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Presentazione a Lisbona del libro “Da Oria a Lisbona Giovanni Battista Carbone”

locandina-16nov2022-Carbone

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Pochi mesi fa, è stato pubblicato dalla SSPP di Lecce, il volume Da Oria a Lisbona. Giovanni Battista Carbone S.J. (1694-1750) astronomo e diplomatico alla corte dei Braganza, di Ennio De Simone, Francesco Frisullo e Paolo Vincenti, Società Storia Patria sezione di Lecce, Giorgiani Editore (2022).

Una figura davvero interessante di un salentino illustre del passato, sottratto dai ricercatori in parola alle nebbie dell’oblio. Carbone infatti era prima d’ora poco o punto conosciuto perfino nela sua stessa città natale, Oria. 

Giovanni Battista Carbone nasce a Oria il 2 settembre1694. Fa il suo ingresso in Compagnia di Gesù a Napoli nel 1709 e si muove tra i Collegi di Chieti (1712-1714), Lecce (1717-1719) e Roma, da dove nel 1722 insieme a Domenico Capacci approderà a Lisbona per eseguire dei calcoli astronomici funzionali alla ridefinizione dei confini    del Brasile, che porteranno al Trattato dei Confini tra Spagna e Portogallo nel 1750. Insieme al suo collega Domenico Capacci, ha condotto osservazioni precise, per esempio sui satelliti di Giove (1724), su varie eclissi lunari (1724), pubblicandone i risultati su Philosophical Transaction della londinese Royal Society, oltre che negli Acta Eruditorum di Lipsia e nell’Histoire de l’Academie Royale des Sciences di Parigi, in cui pubblicavano i più eminenti astronomi suoi contemporanei come Bianchini, Maraldi, J. Cassini, J.N. Delisle, E. Halley, J. Bradley. Già prima di arrivare in Portogallo, conobbe personalmente Francesco Bianchini con cui rimase in relazione epistolare nei primi anni lusitani. Grazie alle sue conoscenze astronomiche divenne il 6 novembre 1729 membro della Royal Society. Per diversi anni è stato precettore del  principe Giuseppe e dell’ Infanta Maria Barbara (poi moglie di Ferdinando VI di Spagna). Nel 1745, Giovanni V, che riponeva in lui grande fiducia, lo volle come suo segretario e a lui il sovrano demandava il compito di curare i rapporti con Roma.

Carbone divenne il fedele esecutore dei voleri del Sovrano, il quale aspirava a porre il Portogallo sullo stesso piano politico diplomatico e culturale delle altre potenze europee facendo di Lisbona la “Nova Roma”, grazie anche agli interventi di svariati artisti italiani tra cui Vanvitelli. Molte le opere a cui sovraintese Carbone, fra le quali va ricordata la realizzazione della cappella reale di San Giovanni nella Chiesa di san Rocco e la riorganizzazione della biblioteca della Ajuda, arricchendone il patrimonio librario in modo che i ricercatori potessero consultare la letteratura scientifica insieme agli strumenti appropriati. Nelle sue funzioni, il gesuita intrattenne rapporti epistolari anche con papa Benedetto XIV, che si avvaleva dei suoi servigi su delicate questioni curiali e non solo. Ancora più significativo fu il rapporto epistolare con  Sebastião José de Carvalho e Melo, futuro Marchese di Pombal, che  professa riconoscenza al gesuita per l’avvio della sua carriera diplomatica. Carbone fu nominato rettore del Collegio di Sant’Antonio di Lisbona nel 1749 ad un anno dalla morte (5/aprile/1750).

L’operato di Carbone, “la nostra Eminenza grigia”, come lo definisce lo storico portoghese Eduardo Brazão, emerge spesso nella pubblicistica della seconda metà del Settecento; molti dei protagonisti della campagna antigesuitica furono in relazione con il religioso oritano. Il prestigio e l’autorevolezza di Carbone a corte furono riconosciuti anche dai diplomatici stranieri che operavano a Lisbona. Il re volle premiare l’oritano, che già  si fregiava  del titolo di “matematico reale”,  con la  candidatura al cardinalato, che Papa Benedetto XIV tuttavia non assecondò. Lo stesso pontefice nella sua corrispondenza sulla figura del gesuita così si esprime: “Padre Carboni, gesuita, padrone assoluto del Re e della Corona”, mentre con una nota antigesuitca  un anonimo cronachista francese scrive di lui nel 1745: Il Portogallo e le Indiesono attualmente governate dal loro padre Carboni, primo e unico ministro della Corte di Lisbona”. La notizia della morte di padre Carbone (5/aprile/1750) trovò vasta eco nella stampa dell’epoca. Fernando António da Costa de Barboza, nel suo Elogio funebre do Padre João Baptista Carbone da Companhia de Jesus Lisboa (1751), encomiasticamente così lo ricorda: “Fu così grande in tutti gli affari politici che gli erano destinati, che nella sorveglianza sembra un Argo dai cento occhi, e nel capire un Briareo dalle cento mani”.

Il libro è stato presentato ufficialmente nel luglio scorso nella cornice del Parco Montalbano, ad Oria, con gli interventi del prof. Mario Spedicato, Presidente della SSPP sezione di Lecce, del Sindaco di Oria, Maria Carone, di AnnaMaria Andriani, Presidente dell’Istituto Storia del Risorgimento di Brindisi, e degli stessi autori autori del libro, che ne hanno illustrato il contenuto.

