Percorsi conoscitivi inattesi a tò Kalòn, con Carlo Alberto Augieri, tra letteratura e risonanze comparate del senso il 16 dicembre ore 18:00
di Anna Stomeo
Lunedì 16 dicembre 2024, alle ore 18.00, a Martano (Lecce), in via Marconi, 28, presso il Centro Culturale tò Kalòn dell’Associazione Itaca Min Fars Hus, condotto da Anna Stomeo e da Paolo Protopapa, ancora un incontro speciale dedicato alla bellezza della conoscenza con il Professor Carlo Alberto Augieri e con il suo ultimo libro Tracce temi trame. Letteratura e risonanza comparate di senso, Edizioni Milella, 2024. Un incontro che non mancherà di sollecitare riflessioni inedite e inattese tra gli amici di tò Kalòn, non solo per la qualità e la competenza dell’ospite, ma anche, e soprattutto, per la profondità delle tematiche proposte, che coinvolgono la conoscenza nella sua dimensione più autentica ed efficace.
Carlo Alberto Augieri, già ordinario di Critica letteraria e Letterature comparate nell’Università del Salento, dove ha insegnato anche Narratologia ed Ermeneutica del testo, è un intellettuale tra i più seguiti e amati nella comunità salentina, dove ha formato diverse generazioni di allievi e nella quale si è speso e si spende con iniziative culturali di grande rilevanza e coinvolgimento collettivo, sempre attento a promuovere l’autenticità dei linguaggi e delle relazioni, alla luce di un progetto di rinascita dell’umanesimo come nuova dimensione dell’alterità nel dialogo quotidiano. Un impegno costante a cui, in oltre cinquant’anni di ricerca, Augieri non ha mai voluto derogare, con l’umiltà di chi riconosce, e si riconosce, nella complessità dell’umano.
Una scelta intellettuale ed etica, quella di Augieri, che ha prodotto iniziative culturali di grande rilievo, anche in collaborazione con la storica casa editrice salentina Milella, come la recente Manifestazione itinerante di Dialogia Poetica “L’inumano della guerra nel tempo dell’umanesimo ‘muto’. Poeti salentini in dialogo”, che si è svolta quest’anno e che ha fatto tappa anche a tò Kalòn, in una serata dello scorso luglio caratterizzata da momenti di intensa meditazione e da una grande partecipazione di pubblico. La poesia, come luogo del superamento dei conflitti e del riconoscimento dell’Altro attraverso la parola poetica, è anche alla base di un’altra recente iniziativa di Carlo Alberto Augieri, poeta egli stesso (del 2023 la sua ultima raccolta di poesie Da un silenzio che non tace, Edizioni Milella), che, insieme a Lino Angiuli, ha curato un’antologia di poeti salentini accomunati dall’incipit generazionale del fatidico ’68 (Nella Puglia dal 68 ad oggi… poeti in dialogo si raccontano, Edizioni Milella 2024).
Iniziative all’insegna della relazione e del dialogo che, proprio nei momenti più critici della convivenza umana, come quello che stiamo vivendo, privilegiano il linguaggio della poesia nella sua dimensione etica di assunzione di responsabilità, individuale e collettiva. Temi che affrontano la contemporaneità con la profondità e il fascino della parola, che supera i linguaggi specifici per metterci in diretta connessione con l’inespresso, il prelinguistico e il non detto, che attende di essere riportato alla superficie dell’autenticità delle relazioni umane, dove «il voler dire» si salda all’effettivamente “detto”, creando il miracolo sospeso del testo poetico e, in generale, del testo letterario. Percorsi cognitivi che richiedono coerenza argomentativa e determinazione etica e che finiscono col coincidere con la vita stessa di chi ha scelto di attraversarli, giacché coinvolgono totalmente la relazione con il contesto, con la comunità, in cui si opera.
Una coerenza argomentativa ed una determinazione etica che ritornano in questo ultimo lavoro critico di Carlo Alberto Augieri, dedicato alla letteratura e alle “risonanze comparate del senso” che l’attraversano e con cui l’Autore ci accompagna nel cuore della sua ricerca scientifica e accademica, protrattasi proficuamente per alcuni decenni, rendendoci partecipi di affascinanti visioni critiche all’insegna del comparatismo letterario come apertura del senso.
La letteratura comparata è infatti una disciplina aperta alla costruzione di percorsi conoscitivi plurimi e contigui, con cui diventa possibile cogliere i nessi ineludibili, ma non sempre visibili, che legano i saperi, non solo letterari, ma anche storici, antropologici, mitici, archetipici e artistici, come segni della costruzione semiotica dell’umano. Nessi che diventano inevitabilmente valori relazionali e ci spronano a guardare al futuro con maggiore consapevolezza, specialmente in tempi come quelli che siamo vivendo, nei quali la perdita di realtà coincide con l’assurdità delle guerre, di per sé portatrici di separazione piuttosto che di comparazione.
