Per Rino Duma per questi tempi
di Maurizio Nocera
Ho davanti a me I Quadernetti di Athena. Inchiostri (curatore e impaginatore lo stesso autore, CMYK editore, Alezio 2022). L’autore è Rino Duma, il prof. Rino Duma, il presidente del Circolo “Athena” di Galatina e direttore della rivista «Il Filo di Aracne», voce cartacea dello stesso Circolo. Vedete le coincidenze: il Circolo è intitolato ad Athena, la dea vincitrice dello scontro con Poseidone (Nettuno per i Romani) per il nome da dare alla città capitale della Grecia, mentre la rivista ha nel titolo il nome della fanciulla di Ipebe (Colophone) – Aracne – che, scontrandosi proprio con Athena per chi meglio delle due sapesse ricamare (qamare), vincendo la fanciulla, la dea, offesa per la superbia umana e sconfitta ma non vinta del tutto, la trasformò in ragno per l’eternità. Un’altra bella icona di questo scontro (Athena che sta trasformando la fanciulla in ragno) voi lo travate a p. 12. Anche qui vedete, Duma stesso, non so quanto consapevolmente, ha steso un filo (a proposito di fili) tra i due momenti che lo hanno interessato nel corso di decenni di presenza attiva nella città di Galatina: Athena ed Aracne, due simboli archetipali per l’intera umanità sul pianeta e. soprattutto, per noi abitante del cosiddetto Occidente.
Come si sa, l’autore dei Quadernetti è anche autore di diverse pubblicazioni di carattere storico e letterario (romanzi e poesie). Con la sua produzione libraria, Rino Duma è una voce importante di Galatina. Come si dice, ha segnato il tempo delle cronache cittadine, e difficilmente, si può dire, gli è sfuggito qualche evento di un certo rilievo.
Torno ai Quadernetti e anticipo che io e Duma, amici di lunga data, fra di noi mai abbiamo parlato di quanto sto per dire. E cioè questo: la copertina del voluminoso libro, su uno sfondo marino rosseggiante, si mostra la Dea Athena (attenzione, termine scritto con l’h, cioè alla greca) in tutto il suo splendore. È una dea moderna dal volto bellissimo e dal corpo di divinità perché figlia di Zeus padre che la partorì dandosi un colpo di accetta sulla testa (le si vedono una coscia e un polpaccio). Nella mano sinistra tiene una civetta (simbolo della preveggenza e della saggezza, la città di Galatina ha questo simbolo civico da secoli) e, appeso al braccio, lo scudo con l’effigie della Medusa dalla testa folta di capelli serpenti; nella mano destra impugna la lancia dorata (simbolo della prevenzione della guerra, non della guerra in quanto tale); sulla testa invece l’elmo apotropaico dorato e alato (simbolo dell’immortalità divina). Questa icona di Athena è stata per me (ancora oggi lo è) il simbolo ispiratore di tante avventure storico-letterarie. E resto sorpreso che essa è anche uno dei simboli di Rino Duma. E questo senza che fra di noi ci sia stata mai alcuna intesa. Egli la immortala a tutta pagina ancora a p. 212, dove la divinità appare con tutti i suoi attributi: l’elmo cigliato, l’egida, la civetta, la lancia, due maschere apotropaiche e gli avambracci corazzati. È lo splendore dello splendore.
L’autore ha inteso dedicare il libro «alla bella terra salentina/ ai [suoi] cari familiari/ ai [suoi] indimenticabili alunni». L’ultima parte della dedica – «ai [suoi] indimenticabili alunni]» – la dice lunga a proposito dello spessore del prof. Duma. Infatti la dedica dice che egli è rimasto sempre attaccato ai suoi alunni, perché non pochi di loro sono rimasti attaccati a lui.
Il libro è ricchissimo di immagini e tutte collocate a ben vedere. A p. 7 troviamo l’indice del quale, tolta la premessa, leggiamo ben 136 voci per un totale di 350 pp. numerate. Dentro quell’indice c’è di tutto, tanta storia, tanta letteratura, tanta umanità. Tanti Pensieri e Parole a iniziare dalla p. 13 per finire alla 151. In queste pagine troviamo il pensiero di Duma sul significato di libertà:
«È inimmaginabile pensare a un uomo completamente libero e che viva da solo, poiché è nella sua natura aggregarsi ad altri uomini. Se non vivesse in comunità, egli non migliorerebbe significativamente il suo modo di vivere, non avrebbe alcun motivo di darsi un linguaggio articolato e forbito, né tanto meno sarebbe indotto a migliorare l’aspetto fisico e psichico. Insomma rimarrebbe quasi del tutto allo stato selvaggio e brutale, ma in cambio sarebbe un individuo libero di comportarsi secondo la propria volontà. Ma, quand’anche l’uomo vivesse da solo, che libertà sarebbe la sua? Senz’altro una libertà impercettibile, impalpabile, insignificante. In pratica egli non avvertirebbe il senso della libertà perché ne avrebbe tanta a disposizione da non concepire il suo grande valore. Solo perdendola, anche in parte, scoprirebbe la sua importanza». Ecco qual è il significato di libertà per Rino Duma. E noi siamo solidali con lui.