PREFAZIONE di MARIO SPEDICATO

La scelta di disseppellire dall’oblio della storia personaggi salentini di riconosciuto prestigio scientifico, ma troppo frettolosamente dimenticati, ci ha spinto a fermare l’attenzione su un gesuita originario di Oria, Giovan Battista Carbone, distintosi nel primo Settecento nel campo delle più avanzate ricerche astronomiche e matematiche e nel disbrigo di delicati affari politici presso la corte lusitana. Il Carbone è noto agli ambienti accademici europei ed è stato accuratamente esplorato dalla storiografia portoghese, che anche in tempi recenti ha destinato non pochi studi specialistici, recuperando e analizzando la sua “missione” più per il servizio diplomatico fornito alla corona lusitana e molto meno invece per il contributo assicurato alla scienza astronomica. In Italia e in modo particolare nel Meridione non ha avuto molta fortuna, oscurato, tranne occasionali e stringate segnalazioni, persino dagli storici del suo Ordine religioso. Sorprende anche che neppure il paese che gli ha dato i natali abbia cercato di tenere viva la sua memoria, se di lui sono rimaste labili tracce nella promozione degli studi locali. Nessuna mirata iniziativa scientifica è stata elaborata e realizzata nei quasi tre secoli che ci separano dalla sua morte. Il ricordo cittadino di questo uomo illustre è rimasto appeso all’intitolazione di una via, senza neppure fare chiarezza sulla circolazione del suo vero nome, Antonio all’anagrafe parrocchiale e Giovan Battista a quella della professione religiosa. Una desolante annotazione che non merita ulteriori commenti.  

Ci è parso a questo punto opportuno smuovere le acque e fare qualcosa di utile per attribuire al Carbone il posto che merita anche nella storiografia salentina. Da qui la programmazione di un’indagine storico-archivistica-bibliografica per una prima messa a punto della sua attività di scienziato e di consulente di fiducia del sovrano portoghese Giovanni V di Braganza. Abbiamo affidato questo compito a tre ricercatori di solida esperienza e di accertata fiducia: i temi di natura astronomica sono stati trattati da Ennio De Simone, storico della scienza di indubbio e riconosciuto spessore, mentre quelli politico-diplomatici affidati a Paolo Vincenti e Francesco Frisullo, studiosi che si sono distinti per gli interessi coltivati e portati a termine in questi ultimi anni sul filone gesuitico salentino.

Giovan Battista Carbone è riapparso nelle sue potenzialità di studio proprio all’interno di questo ambizioso programma di ricerca, quello appunto di censire e di studiare i gesuiti salentini che hanno dato lustro non solo all’Ordine di appartenenza, ma anche alla scienza e, in genere, alle arti e alla diplomazia. Il gesuita oritano è un personaggio che riassume in maniera piuttosto larga questi requisiti.

Distintosi inizialmente per le innovative ricerche astronomiche e per la risonanza che queste ebbero nella cultura europea, trovò subito il favore del sovrano lusitano, che oltre ad apprezzare le sue competenze scientifiche gli riconobbe qualità raffinate nel settore degli affari di Stato, chiamandolo a corte e affidandogli delicati compiti diplomatici. Carbone non tradì la fiducia del sovrano se riuscì a portare a soluzione problemi irrisolti relativi ai confini coloniali nelle Americhe meridionali e altri di natura di politica interna ed estera (soprattutto i rapporti con la Santa Sede), che si erano aggrovigliati senza poter ricevere un rapido ed adeguato accomodamento. Il gesuita salentino ebbe un non trascurabile ruolo anche nel togliere dall’anonimato e nel far emergere nella conduzione degli affari di Stato il marchese di Pombal, che dopo la sua morte divenne il protagonista assoluto della politica portoghese. Il Pombal, come è noto, fu il primo che dette il via alla dispersione della famiglia di Sant’Ignazio, seguito da altri governanti dell’Europa cattolica, fino alla decisione finale di Papa Clemente XIV che con la bolla Dominus ac Redemptor del 1773 decise di sopprimere l’Ordine dalla geografia ecclesiastica.

Appare paradossale che un uomo formatosi sotto la guida di un gesuita si sia rivelato, da lì a pochi anni, come il più ostinato oppositore degli ignaziani, decretando la loro espulsione dal regno lusitano perché considerati acerrimi nemici dello Stato e perturbatori della quiete pubblica. Su questo contrappasso la ricerca dovrà ancora fornire analisi e approdi euristici meno provvisori di quelli finora conseguiti. Tra tutte una questione appare ineludibile e attende più di altre di avere risposte adeguate in sede storiografica: è certo che il Carbone per i suoi uffici espletati a corte venga percepito negli ambienti di governo come “un gesuita di nome”, non strettamente identificabile con l’Ordine religioso di appartenenza, ma a tutti gli effetti un uomo di Stato, un diplomatico al servizio esclusivo della corona lusitana.

Questo sfumato riferimento alla sua professione in sacris può aver oscurato fino a danneggiare la famiglia ignaziana? Oppure proprio la sua riconosciuta (ma non apprezzata) identità religiosa ha potuto scatenare a corte una sorta di rivalsa (o peggio di risentimento) verso un personaggio non più ben visto per il potere fino allora esercitato? Non ci sembrano quesiti del tutto campati in aria. Abbiamo insomma materia per promuovere nuove e più approfondite indagini al fine di tenere aperta anche l’esplorazione degli ultimi anni di vita del Carbone, non quelli dell’astronomo e del matematico, ma quelli del diplomatico e del politico che hanno determinato l’isolamento del gesuita all’interno nella corte lusitana e, più direttamente, l’uscita di scena sua e dell’Ordine di appartenenza.   

Lecce, Università degli Studi, febbraio 2022                                               Mario Spedicato

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