Raccontare la psicologia. L’apprendimento da modello
di Maurizio Mazzotta
Purtroppo devo partire da cose che si sanno per arrivare a dire qualcosa che forse ci sfugge
Apprendere vuol dire modificare particolari processi psicologici e forme di comportamento in maniera più o meno stabile. Ciò avviene quando aggiungiamo nuove capacità, abilità o conoscenze a quelle che già possediamo; oppure quando lasciamo “morire” una abilità perché non la esercitiamo più o dimentichiamo delle conoscenze che non ci servono; o ancora se modifichiamo, per esempio con l’allenamento, la frequenza, la durata di una abilità già presente o approfondiamo, studiando, la conoscenza di un argomento.
Il processo dell’apprendere è neutro da un punto di vista etico; ciò che impariamo può essere “buono”, cioè socialmente accettabile, come imparare a chiedere gentilmente in prestito qualcosa e può essere “cattivo”, socialmente inaccettabile, come imparare ad appropriarsi di nascosto di qualcosa.
In una visione semplificata ma precisa di ciò che si apprende si può dire che oggetto di apprendimento sono i comportamenti emotivi e sociali: ossia apprendiamo ad esprimere le emozioni e a rapportarci con gli altri; sono le abilità motorie semplici e meno semplici, quali per esempio, il camminare, il nuotare, il guidare l’automobile e tutto ciò che ci viene in mente che implica movimento; sono le conoscenze, tutto ciò che sappiamo, che ricordiamo, che utilizziamo operando. In sostanza ogni cosa: un’espressione linguistica, l’uso di uno strumento, un concetto, una reazione emotiva, un contenuto semplice o complesso che sia; processi conoscitivi importanti come la capacità di analizzare i fatti; l’entusiasmo verso il proprio lavoro, l’attenzione verso gli altri, la fiducia nelle capacità degli altri, l’onestà.
L’apprendimento è un processo che si attua in una situazione relazionale: genitore-figlio, docente-discente, adulto-giovane; tra amici; leggendo, osservando, ascoltando quello che dicono e fanno gli altri; in una relazione diretta o indiretta con l’ambiente che ci circonda. La trasmissione di conoscenze e abilità può avvenire con ogni linguaggio, parole, gesti, mimica, azioni; questa trasmissione di conoscenze può essere sia meditata e premeditata, volontaria e deliberata e può essere pure al contrario involontaria e inconsapevole. Dunque l’apprendimento non è prerogativa dell’intervento intenzionale di docenti e genitori, può avvenire che apprendiamo da chiunque anche se a questo “chiunque” non importa nulla di ciò che ci succede.
Non c’è dubbio che nell’era dei mass media la continua e frenetica acquisizione di messaggi provenienti dal mondo esterno determina in modo rilevante il nostro comportamento. Tutti gli stimoli provenienti da persone, oggetti, avvenimenti con i quali il soggetto viene in contatto provocano apprendimento. Quanto contribuiscono dunque alla formazione dei giovani e dei meno giovani gli stimoli dei mass media? L’attenzione verso gli stimoli è giustificata dal fatto che una delle modalità d’apprendimento (la prima a sollecitare la nostra giovanissmia età, la più diffusa ossia tutte le età, una delle più importanti) è l’apprendimento per osservazione oppure come viene definita “da modello” (“modeling”): il nostro comportamento viene influenzato dai modelli che ci sollecitano. Occorre più che mai soffermarsi a riflettere su questo tipo di apprendimento, per il quale occorre, in genere, che ci sia un modello che abbia determinate caratteristiche, come per esempio uno status elevato, che il rapporto tra il modello e chi apprende sia significativo, e che il comportamento imitato abbia conseguenze gratificanti.
Numerosi ricercatori hanno effettuato indagini su questa modalità di apprendimento e tutti sono fondamentalmente d’accordo che è un apprendimento inconsapevole: il soggetto ripete, anche senza capirne il significato, un comportamento agito da altri, di qualunque tipo: cognitivo, affettivo, relazionale, motorio. Questo apprendimento avviene senza la volontà non solo di chi apprende, ma anche del soggetto-modello, a meno che il modello non sia gestito per esempio dalla pubblicità o comunque da organizzazioni -come la propaganda, la moda- che falsificano ad arte i loro modelli per fini diversi da quelli che presentano mentre l’intenzione reta quella di modificare i comportamenti delle persone e condizionarne le scelte.
La forza dell’apprendimento da modello fa riflettere perché coinvolge tutti. Sappiamo che questo tipo di apprendimento si realizza ovunque: a scuola, in azienda, nei gruppi sociali allargati. Quando chi è responsabile di un gruppo possiede un elevato grado di professionalità e di prestigio, un carisma personale, possiamo considerare positivo se egli viene assunto come modello. Quando il capo di un gruppo, di un organismo, di un partito è un pessimo capo, ci dobbiamo preoccupare non solo per il presente, anche per il futuro. Perché anche un pessimo capo può porsi come modello per i suoi seguaci e in questo senso un pessimo capo si proietta nel futuro.
Più entusiasmante è la situazione in cui – senza volerlo – si scambia il ruolo di “modello”. L’influenza reciproca è tale che viene da chiederci: quanto di mio c’è nel comportamento dell’altro e quanto dell’altro c’è nel mio comportamento? Nell’analisi dei comportamenti di una coppia di persone che vivono insieme, potrebbe essere utile individuare l’origine, per esempio, dei comportamenti dei due partner. Spesso marito e moglie ci sembrano simili: lo erano prima di mettersi insieme (come sostiene un proverbio) o piuttosto è stato un processo di “modeling” che li ha uniformati? Se per esempio, si scopre che entrambi “si sono scambiati” modi di fare e di dire, si può concludere senza dubbio che la loro relazione è intensa: in sostanza possono litigare quanto vogliono, ma è certo che si vogliono un mondo di bene. E allora bisogna dar loro questa consapevolezza e allenarli alla tolleranza. Il processo di apprendimento da modello, pur con tutte le preoccupazioni che ci dà, si rivela come un fenomeno che ci parla di transiti autentici e sinceri che avvengono tra due che si amano.
Per consultare il precedente argomento: La leadership