Quante domande, quanta ricerca per una plausibile risposta si pone l’autore in quei Pensieri e Parole? Sul significato di Amore, di Vita, di Tempo, di Giustizia, di Anima, di Dio, di Morte, di Stato, di Universo, della lingua Latina (che firma con gli pseudonimi di Salvatore Cesari, Filippo Bianchi, Mauro De Sica), di Colonialismo e Schiavismo.
Nella spessa sezione (pp. 151-211) di Historia Nostra, l’autore, da non dimenticare che è sempre Rino Duma, scrive articoli sulla rivista del Circolo che fanno appunto la Storia (con la S maiuscola) e che possiamo indicarli come buone letture ai nostri soci: ne cito qualcuno, perché l’elenco è molto lungo:
– Le sette segrete del Salento (firmato pseudonimo Mauro De Sica);
– Forca e ghigliottina. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana del 1799, sono in molti i repubblicani giustiziati dai Borbone. Tra costoro vanno ricordati alcuni eroici personaggi salentini (anche questo firmato con lo pseudonimo di Mauro De Sica);
– Antonietta De Pace,
«uno dei pochi spiriti liberi dell’Ottocento salentino. Osò sfidare le regole della società del tempo, schierandosi dalla parte dei poveri e difendendoli»; l’eroe salentino Epaminonda Valentino (nipote di Antonietta De Pace e sposo di Rosa De Pace)
«Di origini napoletane ma gallipolino di adozione. È stato uno dei personaggi più attivi e intraprendenti del Risorgimento salentino». Poco prima dell’Unità d’Italia (30 settembre 1849) morì tra le braccia del patriota Sigismondo Castromediano nel carcere borbonico di Lecce. Duma scrive che
«il corpo di Epaminonda fu sepolto nel cimitero di Lecce, dove, molti anni dopo, fu tumulato anche quello del figlio Francesco [Gallipoli, 1836 – Pieve di Ledro, 18 luglio 1866)]»; aggiungo: anche giornalista, patriota garibaldino della prima ora, morto sul campo di battaglia.
Altro articolo storico, importantissimo, Duma lo scrive per
– Sigismondo Castromediano di Lymburgh:
«Di idee liberali, lottò con grande coraggio per liberare il Meridione dal Borbone./ Nella storia del Risorgimento salentino il cavallinese occupa un posto preminente».
Altro articolo importante lo scrive per Bonaventura Mazzarella, di cui dice:
«Con il pensiero rivolto sempre alla libertà, all’unità e alla prosperità della patria. Fervente repubblicano [mazziniano] e indomito patriota, dopo la sommossa napoletana del maggio ’48, fonda a Lecce, con il Castromediano, il De Donno e altri rivoluzionari [tra cui Emanuele Barba], il Circolo Patriottico Salentino, di cui è nominato presidente. Più volte è eletto [collegio di Novoli] deputato al Parlamento italiano». È tumulato nel cimitero di Genova accanto alla tomba di Giuseppe Mazzini. Occorrerà interessarsi ancora di questo grande Italiano.
Un altro articolo, a me assai caro, perché da 50 anni studio il personaggio, è
– Emanuele Barba, del quale Duma scrive:
«Medico, naturalista, poeta, letterato, patriota. Seppe coniugare l’amore per la cultura con l’amore della Patria. Impegnò ogni sua energia nella crescita umana della povera gente e ne condivise ogni affanno e sofferenza».
Rino, in collaborazione con chi qui scrive, ha dedicato un saggio anche a
– Giuseppe Libertini, il grande leccese che fu a Londra uno dei segretari di Mazzini. Di lui l’autore dei «I Quadernetti» scrive:
«Uno dei migliori figli della terra salentina dell’Ottocento. Rischiò più volte il patibolo, ma la sua determinazione caratteriale era più forte della paura di morire per una terra libera».