Augieri ha il merito di aprire, con competenza critica e linearità espressiva, nuovi orizzonti di lettura della letteratura, proponendo un itinerario interno al linguaggio, letteratura come azione critica e interpretativa e non meramente descrittiva, attività incessante di significazione che si materializza in un continuo tentativo di oltrepassare il confine (la fatidica siepe di leopardiana memoria) che separa il dentro dal fuori, il passato dal presente e comporta, necessariamente, una rivoluzione visiva che si fa rivoluzione letteraria nel senso autentico di un cambiamento totale di prospettiva e di focalizzazione. Sulla scia di Michail Bachtin e della riscoperta della polifonia come anima del romanzo e come esito, più o meno consapevole, dello stesso nostro vivere l’intreccio di letteratura e conoscenza.
Il volume si articola in cinque saggi corrispondenti ai cinque capitoli del testo, che mettono in connessione autori e argomenti diversi, partendo dai testi, in un gioco comparativo tra la letteratura e le altre forme di discorso attraversate dalla narrazione (dalla storiografia all’antropologia, dalla mitografia alla retorica, fino all’imagery testuale che coinvolge la metafora e l’allegoria) capace di rivelarci quel “senso intrinseco” della parola letteraria, che accomuna le diverse culture e le diverse tipologie discorsive di interpretazione, e che coincide, in ultima analisi, con la «trasparenza del sentire umano».
Il primo saggio, dedicato al Mediterraneo, nella narrazione storiografica e antropologica, apre orizzonti estremamente suggestivi nella relazione tra geografia e civiltà, tra natura e storia, tra “storia delle strutture” e “storia delle congiunture”, muovendo da un classico della storiografia del Novecento: il Mediterraneo di Ferdinand Braudel (in particolare la monumentale opera del 1946, Civiltà e Imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II)visto nel rapporto con le civiltà che lo hanno attraversato ed abitato. Un approccio al tempo lungo/breve della storia del rapporto uomo ambiente, che ne coglie l’immobilità strutturale insieme alla dinamicità evenemenziale, al tempo breve e transeunte delle singole esistenze.
Lo scavo di Braudel nelle «grandi correnti sotterranee», che muovono la storia, diventa per Augieri occasione di conoscenza multipolare, su più livelli di sensibilità e di visioni analitiche, pensiero mobile sulle morfologie letterarie, che rompe le barriere espressive tradizionali per tracciare linee trasversali e trascinarci in un viaggio lungo le coste di un Mediterraneo vissuto e immaginato nei testi storiografici di Braudel e nei resoconti di viaggio di Corrado Alvaro e di Elias Canetti, in cui la dimensione dell’inchiesta giornalistica incontra la riflessione antropologica ed esistenziale, a testimonianza, se ce ne fosse bisogno, che la conoscenza è esperienza di vita prima che astrazione di concetti.
Il secondo saggio raccoglie le riflessioni sul simbolismo letterario che Augieri ha coltivato sin dagli anni Novanta, con pubblicazioni e convegni, e che qui riporta come occasione di implicito dialogo con il critico letterario canadese Northrop Frye, teorizzatore nel Novecento di una critica antropologica dell’immaginario, che lega i testi della letteratura mondiale in una rete di simboli archetipi come immagini ritornanti che alimentano i grandi classici e non solo. Per Frye tutta la letteratura proviene dal mito come viaggio conoscitivo fondamentale, e di mito continua a narrare nelle sue espressioni più moderne.
Interessante, e di grande richiamo all’attualità geopolitica, nel terzo saggio, il confronto con lo scrittore e critico americano di origine palestinese Edward Said e con la sua condizione di profugo, al quale Augieri attribuisce la «coerenza semantica circolare» propria «di una sfera in movimento» che sollecita comparazioni e dislocazioni tanto azzardate quanto realistiche e legate ad un’esperienza conoscitiva concreta, che supera le differenze identitarie tra Oriente e Occidente e suggerisce cronotopi interpretativi “ospitali”, che favoriscono i rapporti tra le culture, in un multiculturalismo consapevole che si fa trans-culturalismo operativo.
Il quarto saggio indaga sulla allegoria come discorso allargato e condizionante, ma anche come legittimazione del sé, nel tempo lungo della letteratura, da Omero a Shakespeare, passando per Virgilio, autori i cui personaggi agiscono in una interiorità non risolta, come nel caso di Amleto, rappresentazione allegorica dell’inquietudine e del pathos, nella scrittura letteraria e teatrale, e nella suggestione della voce suggerente del presentimento, che condiziona l’azione del dramma.
Nell’ultimo capitolo, dedicato a Tzvetan Todorov, teorico della letteratura bulgaro naturalizzato francese, tra i maggiori protagonisti della critica letteraria del Novecento, Augieri affronta un tema centrale per comprendere l’attuale rapporto tra le culture e la persistente supponenza dell’Occidente che razionalizza, dicotomizzandola, l’emarginazione del diverso (civilizzato/primitivo, normale/folle, uomo/donna): la differenza tra ‘simbolo’ e ‘segno’ come due modi diversi e opposti di significare.
