Pino Lia artista poliedrico
Di Serena Rossi
Da tanti anni seguo il suo lavoro artistico, ho visto le equilibrate e stupefacenti grandi installazioni per le varie mostre realizzate a Milano in particolare le mostre personali fatte allo Spazio Bazart, la fantastica installazione “Cono di confine” fatta allo spazio CityArt gestito da Angelo Caruso, come le grandi pitture per le mostre con Streeartpiù a Monza e via via altre fino all’ultima esposizione per la mostra collettiva “Pane e respiro “alla Basilica di San Celso Milano a novembre 2021 con le grandi fotografie di ombre della linea del suo corpo con forme antiche riportandoci a statue greche o personaggi mitologici.
Lia ruba queste immagini sulle spiagge della Calabria, sua terra natia, sempre alla ricerca della forma d’arte più essenziale. Non conosce l’estate come periodo di arresto del lavoro e prosegue come sempre con in mente il suo scopo artistico. Dal concept sull’ombra dice: L’incontro con l’ombra è spesso drammatico, perché rappresenta ciò che di noi non conosciamo e temiamo, ma è un incontro inevitabile; l’ombra è presenza effimera e inquietante, perché mediata dalla luce e dalla sua assenza, ma può anche raccontare la visione magica dell’uomo.
Non ho mai visto eccedenze nella sua arte, niente di più.
Pino Lia uomo schivo, presente anche nel seguire le fasi di allestimento, alle mostre lo trovi accanto al suo lavoro pronto a dartene spiegazione, insomma un artista puro e completo.
Parlando con lui la storia dell’arte assume dei contorni più reali, ti sfiora, e si capisce come la sua vita sia dedicata interamente a quello, dagli studi all’Accademia di Brera di Milano ad oggi.
Nella sua ricerca il colore viene steso sapientemente ed in astrazione in superfici variabili, essenziale, puro, nelle opere degli anni Ottanta, le forme della natura indagate e studiate come nella sua residenza d’arte in Toscana, preparò come opera di sintesi una grande struttura metallica a forma di cono , che si trova ancora installata nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi in Toscana, da lì negli anni a venire indagò il bosco, come unione di più entità viventi e sedimenti con una grande installazione a CityArt a Milano.
Dal testo critico di Jacqueline Ceresoli…L’artista concettuale, poliedrico, qui esplora le risorse delle forme in relazione allo spazio, sviluppando trame narrative immaginarie intorno alla leggenda delle fate. In questo spazio interno, chiuso tra quattro mura, il protagonista è un esterno possibile: il bosco non rappresentato, ma solamente evocato. Dentro questo spazio post-barocco, ready made del naturale perduto, apparentemente claustrofobico, l’effimero si fa costruzione in cui si materializza un milieu della libertà, strutturato da materiali naturali e artificiali. Per Pino Lia pensare equivale al costruire. Pensare un’idea costruttiva, che poi si realizza nel come e quando visualizzare paradossi tra realtà e finzione in cui la voluta imperfezione nella rifinitura di alcuni dettagli dell’opera trasuda di umanità: l’essenza dell’arte.
Opera essenziale quindi, che ricorda tratti ancestrali e primitivi della nostra essenza, ricerca pura che utilizza diversi medium dell’arte contemporanea.
Così gli domando: perché fai arte? Per me fare arte non è stata una scelta razionale, ma un atteggiamento spontaneo, naturale, di espressione del mio Essere e vivere nel mondo, a contatto con le pulsioni degli esseri umani e della loro realtà e materialità intorno.
Progetti futuri? Non penso tanto ad un lavoro proiettato nel futuro, ma alla necessità di approfondire quotidianamente un progetto artistico che possa rappresentare un tempo presente e un vivere anche con le sue contraddizioni.
Per contatti con l’Artista scrivere a pinolia5@yahoo.it