Il nostro autore scrive una serie di articoli a proposito de
– Il Risorgimento Italiano. Nord e Sud a confronto, di cui dice:
«L’Unità d’Italia fu sentita e voluta da tutti gli italiani, tranne dai Savoia. La lingua parlata, la politica, l’economia, il sistema monetario, e una guerra mai dichiarata, vinta da alcuni ma persa da tutti. […] L’invasione del Regno delle Due Sicilie. Ben diverse da quelle ufficiali sono le ragioni toriche che portarono all’Unità d’Italia. Grazie a un atto di pirateria internazionale, i Savoia invasero e depredarono il Meridione, lasciandone dietro lutti, rovine, miseria, desolazione e… tante macerie umane. […] Un’Italia unita politicamente ma ancora lacerata da profonde differenze sociali e culturali. La sottomissione e l’umiliazione dei meridionali. Subito dopo l’Unità, il Meridione subì una violenta aggressione in ogni ambito della vita pubblica e una spoliazione delle migliori risorse economiche, artistiche e umane».
Nel 2017, con lo pseudonimo di Pietro Tre, Duma scrive l’articolo Francesco II. L’ultimo re Borbone del Regno di Napoli. Il 27 dicembre 1894 moriva a Trento il re appunto del quale, come chiosa finale, dice:
«Le spoglie di Francesco II, insieme a quelle della moglie e della loro unica figlia Maria Cristina riposano, dal maggio del 1984, nella grande chiesa di santa Chiara a Napoli. Onore e merito a un sovrano galantuomo».
E qui comincia per me il punto dolens con il mio presidente del Circolo Athena di Galatina. Non che io non voglia portare rispetto per il re Borbone di Napoli morto e sepolto (a livella, come dice il grande Totò, vale per tutti: nobili e plebei), ma da questo punto inizia la diversità di veduta tra me e lui. Per Duma l’Unità d’Italia è una disunità per via dell’oltraggio che i Savoia e i loro eserciti e cortigiani portarono al Meridione. Per me, invece, che riconosco quel che egli afferma, e nonostante tutto ciò, l’Unità d’Italia si doveva comunque raggiungere. Erano 2000 anni (ne è testimone Virgilio nella sua Eneide) che gli italioti aspiravano a quella unità, però, quando essa fu raggiunta, non poteva presentarsi così com’era stata idealizzata. Per tante ragioni Duma ha ragione, ne convengo, ma, continuando a parlare di disunità, io avverto il pericolo di una nuova divisione del Paese, voluta dai neofascisti (FdI e Lega oggi al governo) che porterebbe l’Italia al tempo del Medioevo.
Su tale tematica l’autore scrive altri articoli e racconti:
– Il pastorello e gli scarponi,
«Una triste storia d’amore accaduta all’alba dell’Unità d’Italia»;
– L’emigrazione degli Italiani,
«Un incontrollato e inarrestabile fenomeno esploso subito dopo l’Unità d’Italia. Il Meridione, violentato e sfruttato in ogni sua parte vitale, reagì alla difficile situazione economica con un esodo di massa in Europa, nelle Americhe e in Australia».
– I Savoia e il massacro del Sud secondo Antonio Ciano, scritto con accanto al suo nome e cognome lo pseudonimo Rocco Biondi. Si tratta di
«un ricordo incancellabile che lacera la mente dei meridionali».
– La strage di Bronte, scritto con lo pseudonimo di Salvatore Cesari, in cui dice:
«Alla rivolta dei contadini contro i “Cappeddi” fece seguito una impietosa fucilazione. I cafoni siciliani si ribellarono massacrando alcuni nobili. Seguì una violenta rappresaglia dei garibaldini che portò alla fucilazione di cinque civili accusati ingiustamente di strage».
– La strage di Auletta, scritto con lo pseudonimo di Salvatore Cesari, dove
«Furono in 45 tra uomini, donne, vecchi e bambini ad essere barbaramente uccisi. L’eccidio fu fatto il 30 luglio 1861».
– La strage di Pietrarsa. Un gioiello d’industria nel Regno delle Due Sicilie, scritto con lo pseudonimo di S. Cesari,
«Era la migliore industria metalmeccanica d’Europa. Vi lavoravano oltre mille operai e altrettanti erano quelli dell’indotto».
– Il lager di Fenestrelle,
«Una pagina di storia del Risorgimento meridionale volutamente dimenticata. In esso vi trovarono la morte migliaia di soldati borbonici e papalini, contadini, preti, “briganti” e giovani renitenti alla leva, rei di aver difeso la loro terra dall’invasore savoiardo».
– Pontelandolfo e Casalduni, scritto con lo pseudonimo di S. Cesari,
«Le stragi mai raccontate della storia italiana. dal 7 al 14 agosto 1861 il Sannio si rivoltò contro il governo sabaudo».
