“Nella tana del riccio” un libro di Sandra Guddo, recensione di Giuseppe Macauda
Sandra Guddo, dopo il successo letterario ottenuto con “Ciciri” e “Gramigna”, si presenta ai suoi lettori, sempre più numerosi, con un coinvolgente romanzo distopico dal titolo molto intrigante: “Nella tana del riccio”. Attraverso l’abile scomposizione della logica lineare dei piani spaziali e temporali, la scrittrice palermitana propone una trama singolare ed accattivante che presenta tre donne per protagoniste.
L’ Autrice, mediante una scrittura che assomma i pregi della fluidità e dell’eleganza, conquista la curiosità del lettore sin dalle prime pagine, allorquando tratteggia con sicurezza i profili psicologici di tre donne diverse per temperamento e status sociale.
L’estro narratologico di Sandra si manifesterà, però completamente, nella gestione delle relazioni interpersonali delle protagoniste (che prescindono dalla fisicità e dalla contemporaneità) e nell’utilizzazione del pianoforte come sfondo integratore.
Lo strumento musicale, che rappresenta il vero fil rouge del romanzo, entra in scena da protagonista sin dal primo capitolo, perché rappresenta, in modo inequivocabile, la comfort zone di Nilla, “una bambina solitaria e pensierosa che faceva fatica ad aggregarsi alle compagne di scuola o di gioco a causa del suo sentire o meglio di quelle sottili percezioni che le svelavano fatti ed eventi che non erano ancora accaduti ma che lei presagiva in modo confuso e spesso inquietante”
L’autrice delinea la figura di Nilla con maestria, attenzione e dovizia di particolari, tanto da far ipotizzare un riferimento autobiografico, che finisce per svelare molti aspetti della sua ricca e complessa interiorità.
Il lettore guidato dalla raffinata e versatile penna di Sandra Guddo si ritroverà, alla fine, misteriosamente immerso in una realtà strana ed atemporale, che rappresenterà un interessante stimolo per riflettere su alcuni dei grandi temi che caratterizzano l’esistenza umana.