Perché la letteratura e l’arte sono importanti nel lavoro dello psicologo? Intervista al prof. Roberto Pasanisi, psicologo clinico, psicoterapeuta e psicoanalista di Napoli
Di Alessandra Moretti
Il prof. Roberto Pasanisi è una figura professionale a dir poco poliedrica: oltre ad essere un psicologo clinico, psicoterapeuta e psicoanalista di fama internazionale, è anche un affermato italianista, scrittore, editore e giornalista. Sostiene fermamente il ruolo fondamentale dell’arte in ambito terapeutico, perché «ci facilita l’identificazione in altre situazioni mentali, in altre esperienze umane».
Consegue una prima laurea in Lettere Classiche, occupandosi di letteratura sia a livello scientifico che creativo. Interrogandosi sulle applicazioni della psicologia all’arte ed alla letteratura, decide di formarsi anche in campo psicologico. Ad oggi è iscritto all’Albo dell’Ordine degli Psicologi e all’Albo dell’Ordine dei Giornalisti della Campania. Inoltre, è uno dei fondatori di CISAT, un centro internazionale di psicologia clinica e psicoterapia dove è possibile fare formazione e psicoterapia per affrontare e curare i problemi psicologici individuali, di coppia e familiari, sociali e del lavoro; ma semplicemente anche per migliorare il benessere e la qualità della propria vita.
Ritiene fondamentale, nel lavoro del clinico e dello psicoterapeuta, oltre al background culturale umanistico – che ne considera la base e il fondamento, come hanno mostrato i grandi maestri fondatori e modelli della psicologia dinamica, da Freud a Jung –, il proprio bagaglio esperienziale, che permette di andare oltre quanto insegnato dai manuali.
Dott. Pasanisi, quali sono le principali differenze tra psicologo e psicologo clinico?
Possiamo definire la clinica come semplicemente una specialità della psicologia che si occupa di psicopatologia. E, come ha detto il grande psicoanalista francese Jean Bergeret, è proprio la clinica a costituire il nucleo centrale e fondante del lavoro dello psicologo nella cura dell’altro.
Professore, qual è il compito di uno psicologo durante una terapia?
Considero la psicoterapia un ‘lavoro sulle emozioni’. Compito dello psicoterapeuta è portare nella sfera della consapevolezza, nel senso gestaltista della parola, ciò che è sotto traccia, ricostruendone il fil rouge razionale-emozionale. In questa maniera egli destruttura (baconiana pars destruens) l’armatura nevrotica della personalità per poi ricostruirla sulla scorta di una nuova ‘dazione di senso’ cognitiva e soprattutto emotiva (pars construens). Questo complesso e spericolato lavorio di destrutturazione-ristrutturazione si svolge lungo quel filo di Arianna che permette al terapeuta-Tèseo di non smarrire mai la traccia attraverso il periglioso labirinto della nevrosi.
Cosa succede quando lo psicologo interrompe la terapia?
La terapia della nevrosi sarà cadenzata lungo tre successive macro-fasi: riduzione, azzeramento e stabilizzazione. Infatti, senza il consolidamento dei risultati ottenuti, il rischio di regressione resterà sempre incombente e la guarigione non potrà mai dirsi definitiva. Essa si sviluppa – in teoria come de facto – come una sorta di medicina a rilascio lento, che continua ad agire, lentamente ma inesorabilmente, ben dopo la sua somministrazione. Il paziente, dopo la seduta, vive una fase di rielaborazione in cui ripensa alla parola terapeutica, rivive le emozioni provate e reinterpreta per suo conto il materiale del setting, ma anche la sua stessa visione di sé e della sua vita alla luce di una nuova Weltanschauung. La clinica è un’ ‘arte trasformazionale’.
La seduta appena conclusa durerà insomma fino alla successiva: così, fra un setting e l’altro, si configurerà una sorta di continuum analitico, nell’ambito di una vera e propria ‘terapia ininterrotta’.
In cosa consiste il lavoro di uno psicologo infantile, professore?
Riprendendo il modello del GAB dell’Analisi Transazionale, uno psicologo infantile sostituisce il Genitore Interno, più o meno inadeguato, del bambino – che esiste sia storicamente (il genitore che il bambino realmente ha) sia psicologicamente (l’istanza del Genitore Interno, ovvero la parte genitoriale in formazione nel suo Sé). Lo psicologo infantile quindi svolge al suo posto quel ruolo di guida affettiva ed autorevole ma non autoritaria, di lineare e saldo riferimento, di benevola ma seria accoglienza nell’acquisizione e nella gestione di regole di vita e comportamentali costruttive e proattive, atte a favorire l’emergenza e la strutturazione nel tempo del suo Vero Sé, come direbbe Winnicott, ovvero l’autentica e più profonda natura della sua personalità.