ma non anche per 400) e nel 2100 saliranno a 14.

Nel contempo, grazie alla migliore approssimazione (solo 26 secondi di differenza all’anno), il calendario gregoriano genera un giorno di sfasamento solo una volta ogni 3 mila anni.

I 13 giorni di differenza tra i due calendari fanno sballare tutti i computi dei cicli lunari. Esempio – quest’anno il primo plenilunio di primavera per noi è stato quello del 28 marzo, ma per gli ortodossi quello non andava bene per calcolare la Pasqua perché per loro risultava prima dell’equinozio per via dei 13 giorni di sfasamento.

Quindi hanno dovuto prendere in considerazione il plenilunio successivo, quello del 27 aprile, che per altro è un martedì, e quindi dovranno aspettare fino alla domenica 2 maggio.

Nel 2017 invece il plenilunio dell’11 aprile per entrambi non cadeva di domenica né risultava prima dell’equinozio per cui la domenica successiva, il 16 aprile, fu Pasqua sia per cristiani che ortodossi.

Il paradosso che s’intravede in questo farraginoso calcolo è che per entrambi le correnti religiosi appartenenti al Cristianesimo si festeggia la resurrezione di Cristo in date diverse.

Comunque è da non poco tempo, già con Papa Giovanni XXIII è iniziato un processo di riavvicinamento in modo da far coincidere nella stessa giornata di domenica la festività pasquale.

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