Nino Haratischwili, La gatta e il generale, Marsilio Editori 2024, pag.656, traduzione dal tedesco di Francesca Bonomi e Fabio Cremonesi
Recensione di Marisa Cecchetti
Dopo L’ottava vita e La luce che manca, romanziin cui ha messo a nudo la violenza interna al sistema sovietico e quella perpetrata contro i popoli in cerca di indipendenza dopo la disgregazione dell’URSS, Nino Haratischwili, nata a Tbilisi e residente a Berlino, ne La gatta e il generale ha fatto della Cecenia il centro della sua attenzione, dopo che con La luce che manca ci aveva portato nella Georgia postsovietica.
Capace di un ampio sguardo sul novecento dell’est europeo, ispirandosi alle testimonianze di Anna Politkovskaja sulle guerre cecene del ’94 e del ’98, la Haratischwili dà vita a una storia che cerca luce sulle atrocità di una notte cecena su cui difficilmente potrà scendere l’oblio, situazione letteraria comunque verisimile.
Non ci sono innocenti tra chi è mandato a sottomettere e uccidere in guerra – anche chi sta a guardare un crimine diventa colpevole – eppure in quella gola dove scorre rumoroso l’Argun, Malïs non sarebbe voluto andare – non desiderava calcare le orme del padre, eroe della guerra russa in Afghanistan – se non vi fosse stato spinto dalla madre, vedova di un eroe, esaltata dal mito del marito e della patria. Di famiglia borghese, lui è un uomo di pace, amante della letteratura, innamorato di Sonja, ragazzina di un rione popolare, dalla personalità forte tanto da essersi guadagnata il rispetto dei bulli del cortile.
In un villaggio di quella che nel 1994 era la repubblica cecena di Ičkerija, Nura, una ragazzina di diciassette anni, bellissima, sogna di andarsene: restia ad adeguarsi alle leggi del clan, va sicura a capo scoperto e con la fantasia colora il mondo: “Quando il mondo intorno a lei diventava troppo duro, troppo scomodo, allora lo cancellava, lo cambiava, come usando un filtro colorato”.
Intorno a Nura, con il suo sogno di fuga, e al russo Malïs, soldato semplice addetto alla cucina in Cecenia, ruotano tutti gli altri protagonisti del romanzo, a cominciare da la Gatta, un’attrice di teatro di origine georgiana, che a vent’anni di distanza da quella guerra Malïs, ora diventato il Generale, scopre su un cartellone pubblicitario berlinese, rimanendo colpito dalla sua perfetta somiglianza con Nura. Da qui nasce un progetto pericoloso e costoso, ma per lui indispensabile: perché cerca la Gatta offrendole una grossa ricompensa? Misteri circondano la sua persona: come è diventato il Generale? Perché è così diverso da quel Malïs che abbiamo conosciuto? Il Generale ora è un uomo potente, arricchitosi misteriosamente e in fretta nel ramo dell’edilizia, circondato da fedeli esecutori della sua volontà, che ha avuto da Sonja una figlia, Ada. Lui la protegge dai fantasmi del proprio passato, che provengono da una notte cecena di stupri e di sangue, di pietà, di coraggio e di dolore, quando è caduto il confine tra “l’orrore più orribile e la tenerezza più misericordiosa”
La Haratischwili recupera tutti i protagonisti di quella notte nel fienile, militari con responsabilità di comando ma anche soldati semplici, ne indaga il passato discutibile, li ritrova a più di venti anni di distanza: per avvicinarli si serve di un giornalista, Onno o Il corvo, che da tempo vorrebbe scoprire la verità sul Generale, che si è addirittura avvicinato alla figlia di lui pensando di farne un mezzo di informazioni ma finendo per amarla. Ada stessa vuole trovare la prova della innocenza del padre, ma il percorso è a suo danno. Chi era nel fienile quella notte? Come è morta Nura?
Nel suo volto/copia di Nura, identificandosi con lei, la Gatta affianca il giornalista muovendosi tra la Germania, la Russia, il Marocco, la Cecenia, e segue il Generale che vuole riunire tutti i responsabili della notte cecena, accogliendo le sue confessioni: lui non sopporta che le “persone che erano diventate dei mostri potessero farla franca”. In Cecenia c’è una resa dei conti? Una volontà di scontare delle colpe? Qualcuno è innocente?
All’incontro ci sarà anche il Corvo: “Hai distrutto la mia vita in nome del tuo proposito di trovare quella maledetta verità che pensavi di dovere al mondo” gli ha detto il Generale: se esamina il proprio passato anche lui può sentirsi colpevole.
Con La gatta e il generale la Haratischwili disegna un quadro degli anni terribili per l’economia e la società russa che seguirono la perestroika, della decadenza, dello smarrimento e della corruzione dilaganti; ci mostra il coraggio e l’orgoglio di chi resiste agli occupanti, intanto scava nella mente umana, vi trova il bene accanto all’orrore, il sangue e l’amore, le forti passioni e la tenerezza, la verità e la bugia, l’innocenza e la colpa, il potere, il ricatto, la sudditanza, la fiducia e il tradimento. Tutto questo è reso con un narrare incalzante, che non svela mai troppo, trascina come un thriller, ma lascia aperto il finale, tra le pareti di un albergo ceceno.
Del resto Sapiro, l’uomo ombra agli ordini del Generale, si era espresso con queste parole: “Scordati la morale, scorda tutte le favole sui buoni che finiscono sempre per vincere. Tutte cazzate. Non funziona così. Non qui da noi per lo meno”. Purtroppo viene spontaneo estendere questo terribile punto di vista a quanto oggi conosciamo della situazione mondiale.