“Racconti attorno al Mediterraneo e anche oltre” un libro di Vincenzo Fiaschitello – Avola Libreria Editrice Urso, 2017
Domenico Gilio
Con Racconti attorno al Mediterraneo e anche oltre, Vincenzo Fiaschitello è alla sua seconda opera letteraria in prosa. Il suo cuore pulsa con il ritmo del Mare, i cui Popoli hanno dato vita alla Civiltà Occidentale. Esperto pedagogista, irrompe nella realtà per viverla e indagarla dagli aspetti positivi a quelli più negativi e drammatici.
I racconti e le tavole tematiche sulle espressioni tipiche del dialetto siciliano, ben costruiti nella trama, nello sviluppo delle azioni e dei dialoghi, richiamano l’attenzione sulle dinamiche e sulle circostanze in cui scattano conflitti sociali a vari livelli; indagano le radici profonde, insondabili della vita, dove bene e male, religione e violenza, realtà e illusione, formano un tutt’uno inestricabile.
Coesistono tenerezza e ferocia, gesti virtuosi e azioni malvagie che, in assenza di giustizia, penalizzano gli innocenti, i deboli e i meno agguerriti. Si scoprono così luoghi noti e meno noti; fatti veri e verosimili; personaggi colti nel bisogno di autoaffermazione.
La parola scritta si pone come strumento di mediazione per acquisire consapevolezza delle tensioni e affrontarle, nell’impellente bisogno di rassicurazione nel rapporto con il mondo. Ecco allora che alcuni personaggi ricorrono all’occulto, alla magia, al sovrannaturale per svelare i misteri della vita.
Già dal primo racconto si avverte in filigrana la trama unitaria dell’opera. Il protagonista è preso da una fede religiosa tesa continuamente alla ricerca. Non può essere diversamente, in coerenza con i dubbi sui principi fondanti della fede e con la realtà narrata in tutta l’opera, fatta di tensioni e di lotte, che portano fino al gradino più alto della guerra.
Per evitare ciò, ognuno deve uscire –imperativo categorico- dai limiti dell’io, per tendere alla verità e scoprire il senso di Dio, che non appartiene ai singoli popoli, ma alla umanità intera.
Però l’ambiente pone dei limiti. Si può essere vittima e carnefice, come per una maledizione derivante dal peccato originale, diviso tra mafia e religione, tra violenza e detenzione, senza aver potuto esercitare una propria scelta. Si compiono atti criminosi, pur coscienti di esercitare violenza e, solo dopo aver scontato la pena, ci si accorge che tutto gira intorno al principio del libero arbitrio e si è portati a riconoscere la libertà e la dignità dell’altro.
Nessun alibi può giustificare chi crede che Dio possa essere tirato per la giacchetta. Tanto meno può accadere che popoli della stessa fedesi facciano guerra e si uccidono e ciascuno prega Dio per avere la vittoria.
Ci sono racconti che inducono alla fratellanza. Secondo la leggenda della V crociata, il primo esempio lo dà San Francesco che propone la liberazione dalla condanna a morte di un umile musulmano al posto di un principe cristiano. Lo scrittore, con metafora riferita agli alberi, dice delle religioni: di tanto in tanto occorre sfrondarle, tagliare i rami secchi, inutili e attendere che dalle gemme dei nuovi rami spuntino i fiori”.
La storia umana non ha ancora realizzato questa profezia. Anzi è piuttosto un labirinto, in cui è facile perdersi. Una commedia bifronte, ambigua, che si riproduce invariata in ogni tempo, tra la pietà degli umili e il cinismo dei potenti.
L’albagia, il disprezzo degli altri e il ridurre a banalità tutto ciò che ci circonda fanno dire al barone Tranchina, mentre assiste alla battaglia dei Garibaldini a Calatafimi, come davanti a una messa in scena comica,: Chisti currunu currunu, ma nun mi pari ca s’ammazzunu e comunque sempri ca a na veniri
Se il dominio dell’avere prevale sull’essere, a vincere è l’avidità e, con questa, la violenza che crea conflitti e porta alla guerra e a una condizione più precaria della vita.
Contro l’indifferenza e il disprezzo verso gli esseri, si leva il lamento diMonserrat: la caducità non è solo parte della natura, ma è provocata e accelerata dall’uomo, quando questo si vota al male, quando uccide senza ragione gli animali, quando distrugge con il fuoco i boschi…quando inquina l’aria e la terra, quando fa inutilmente soffrire i suoi simili. L’implorazione della sua mamma Josefina: lavava i panni e, catturando l’acqua del fiume, si scusava perché turbava la sua bellezza. Sulla pietra arrotondata sbatteva i panni e si scusava per quel logoramento. E il grido di Joaquin, la cui anima non ha confini, ma naviga il mare.
Nella categoria del rispetto per la bellezza della natura rientrano le parole: ma non raccolsero fiori. Come per una silenziosa intesa, si limitarono a guardarli, perché non volevano spezzare il loro stelo e farli soffrire.
Va alle classi umili la simpatia di Fiaschitello; in loro ripone la speranza di salvezza. La gente semplice, dedita al bene, non cerca gloria, tanto meno l’onore degli altari, ma è tenace e mantiene legami profondi con la vita, anche se poi nella lotta con i potenti è destinata a soccombere. E’ questa una riflessione amara sulla condizione di tristezza dell’uomo.
In questa realtà abitata da demoni e da angeli, Fiaschitello condivide la scelta di Clara che vede nell’uomo un qualcosa di sacro che gli fa sperare sempre di ricevere del bene e non del male. E’ l’unica risposta possibile, per alimentare la speranza.
Nella seconda parte abbiamo ritratti dell’ambiente della Sicilia: la cultura, le caratteristiche peculiari, le idiosincrasie, i pregi e i difetti. I titoli sono un concentrato di saggezza, con valore di ammonimenti, di massime e di proverbi. Nel dipingere questi acquerelli di costume, l’Autore un po’ ne soffre e un po’ si compiace.
Descrive con umorismo le azioni grottesche in cui sfocia la rivalità tra due fazioni dello stesso paese, Alla domanda: Runni vieni?, la risposta disarmante è: Viegnu ri nu paisieddu unni l’acqua si cerni cu lu crivu. Divertente è il dileggio tra ragazzi di diversa estrazione sociale: Sceccu trasi e sceccu esci e la risposta: Pretini, sempre chini.
Al lettore il piacere di scoprire le numerose situazioni, tra contraddizioni e inganni, che quest’opera offre, per guardare il mondo con occhi disincantati; ma anche per innamorarsi ancora e di più dell’avventura del vivere.