Il segno, arbitrario e convenzionale, si oppone, come sinonimo di razionalità denotativa, al simbolo evocativo e connotativo, che, invece appartiene al mondo del diverso, del debole, del folle, dell’emarginato, del lontano e del non-civilizzato.
Questa ‘ragione segnica’ opposta a quella simbolica, è propria di tutto il razionalismo occidentale e dello stesso illuminismo, secondo la puntuale critica di Todorov, e tuttavia, paradossalmente e provocatoriamente, essa nasconde il suo contrario, cioè la dimensione ideologica del ‘selvaggio’ che investe, infine, anche la stessa definizione etnocentrica di ‘civilizzato’, in cui il simbolismo ritorna come esito di un’operazione logocentrica che si rivela altrettanto ‘selvaggia’.
Si tratta di mettere in discussione l’impropria separazione tra segno e simbolo che giustifica, partendo dalla ‘classica’ contrapposizione di mythos e logos, l’emarginazione e il rifiuto dell’irrazionale rispetto al razionale, dell’inconscio rispetto al conscio, fino alla sottovalutazione del simbolo e del simbolico come esercizio ‘inferiore’ della ragione, la quale, invece, trionferebbe solo nella determinazione del segno.
Pregiudizi teoretici da superare (o già superati, attraverso il riconoscimento della motivazione evocativa del simbolo) che hanno inficiato l’approccio reciproco tra culture, le quali, invece, si riconoscono non tanto in una contiguità spaziale e temporale, ma in un processo conoscitivo esteso, che procede per inclusioni (sineddoche) e reciprocità equivalenti portatrici di senso.
L’intensa riflessione, che connota questo libro di Augieri, si snoda in passaggi teorici e in complicità intellettuali con i numerosi autori incontrati nel corso della trattazione ( da F. Braudel ad C. Alvaro e a E. Canetti, da N. Frye, a E. W. Said e a T. Todorov, da R. Barthes a C. A. Rimbaud, a E. de Martino, a A. Camus e A. Moravia, da W. Shakespeare a F. Nietzsche) mettendo in relazione e in comparazione tipologie narrative diverse, ma convergenti nel riconoscere l’inesauribilità del senso, alla luce dell’esperienza del significato. Un discorso critico trasversale che l’Autore costruisce intorno al «senso complesso e complessivo della letteratura». Quasi un’autobiografia critica, che coinvolge il lettore e lo introduce sulla via maestra della ricerca letteraria più autenticamente vissuta, come esperienza di senso.
Particolarmente significativo, a questo proposito, ci è parso, nelle ultime battute del volume, il richiamo a T. Todorov e alla sua esperienza esistenziale e intellettuale, narrata, a suo tempo, dallo stesso Todorov in una raccolta di saggi autobiografici dal titolo “Gli altri vivono in noi e noi viviamo in loro”.
Con Todorov Augieri sembra intessere una sorta di complicità intellettuale, non solo quando ne ammira «l’intraprendenza teorica (…) profondamente critica e ‘vissuta’, a livello intellettuale, con molto coraggio argomentativo» contro l’etnocentrismo di Lévi-Bruhl, ma soprattutto quando accenna alla «sensibilità molto umana oltre che umanistica» del critico bulgaro e al suo approdo a Parigi, negli anni Sessanta del Novecento, nel cerchio aperto della scuola strutturalista di C. Levi-Strauss, tra G.Genette e N. Ruwet, che lo accolgono, e da dove prenderà avvio la «densa interessante teoria del simbolo» come «contributo d’intelligenza conoscitiva a comprendere la ricerca di motivazione nei segni», ma anche come «tributo d’amicizia riconoscente».
Affinità elettive, ci permettiamo di dire, o soltanto comparazioni possibili, che ci rivelano la convergenza etica di due intense avventure intellettuali, pur distanti nel tempo, nello spazio e nel merito, ma accomunate da un’attenzione profonda all’alterità e alla dialogia della conoscenza, che si fa condivisione estesa e collettiva.
Abbiamo voluto ripercorrere qui, per quanto possibile e andando abbondantemente oltre gli spazi solitamente consentiti, solo alcune delle tematiche essenziali che, nel volume, rivelano, sotto l’abile penna critica di Augieri, variazioni cangianti e infinite possibilità di lettura e di interpretazione, tutte suggestive e tali da risvegliare curiosità letterarie e progetti di lettura interrotti.
Come sicuramente accadrà agli amici di tò Kalòn il 16 dicembre in compagnia del Prof. Augieri, in una serata di grande trasporto affabulativo e critico e di visioni conoscitive inedite e inattese.
Un’oasi di autentica riflessione collettiva di un comunità nel caos che stiamo vivendo.
Da non mancare.
Anna Stomeo