“Poeti contro la guerra” reading di poesia a microfono aperto con un evento di Milton Fernandez al Giardino Scaldasole di Milano
di Serena Rossi
Arriva la primavera e porta con sé sentori di un passato che per troppo tempo abbiamo cercato o fatto finta di dimenticare.
La guerra è lì, come un testimone imbarazzante, un secondino eternamente agli ordini di chi traffica con le contradizioni del mondo in cui viviamo.
La guerra gode di ottima salute (più di 40 quelle oggi in corso), ma ci tocca nel profondo solo quando bussa alle porte di casa.
Il 20 marzo, alla vigilia dell’arrivo della primavera, e del Giorno Internazionale della Poesia, ci ritroviamo, a viso aperto, a raccontarci – nel linguaggio a noi più congeniale – di questo lungo brivido, quest’aria gelida che soffia sulle nostre (mai così) fragili umanità.
Con queste parole il poeta e curatore di poesia Milton Fernandez che viene dal Sud America ha invitato amici e conoscenti tutti poeti o appassionati del genere a vedersi il 20 marzo e a leggere insieme poesie contro la guerra.
Milton Fernández è nato a Minas, in Uruguay. È scrittore, poeta, regista, drammaturgo ed editore. Dal 2011 è anche direttore artistico del Festival della Letteratura di Milano e, dal 2016, del Festival Internazionale di Poesia di Milano. In italiano ha scritto e pubblicato: Fattebenefratteli (premio Terre di Mezzo), Versi randagi (primo premio Dipartimento di Italianistica, Università di Bologna), Bracadà (Di Salvo Editore), L’argonauta (Rayuela Edizioni), Sua Maestà il Calcio (Rayuela Edizioni) e diversi racconti usciti in altrettante antologie. Ha curato, inoltre, per la stessa casa editrice, le traduzioni dallo spagnolo all’italiano di Italiani d’Altrove (AAVV), Storie dell’Era del Tango di Marcelo Caracoche, Trattato di sortilegi di Óscar Hahn, Once upon a time di Raquel Fernández, Sombras nada más di Luis Benítez, Canzome di Natale di Syria Poletti, L’Amore – Antologia poetica di Idea Vilariño, I migliori racconti di Horacio Quiroga, Uruguay racconta – AAVV e Raccont di Felisberto Hernández.
Questo dice Fernandez dei poeti: «Poesia per me è quello che diceva Borges quando raccontava che noi uomini abbiamo imparato ad animare il mondo che ci circonda con un linguaggio poetico. Nascendo questo assolutamente prima di quello razionale. Poi la razionalità subentra dando parole, nominando quello che prima vedevamo magicamente. Facendoci rinunciare a pensare e nominare il mondo in maniera emotiva. Facendo organizzare al cervello quelle parole. Quello che i poeti veri io ritengo mantengano, è proprio il linguaggio infantile e magico di stupore. Anche nella realtà di tutti i giorni. Neruda, per esempio, ha fatto poesie bellissime anche su oggetti minimi, quotidiani. Insomma il poeta è colui che si ferma anche davanti al miracolo di cose semplici, quelle davanti alle quali nessuno cerca di capire il miracolo che rappresentano. Insomma il poeta, se è un poeta vero, mantiene questo linguaggio di stupore che va oltre quello quotidiano, quello comune che si limita a determinare le cose in base a come funzionano. Mantenere lo sguardo stupito del mondo e verso il Mondo è Poesia. Ma anche verso di noi»
Tornando a domenica 20 marzo, oggi pomeriggio, c’era una bella arietta fresca e un sole quasi deciso e stare ai giardini Scaldasole seduti comodi sulle panchine o in piedi a recitare le proprie poesie o a leggere quelle dei poeti che non hanno potuto presenziare è stato bello.
Tutti insieme tutti uniti, abbiamo iniziato leggendo in gruppo una lirica scritta proprio da un gruppo di poeti contro la guerra poi a turno liberamente ci siamo messi uno alla volta al centro del gruppo e via via abbiamo letto, chi poesie brevi, chi romantiche, chi essenziali, chi in lingua straniera come la Antje Stehn con Giancarlo Sammito che la traduceva dal tedesco, chi più semplicemente senza suoi scritti ha letto testi di altri assenti come di Sabrina De Canio e chi per finire è rimasto zitto tutto il tempo e anche se Milton ha provato a scuotere gli animi dei più timorosi, alcuni hanno tenuto la loro linea solamente di ascoltatori.
C’era la mia amica Maria Pia Quintavalla che ha letto un testo di prosa da un suo libro e la coppia di poeti Barbara Rabita e Antonio La Neve, quest’ultimo ha fatto anche una breve ma significativa performance.
Pomeriggio frizzante, solare, la primavera vera annunciata e si spera che si aprano anche tempi nuovi, tempi di pace, le nostre parole nell’insieme erano belle, ho visto anche qualcuno commuoversi.
Sis Lav poetessa si è ribellata al nome dell’evento, dice: Io sono sempre pro, a favore di quindi non voglio dire contro la guerra ma a favore della pace e tutti abbiamo ascoltato anche il suo punto di vista, ho visto chi coi capelli blu e un bel baschetto ha letto poesie di altri, poi una ragazza timida ma dal sorriso sicuro, Elisa, forse la più giovane del gruppo ha letto suoi versi, a metà pomeriggio è arrivata anche una donna afroamericana che ha letto in italiano e ha finito la poesia con voce cantata tipo gospel in lingua inglese.
Insomma eravamo un insieme variopinto di persone, tutte unite dall’amore comune per la poesia e dal grande diritto di voce e di poter parlare liberi di PACE, io ho letto la mia poesia:
Non esiste Dio quando muore un bambino
Siamo anima e guerra
Terra lontana
Ferita
Salma che giace sola
Siamo qui
Ora
Siamo l’aurora
E quando gira il sole
Guarda
Arresta il passo
genera il sostegno
un bimbo passa
e dopo un uragano
terra spastica che dimentichi i tuoi figli
non esiste Dio quando muore un bambino.
Serena Rossi
Vi riporto anche una delle più belle poesie mai scritte contro la guerra del poeta romano Trilussa
“Ninna Nanna della guerra” di Trilussa composta nel 1914 a pochi mesi dallo scoppio della Prima guerra mondiale, è una delle più celebri poesie di Trilussa, portato al successo anche come canzone da artisti come Claudio Baglioni, Lando Fiorini e Gigi Proietti. L’autore riflette sui risvolti economici di un conflitto che finirà con i “sovrani” che “senza l’ombra d’un rimorso, ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro”.
“Ninna nanna della guerra”
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili.
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
Trilussa