Pinocchio, non favola, ma storia vera di luoghi e personaggi
di Elena Tempestini
“C’era una volta un re!” è un suono rassicurante per ogni bambino, ma in Pinocchio è: “c’era una volta un pezzo di legno”. La fantasiosa avventura inizia con una piccola delusione per i più piccoli.
Ma la favola scritta da Carlo Lorenzini con lo pseudonimo di Collodi, paese di nascita della madre, presso Pescia (Pistoia), è un racconto per adulti, è la ricerca del fanciullo che eravamo, l’opportunità di apprezzare la vita con una prospettiva più aperta, più accogliente e meno condizionata dai giudizi altrui.
Giuseppe Prezzolini dichiarava che se si fosse compresa la bellezza di Pinocchio si sarebbe compresa l’Italia, con gli smarrimenti e le resurrezioni. Ovviamente adulta e vera. E quindi anche i luoghi della favola sono vivi e reali fonte di ispirazione.
A cominciare dal centro storico della Firenze ottocentesca (Via Taddea, poi al centro delle demolizioni per costruire il Mercato Centrale), dove il burattino (e il suo autore) nacque, per lanciarsi poi verso la campagna circostante e i paesi della Piana a Nord Ovest della città, oggi contesa da industrie, alta velocità, autostrada e aeroporto: Campi Bisenzio, l’Osmannoro, Sesto Fiorentino, Peretola e così via. Il teatro geografico non è frutto della fantasia del suo autore, ma conoscenza e rappresentazione di luoghi reali.
La casa di Geppetto é a Castello, il teatro dei burattini a Peretola, il Quercione dell’impiccato alle Cascine, l’Osteria del Gambero Rosso a Travalle, la Città delle Api industriose a Capalle, gli zecchini d’oro alla Villa Gerini, il Paese dei Barbagianni alla fabbrica di porcellana della Ginori di Doccia (Sesto Fiorentino), da dove alla sera gli operai, uscendo imbiancati di polvere di caolino, assomigliavano a barbagianni. Inquinamento industriale dell’epoca! Il mare infestato dal terribile pesce-cane era presso la grande palude oggi nota con il nome delle Piagge, dalla quale fuoriuscivano ammassi di detriti e tronchi dalle forme mostruose e dalle fauci spalancate.
Anche la fatina dai capelli turchini è un personaggio reale, con nome e cognome: Paola Ragionieri, una bambina dagli occhi azzurri, figlia di un giardiniere della Villa del Bel Riposo del fratello Paolo, a Castello, dove Carlo soggiornò a lungo. E nella prospiciente Villa Corsini sarebbe avvenuta la trasformazione del burattino in bambino.
E da ultimo guardate questa formella della chiesa di Orsanmichele, dove un falegname intaglia una figura umana. Chissà quante volte Carlo Lorenzini vi sarà passato davanti, soffermandosi e ispirandosi per il suo burattino di legno!
La rilettura conduce a nuovi scenari che ci mostrano Carlo Lorenzini calarsi appieno nella realtà del suo tempo, in quella Firenze Capitale e successivamente post capitale divenuta piena di debiti e problemi; “la città degli acchiappacitrulli”, il Paese dei balocchi, un Bengodi pieno di gazze ladre e uccellaci di rapina (di Gatti e di Volpi, pronti a speculare e trafficare a danno di poveri e ingenui).
La città in pieno boom edilizio, entusiasta di divenire Capitale del nuovo Regno d’Italia, non dette ascolto nemmeno alle parole profetiche di Bettino Ricasoli: “attenzione questa è una tazzina di caffè avvelenato”. Sotto la guida del Sindaco Ubaldino Peruzzi, per quanto proba figura post-risorgimentale, il Comune di Firenze andò in default.
Ma tutto ciò non impedì che Pinocchio e sopratutto suo padre, Carlo Lorenzini, si avventurassero lungo un percorso umano, letterario, politico, religioso ed economico di ottimismo e di rinascita, almeno individuale. Pinocchio brancolerà nel buio, finché non incontrerà la fata turchina, dalla quale riceverà una guida morale pronta a trasmettergli, senza giudicarlo, la possibilità di avere una custodia del cuore che lo aiuterà a formarsi l’anima.
Pinocchio apprenderà l’etica e la morale solo quando si troverà in difficoltà, temendo per l’incolumità del suo Creatore/Padre nel ventre del pescecane (non della balena come il mostro marino appare spesso impropriamente rappresentato nei film ispirati al burattino).
La scintilla del concetto di provvidenza, non miracolistica, ma frutto del superamento dei propri errori e cedimenti e intesa come necessità di adeguarsi all’idea di cui è immagine, per divenire reale. I princìpi dell’etica non possono essere discutibili. Pinocchio rappresenta il burattino che diviene bambino e uomo, ma che molto spesso non ascolta i consigli per via della curiosità della conoscenza e del mondo. È la metafora senza tempo della condizione di noi esseri umani, costruttori delle nostre fortune.
Con le tante celebrazioni, rievocazioni e trasposizioni spettacolistiche si è forse perso il senso storico ed etico della creazione di Pinocchio, ormai figura universale in tutti i paesi del mondo, partito da un punto di osservazione ben radicato in un reale “fisico” che, ricco di stimoli, scorreva sotto gli occhi dell’autore.
Qui una breve rappresentazioni per immagini dei luoghi della sua vita e della grande storia da lui costruita con gli occhi e il cuore di una personalità non certo minore nel panorama culturale e della quale oggi 26 ottobre ricorre l’anniversario della morte (1890).
Buona visione.