– L’economia del Regno delle Due Sicilie, «perché gli italiani sappiano quello che c’è stato. A metà Ottocento era la terza nazione europea, poi purtroppo…».
– I gioielli del Regno delle Due Sicilie, sempre come S. Cesari,
«era la terza potenza europea… e la prima nel mondo dell’industria metalmeccanica, siderurgica e navale».
– Nordici e… Sudici, scritto questa volta col proprio nome – Rino Duma – che dice:
«Centocinquant’anni. Poco è stato fatto per attenuare l’enorme divario tra un Nord dinamico e un Sud sempre più rassegnato e impotente. L’Italia è tutt’altro che unita, anzi, a distanza di un secolo e mezzo, il gap economico tra le due comunità è consistentemente aumentato».
Poi, nelle pp. 213-215 un bell’inserto fotografico. Segue la sezione Sallentum con saggi importanti su Ruggero da For(es), Templare, ancora su Il processo ai Templari salentini, sulle Tabacchine del Salento, sul grande Giulio Cesare Vanini di Taurisano, su papa Bonifacio IX, nato, forse, a Casarano. Con lo pseudonimo Mauro De Sica firma Un terrificante terremoto, accaduto nel Salento il 20 febbraio 1743; e ancora, col suo nome, sul brigante Pizzichicco, e poi su la banda di briganti salentini guidata da Quintino Vènneri. Altri articoli di questa stessa sezione sono: Il fantastico mondo dei Lauri salentini; con lo pseudonimo M. De Sica firma gli articoli Le Quattro Colonne; Torre del fiume di Galatena; Le Torri costiere; Torre di Santa Maria dell’Alto. Assieme a Emilio Rubino scrive Quante sofferenze nella vita di una volta, La Ruota degli ‘Esposti’, Attenti al basilisco. Con lo pseudonimo Pietro Tre, invece, firma Il cavaliere decollato; con quello di Emiliano Diamanti firma Furto perfetto, ma…; con quello di Salvatori Cesari Lo sfregio. Ritorna poi al suo vero nome per firmare Emilio Rubino, il cantastorie illuminato; Adolfo Colosso. E nuovamente come Salvatore Cesari firma l’articolo C’era una volta… la Terra d’Otranto, col quale chiude la sezione Sallentum.
Dalla p. 263 alla 336 apre la sezione La bella Athena con gli articoli: Il Circolo Cittadino “Athena”; Galatina nella Messapia; Galatina roccaforte borbonica; C’era una volta il Natale; Fanciulli d’un tempo. Come Mauro De Sica invece firma Su e giù con… la monetina; I drammatici fatti di ‘Cristo Risorto’; C’era una volta l’Amore; Un atto d’amore e di fedeltà. Ritorna come Rino Duma e firma: La falce di luna… e di sole; Giorgio Castriota Scanderberg; In quella vecchia scatola di biscotti Plasmon. Mentre come Pietro Tre firma Lu dittèriu. Aneddoti e fatterelli galatinesi. Il popolo quando parla, sentenzia (che si snoda per ben sei puntate). Ritorna a firmare col suo vero nome e scrive La casetta dei contadini d’un tempo; Antonio Mele-Melanton (suo grande amico e grande vignettista di livello nazionale). Come Mauro De Sica firma C’era una volta… la “Pascoli”, per poi ritornare subito al suo vero nome con Che bella rimpatriata!; Buongiorno sig. Maestro; Amata e dolce Madre (Mamma Francesca); Una lezione speciale (Antonietta De Pace. La donna dei Lumi); Quando la vita profumava di lavoro, pane e amore (due puntate); Essere donna a Galatina; Ai miei alunni di Terza Media. Nuovamente come Salvatore Cesari – e a conclusione della sezione – firma Premio Città di Galatina “Beniamino De Maria”.
L’ultima sezione Rino Duma la dedica agli amici scomparsi. La chiama In ricordo di… (pp. 337-348). Si tratta di commoventi bozzetti gonfi di sincera amicizia. E sono: Addio Maestro (prof. Antonio Falco); Don Fedele Lazari; Emilio Rubino; Zefferino Rizzelli; Uccio Legno; Giovanni Prontera; Piero Vinsper; Rossano Marra.
Un libro bello, un libro gonfio di storia, di cultura, di passione. Galatina, dico la gente di Galatina, difficilmente potrà non tenerne conto. Soprattutto le giovani generazioni le quali, attraverso la lettura delle pagine di Rino Duma, potranno acquisire quella che è stata la storia cittadina e quella nazionale.