IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere

Elefanti, Stefano Conticelli. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere

Nel panorama culturale italiano, poche figure riescono a evocare la potenza dell’immaginazione ribelle come Carmelo Bene (Campi Salentina, 1º settembre 1937 – Roma, 16 marzo 2002) e Pinocchio. Entrambi infatti, rappresentano simboli di disobbedienza alle regole prestabilite, di libertà creativa e di continua trasformazione.

Se da una parte, il burattino di legno creato da Collodi incarna il viaggio verso la scoperta di sé e la lotta contro l’autorità, dall’altra, Carmelo Bene si è sempre ribellato alle convenzioni teatrali e culturali, cercando una nuova forma di espressione oltre le barriere della rappresentazione tradizionale.

Questo spirito indomito trova oggi una sua eco nella mostra dedicata alla figura di Bene presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, un luogo simbolico, dove le radici della tradizione si intrecciano alla visione contemporanea dell’arte e del teatro.

Pinocchio e Carmelo Bene: un ribelle di legno e un ribelle di carne

Pinocchio e Carmelo Bene quindi, condividono una somiglianza profonda: entrambi sono ribelli, iconoclasti che sfidano l’ordine costituito.

Pinocchio rifiuta la strada della disciplina e della normalità, inseguendo i piaceri della libertà senza riguardo per le conseguenze; allo stesso modo, Carmelo Bene ha sempre negato le convenzioni, smontando il concetto stesso di rappresentazione. Difatti, proprio nella sua versione di Pinocchio, Bene non si limita a riprodurre la fiaba, ma ne stravolge l’essenza, sottraendola alla dimensione moralistica per liberarne la potenza anarchica.

Il Pinocchio di Bene pertanto, non aspira a diventare un “bambino vero”; è piuttosto un simbolo di disobbedienza alla crescita e alla conformità. E Bene lo trasforma in un manifesto di ribellione contro le aspettative della società, un essere puro, senza vincoli, che rimane fedele alla propria natura.

Costume di Pinocchio. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere.
Costume di Pinocchio, l’opera teatrale di Carmelo Bene andata in scena per la prima volta nel 1961 al Teatro Laboratorio di Roma.

D’altronde, non c’è da stupirsi, Carmelo Bene era un maestro della decostruzione: smontava i testi, i personaggi e le aspettative del pubblico. Come un falegname al contrario, sapeva smantellare la costruzione teatrale, sottraendo ogni elemento superfluo per arrivare all’essenza dell’esperienza scenica. Il suo Pinocchio diventa così non un oggetto che deve conquistare l’umanità, ma una figura sfuggente a se stessa, che rifiuta di essere imbrigliata al ruolo di personaggio interpretato perseguendo invece, il suo animo ribelle. 

Stefano Conticelli e la materializzazione del concetto beniano

Questa tensione verso il rifiuto delle convenzioni sceniche trova una nuova declinazione nel lavoro di Stefano Conticelli, il quale rappresenta un tentativo audace di materializzare il fondamento artistico di Carmelo Bene attraverso un linguaggio visivo che si affida all’essenzialità dei materiali e alla potenza dell’immaginazione. Conticelli non si limita a omaggiare l’opera di Bene; piuttosto, la reinventa, riducendo il Pinocchio beniano all’essenza del legno e trasformandolo in una figura che trascende la rappresentazione teatrale per divenire icona di una poetica dell’incompiuto.

Ogni opera di Conticelli è un atto di ribellione artistica. Le sue sculture come Monologo a due voci e Nudo d’ombra non descrivono, non raccontano, ma sfidano chi osserva a immergersi in un universo in cui i confini tra arte e materia diventano porosi. Pinocchio, nelle sue mani, si svincola dall’aspettativa di divenire un “bambino vero” e abbraccia un’identità indefinita, fatta di legno e ombre, di assenze e possibilità.

La mostra Omaggio a CB, organizzata presso l’ex Convitto Palmieri, diventa uno scenario in cui questa visione si amplifica. Conticelli si riappropria degli spazi dell’Archivio Carmelo Bene per creare un luogo di incontro tra passato e presente, tra l’eredità beniana e la sua interpretazione contemporanea. In opere come L’elefante, l’archivio si trasforma in una metafora del gioco creativo: un rifugio dove le pagine dei libri diventano aperture verso mondi altri, un rimando ai “balocchi” della fiaba che Bene stesso ha stravolto e riletto.

Conticelli utilizza materiali grezzi, come legno e pietra, in una ricerca che celebra la loro essenza naturale e il processo artigianale, senza mai smussare gli angoli dell’imperfezione. È questo il suo dialogo con Carmelo Bene: un rifiuto della finitezza, un richiamo costante a lasciare aperte tutte le possibilità, a non cercare un significato definitivo ma a esplorare le sfumature dell’indeterminato. Conticelli ci invita così a un viaggio senza una meta precisa, un’immersione in un’arte che si rigenera ogni volta che la osserviamo, in un continuo atto di creazione e distruzione.

