IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Recensione di Marisa Cecchetti al libro di Pompeo Maritati “Favole del terzo millennio”

FAVOLE DEL TERZO MILLENNIO LIBRO

Le favole sono da sempre il luogo della fantasia, della magia, un mondo dove tutto è diverso dai nostri riferimenti quotidiani, quelli che ci propinano una realtà sempre più deludente, preoccupante, e sottraggono spazio alla speranza.

Con la parola favole veniamo catapultati al tempo della scuola, ai nomi di Esopo e di Fedro: come favola intendiamo un breve racconto che in genere ha per protagonisti degli animali e si conclude con una morale. Diversa è la fiaba che si sviluppa secondo determinate funzioni che ritornano sempre.

Proprio la mancanza di capacità di rifugiarsi nella fantasia e nella immaginazione, è ciò che rileva e condanna Pompeo Maritati nella raccolta di Favole del terzo millennio, riconoscendo all’uomo di oggi la miopia di pensieri banali, “una miopia che non potrai correggere con nulla, in quanto sarà il tuo cuore che avrà cessato di comunicare col tuo cervello, perdendo il dono più bello che la vita ti ha fatto: la fantasia”.

Compaiono in queste favole elementi che sono alla base della nostra formazione culturale, quelli che si affiancano da sempre a tutte le nostre   conoscenze: può essere Giove che scende dall’Olimpo e compare in un ipermercato – visto che ormai nessuno lo cerca più -, possono essere le Sirene che appaiono a un pastorello dell’Arcadia, o uno gnomo che arriva a raccontare i segreti nascosti del mondo. Può essere un cane o il Sole stesso, arrabbiato con gli uomini, che decide di scomparire e di lasciare tutti al buio.

L’autore recupera la funzione moralistica della favola, la dilata, estendendo il suo sguardo su questa umanità che ha perso linee etiche di comportamento, dove fanno da padroni l’interesse personale, il guadagno a ogni costo, la corruzione, lo sfruttamento dei più deboli, la politica fatta da persone non più volte a tutelare il Paese ma se stesse e i propri preferiti, la forbice che si allarga sempre più tra pochi ricchi e una marea di poveri, lo spreco delle risorse e dei soldi, il consumismo esasperato e inutile che cancella la bellezza dei riti. E soprattutto le guerre che nessuno riesce a fermare – o vuole fermare – visti gli enormi interessi economici che contengono, del resto “Il concetto di distruzione è insito nel nostro modo di essere e di concepire la vita”, scrive Pompeo Maritati.

Tutto questo avviene in un ripetersi automatico dei comportamenti, in una indifferenza che non è più la divina indifferenza montaliana, né la indifferenza della Natura nel dialogo leopardiano, bensì la totale indifferenza dell’uomo di fronte agli altri uomini e ai problemi della società.

Le favole presentano un mondo che appare sempre più senza speranza man mano che si scorrono le pagine, la salvezza è lasciata alla iniziativa individuale – la musica e la magia del mondo greco per Pompeo Maritati.  L’umanità è così decaduta che anche il Paradiso è quasi vuoto: “in Paradiso sono pochi e si annoiano”.

Un’ironia amara attraversa le pagine, talora si scoprono ipotesi surreali – quando il sole decide di scomparire – che attraversano la mente dei governanti per risolvere il problema energetico sempre e assolutamente a vantaggio dei più potenti: una soluzione macabra – il riciclo dei cadaveri per combustione – che risolverebbe anche il problema del sovraffollamento del pianeta. Qualcuno ci ha già pensato il secolo scorso e ci continuano a pensare le guerre!

Il degrado della nostra umanità è così profondo che l’uomo ha perso il senso dell’Eterno, del Tempo che scorre e ci sottrae i giorni, mentre sprechiamo la vita che nell’eternità è solo uno schizzo. Allora l’autore affida la descrizione di questo momento storico ai posteri, in un tempo molto lontano, quando l’oggi che stiamo vivendo apparirà una leggenda: nella Leggenda del degrado del mondo troviamo infatti una radiografia impietosa della nostra società, e solo l’averla ridotta a leggenda evita che si trasformi in un lamento funebre.  Contiene allo stesso tempo, infatti, la fiducia che un giorno tutto possa davvero diventare più equo, più umano, che possa esistere il paese della fantasia: che il Felicistan non rimanga un’utopia.

Favole del Terzo millennio di Pompeo Maritati
Favole del Terzo millennio di Pompeo Maritati

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