REGREDIOR di Giovanni Testori una produzione del Teatro Out Off al Teatro Out Off di Milano dal 9 marzo a 2 aprile
di Serena Rossi
Tratto dal romanzo “teatrato” del 1992 Regredior rimasto a lungo inedito e mai rappresentato in scena e finito solo nella camera di ospedale prima di morire dall’autore.
Bellissima opera sull’ultimo degli ultimi, Torquato, un homeless e un po’ tocco che parla da solo, un soliloquio, a volte si rivolge alla madre morta e sepolta al campo santo, riflette sulla vita, sulle ingiustizie subite, sulle violenze subite, spesso a sfondo sessuale tutto con l’ingenuità del bambino innocente.
Mi ha molto colpito il continuo discorso sulla sessualità sua e degli altri in un continuo senza pudore, un discorso da bambino senza la minima pudicizia.
Torquato dichiara di amare leccare la pissa. Come dice lui, pissa, la piscia, la pipì, perché parla in milanese.
Torquato ha questa perversione e la vive come una normale cadenza umana, lui vive dalle parti della Cattedrale del Duomo di Milano e nel finale viene ucciso da una banda di brutti ceffi che gli spara dei colpi di pistola diritti al petto.
Durante il bel monologo in milanese ben interpretato dall’attore Roberto Trifirò, che ha una bella e potente presenza scenica, si vede sullo sfondo una scenografia contemporanea minimalista degna di un premio internazionale.
La grande stanza è ricoperta di plastica trasparente opaca sia sulle pareti che sul pavimento, a terra sparsi si trovano calcinacci e tozzi di pane secco imbevuto di acqua, una vecchia pentola, una seggiolina a sinistra della sala e una grande panca inginocchiatoio sulla destra e al centro della scena dal soffitto pende una grande croce di legni vecchi e una vecchia corda con un legno che le fa da contrappeso.
Sono pochi elementi che nell’insieme rendono la povertà razionale del personaggio e la sua pochezza d’intelletto. Una meraviglia di codici e di significati in pochi elementi, geniale.
Come sempre sono uscita da questo storico e innovativo teatro milanese dopo aver visto un’opera teatrale belle e riuscita, recitata con sapienza.
Giovanni testori fu scrittore, drammaturgo, pittore, critico d’arte, poeta, regista, attore: difficile definire in una parola Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento. Nato a Novate Milanese il 12 maggio 1923 già a 17 anni collaborava ad alcune riviste del GUF con articoli di critica d’arte. Dal 1952 diviene allievo prediletto di Roberto Longhi e pubblica celebri scritti sull’arte del Cinque-Sei-Settecento lombardo-piemontese. Del 1954 è la sua prima opera di narrativa: Il dio di Roserio.
Seguirà poi il ciclo de “I Segreti di Milano” e il primo esordio come drammaturgo al Piccolo Teatro di Milano, con La Maria Brasca nel 1960. Gli anni Sessanta sono segnati dal sodalizio con Luchino Visconti e Testori raggiunge la notorietà presso il grande pubblico. Con Franco Parenti, a partire dal 1972, porta in scena la “Trilogia degli Scarrozzanti”, dando vita, con Andrèe Ruth Shammah al Salone Pier Lombardo. Nel 1977, la morte della madre dà inizio a una nuova fase della vita dello scrittore, segnata dal monologo Conversazione con la morte e dalla collaborazione con il Teatro dell’Arca di Forlì. Gli anni Ottanta sono invece nel segno di Franco Branciaroli e del Teatro degli Incamminati, da lui fondato con Emanuele Banterle. Erano gli anni in cui si andava intensificando la sua attività di critico militante, rivolta a molti giovani talenti che devono a lui la notorietà.
Dalla metà degli anni Settanta, Testori aveva preso il posto di Pasolini come commentatore in prima pagina del “Corriere” e dal 1978 diviene responsabile della pagina artistica. Dopo tre anni di malattia, Testori muore il 16 marzo 1993, quando oltre 800 articoli si erano andati ad affiancare ai suoi celebri drammi, romanzi e studi critici.