Stefano Conticelli, Albero della vita. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere.
Stefano Conticelli, Albero della vita.
Stefano Conticelli, Movimento cosmico. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere
Stefano Conticelli, Movimento cosmico.

L’omaggio di Conticelli a Carmelo Bene trova il suo spazio naturale presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, dove la mostra permette un attraversamento simbolico degli spazi dell’ex Convitto Palmieri. Qui, L’elefante si erge come un richiamo diretto al luogo dell’ispirazione e della creazione – l’Archivio – che diventa uno spazio immaginario, in cui il sapere dei libri si trasforma in gioco e fiaba. Questo approccio ludico alla cultura è una delle chiavi per comprendere il lavoro di Conticelli, che vede nei libri e nella memoria un universo di balocchi, aperto alla libera esplorazione.

L’opera Grecia, che riflette le coste dell’Epiro e del Peloponneso, introduce un “non confine” tra mare e terra, con la pietra che riprende il movimento dell’acqua e delle vele che solcano il mare del tempo, evocando il mito della Magna Grecia tanto caro a Carmelo Bene. Questa evocazione del ritorno alle origini classiche, di un teatro galleggiante fuori dal tempo, ricollega Bene alla sua visione di un’arte sospesa, ignara del presente, ma tesa verso una classicità reinventata. In questo contesto, Conticelli si fa tramite di una memoria storica, riletta attraverso il filtro dell’ironia e della disobbedienza beniana, offrendo al pubblico non una semplice visione nostalgica ma un invito a rivivere il mito in chiave contemporanea.

Il Pinocchio di Conticelli: un dialogo creativo

Nel lavoro di Conticelli, il Pinocchio beniano si trasforma in un simbolo di ispirazione e generazione artistica, trovando un contesto privilegiato nell’Archivio Carmelo Bene di Lecce. L’ex Convitto Palmieri diventa così il teatro di una nuova forma d’arte che celebra l’incompiuto, il momento del processo creativo che è perpetuamente in divenire. L’opera Grecia non solo riflette la bellezza delle coste dell’Epiro e del Peloponneso, ma evoca un confine fluido tra mare e terra, natura e cultura, mito e realtà, ponendo in risalto l’interconnessione tra l’ambiente naturale e l’arte.

Conticelli, come Bene, sembra sfidare le convenzioni, evocando un richiamo alla Magna Grecia, ai flutti e ai venti che, in un tempo ignaro, continuano a scolpire le coste. La sua arte non si limita a riprodurre forme statiche, ma invita il pubblico a immergersi in un dialogo attivo tra il passato e il presente, tra il classico e il contemporaneo. Ogni opera si configura come un invito alla contemplazione, un modo per esplorare le complessità della condizione umana attraverso l’interazione con elementi naturali e culturali. In questo modo, il lavoro di Conticelli non solo omaggia Carmelo Bene, ma lo riattualizza, rendendo la sua eredità accessibile e viva, capace di parlare al pubblico di oggi.

Stefano Conticelli, Monologo a due voci. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere
Stefano Conticelli, Monologo a due voci.
Stefano Conticelli, Diego Sanzio. Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere
Stefano Conticelli, Diego Sanzio.

Come per Pinocchio, la cui crescita non giunge mai a una fine definitiva, anche per Carmelo Bene e per il lavoro di Stefano Conticelli non esiste un vero “compimento”. L’arte, il teatro, e la stessa vita sono concepiti come percorsi aperti, senza una destinazione ultima. Conticelli, attraverso le sue installazioni come L’elefante e Grecia, richiama l’assenza di confini definiti, rappresentando uno stato di continuo divenire e spaesamento, uno spazio creativo libero da definizioni, dove ogni elemento è carico di significato ma al contempo sfugge al dover significare qualcosa di preciso. 

Una mostra ribelle da visitare

Pinocchio e Carmelo Bene condividono una straordinaria somiglianza nell’essere entrambi ribelli per natura. “Non voglio più obbedire” afferma Pinocchio nel suo percorso di disobbedienza e ricerca di sé, rifiutando la strada della disciplina e della normalità e inseguendo i piaceri della libertà senza riguardo per le conseguenze. Allo stesso modo, Carmelo Bene, nel suo percorso teatrale e artistico, ha sempre negato ogni norma, ogni rigidità, ogni forma di costrizione artistica, incarnando la sua celebre affermazione “Io sono il nulla, non rappresento niente e nessuno“.

Questi due ribelli, uno di legno e l’altro di pelle, sembrano muoversi nello stesso spazio di resistenza, un luogo dove la creazione artistica è spogliata dalle convenzioni e restituita al suo nucleo più puro e anarchico. Un percorso che trova oggi una sua eco nella mostra presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, dove la figura di Bene continua a ispirare, ribadendo che la vera arte non può che essere libera.

Locandina della mostra. Stefano Conticelli, Omaggio a CB. 
Pinocchio e Carmelo Bene: l’arte della trasformazione e la ribellione dell’Essere

Antonella Buttazzo

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