Quattro poesie di Vincenzo Fiaschitello tratte dal libro “Alta è la luna calante” Poesie inedite (2012-2022), in preparazione
L’eternità del Tempo
Eventi scagliosi che la vita induriscono,
eterni essenti che, il Tutto presidiando,
occultano all’ombra della necessità
il nostro itinerario cieco e luminoso,
arduo e affannoso, sempre inquieto
e sospeso tra mutevolezza ed essere.
Libero dalla cenere del sogno
ti volgi verso la colonna del destino:
da quella altezza abiti la tua solitudine
e scopri nella totalità del Tempo,
l’identità che non è più nel tempo,
la coscienza che chiude in sé
come pellicola in una bobina
tutti i ricordi della vita, i fotogrammi,
eventi inestinguibili di un passato
che non può essere nulla.
Ansia ebbi dal mite mattino
Ansia ebbi dal mite mattino
che fabbricava pallida luce
venata di rosso sopra incerte
nuvole confuse. Liquido
scivola il mondo come il denaro
sulle cose mutevoli e le nostre
menti ottuse non trovano porto
che le ripari dalla irrequietezza.
Cercano stabilità e fermezza
per sottrarsi all’imprevedibile
e nel mare agitato affondano
e riemergono sempre diverse.
Tra l’oscura luce del mutamento
per un attimo si arresta il mio
stupore colmo di orrore,
poi il pensiero, quasi una religione,
il cuore mi inonda e illumina l’enigma.
Sto con il cuore folto di pena
Sto con il cuore folto di pena:
la luce, che la sera dolcemente
attenua, sul ritratto della tua
giovinezza antica piove,
ora che in silenzio tremando
si è ritratta. Quanta fanciullezza
porto dentro di me, mia leggenda
fiorita come l’acanto di un romano
capitello, quando leggo ancora
nei tuoi occhi innocentemente
ardenti il riflesso del divenire
delle cose che mi balza innanzi
in perpetua lotta contro il niente;
quando ho cura dei miei sogni,
pur se foglie staccate dal ramo
che un soffio di vento d’autunno
fa volar lontano.
Venerando albero
Verdevena, che fin qui quietamente
hai contenuto linfa della specie,
d’improvviso ti scopri esitante,
debole e sgomenta nell’ampio vaso
del corpo che lungamente hai percorso.
Venerando albero, ai tuoi piedi
portavi inciso su un cippo un’antica data,
abisso di un tempo lontano, nessuno più
leggerà i cerchi della tua vita celati
nell’intimità del tuo tronco.
Saliva il giorno, ma già la sera sortiva
silenziosamente da profondità misteriose.
Tutto è, come tutto è! Ogni cosa legata
al suo contrario necessariamente.
Oscura creatura, per te nessuna sofferenza,
la natura con la sua sapienza ha sguardi
solo per l’innocente essenza, che vive
e vivrà senza curarsi dello spasimo del singolo.
Serve sapere che tu sapevi e forse non sapevi?