Motivazioni storiche, politiche ed economiche sulla nascita dello Stato d’Israele
Di Pompeo Maritati
Stralcio da:
RICERCA STUDI STORICI E CORRELAZIONI ECONOMICHE DELL’AREA MEDIO ORIENTALE DI POMPEO MARITATI
Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l’ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione. Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori essendo stati dalla fine del primo conflitto mondiale un loro protettorato, ovvero una propria colonia.
Questo il punto d’arrivo, analizziamo, invece, come si è arrivati a questo riconoscimento e se quanto voluto e strategicamente perseguito dalla egemonica politica estera inglese, sostenuta a spada tratta dagli Stati Uniti, possa oggi essere ritenuta una buona decisione.
Lo stato indipendente d’Israele, si affaccia sul mar Mediterraneo, confina a nord con il Libano, con la Siria a nord-est, Giordania[1] a est, Egitto e golfo di Aqaba a sud e con i territori palestinesi, ossia Cisgiordania (comprendente le regioni storiche di Giudea e Samaria) a est, e Striscia di Gaza a sud-ovest. Tutti territori questi appartenenti all’oramai medio oriente turbolento.
Israele, malvoluto e mal digerito da tutta l’area medio orientale, ha come suo particolare nemico, oltre che il governo presidenziale teocratico dell’Iran, la Palestina, ovvero il popolo palestinese, visto che Israele, come la stragrande parte del mondo non ha voluto ancora riconoscere ufficialmente lo stato della Palestina. Ufficialmente lo Stato di Palestina è uno Stato a riconoscimento limitato ancora non membro delle Nazioni Unite e di fatto occupato in gran parte da Israele. Lo Stato di Palestina rivendica la sua sovranità sui territori palestinesi della Cisgiordania e della striscia di Gaza, con Gerusalemme Est come capitale designata, sebbene il suo centro amministrativo si trovi a Ramallah. Tali territori sono occupati da Israele dal 1967 a seguito della Guerra dei sei giorni. La Palestina ha una popolazione di 5.051.953 abitanti a febbraio 2020.
Questa mia analisi, vuol cercare di comprendere perché la gran parte della comunità internazionale ha optato per la creazione di uno Stato d’Israele nel 1948 e dopo oltre 70 anni non ha ancora ritenuto di riconoscere al popolo palestinese lo stato giuridico di Nazione. Ancora oggi la Palestina, il suo popolo non siede tra gli stati membri dell’ONU, L’ostracismo d’Israele sostenuto dagli Stati Uniti ostacolano ogni sporadica iniziativa. Solo l’UNESCO, organismo dell’ONU, stranamente, nell’ambito della sua Commissione Mondiale ha riconosciuto lo Stato di Palestina.
E’ da sottolineare che i due popoli in un certo qual modo sono in contenzioso dalla notte dei tempi, è forse la diatriba più antica della storia dell’umanità, che a quanto pare, il mondo intero, faccia ancora poco o nulla acché possa finalmente cessare. Millenari rancori si inseguono e si accavallano, fomentati da spregevoli interessi colonialistici che hanno caratterizzato in particolare le politiche di buona parte degli stati europei nel corso dei due secoli precedenti, sino ai giorni nostri.
Cominciamo dal dominio ottomano sull’area medio orientale presa in esame, che si estese per ben quattrocento anni, sino alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel corso del 1915, in piena prima guerra mondiale, il governo inglese, su idea di Winston Churchill, decise di organizzare un corpo di spedizione anglo-francese, con la partecipazione di truppe australiane e neozelandesi, per occupare lo stretto dei Dardanelli, mirando alla conquista di Costantinopoli. Il corpo di spedizione sbarcò il 25 aprile sulla penisola di Gallipoli, ma l’esercito turco, coadiuvato da esperti militari tedeschi[2], si trincerò sulle colline sovrastanti la spiaggia, riuscendo a bloccare gli anglo-francesi per molti mesi, infliggendo forti perdite, fino a costringere gli alleati ad abbandonare l’impresa e ritirarsi dalla penisola all’inizio del 1916.
Nel 1916, dopo la deludente campagna atta alla conquista di Costantinopoli, si ebbe l’accordo Sykes-Picot con cui Francia e Gran Bretagna si spartirono i territori della cosiddetta Mezzaluna fertile: Palestina, Giordania e Iraq sarebbero andati alla Gran Bretagna ; Siria e Libano alla Francia. Solo l’anno dopo, nel 1917, la Gran Bretagna si impegnava con il Congresso sionista mondiale[3] a garantire l’esistenza di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina. L’accordo Sykes-Picot doveva rimanere segreto perché avrebbe suscitato le ire delle altre potenze europee, ma soprattutto perché rappresentava un vero e proprio tradimento delle promesse che la Gran Bretagna aveva fatto agli arabi pur di ottenere il loro appoggio nella guerra contro l’Impero ottomano alleato degli imperi centrali .
Tutto ciò accadeva grazie alla Rivolta Araba[4] che viene ricordata come la guerra combattuta dall’emiro della Mecca Husain ibn ‛Ali al-Hashimi per sottrarre la Penisola Arabica al dominio ottomano e creare uno Stato arabo hashemita, esteso alla Siria. La rivolta, che durò fino al 1918, fu preceduta dagli accordi intercorsi fra Husain e il console inglese H. MacMahon (1915), il quale promise l’appoggio del governo britannico. Le azioni belliche furono guidate da Faysal, poi Faysal I, figlio di Husain, e da T.E. Lawrence[5], alla testa di gruppi di guerrieri irregolari, e si conclusero con la presa del porto di Aqabah, la distruzione della ferrovia ottomana e l’ingresso trionfale a Damasco di Faysal nel sett. 1918. Nonostante l’impegno assunto e l’aiuto militare dato all’emiro hashemita, l’Inghilterra consentì poi, con l’Accordo Sykes-Picot, quindi con la Conferenza di Sèvres (1920) di cedere alla Francia la Siria, promessa al regno arabo, mentre, nella Penisola Arabica, volgeva le spalle a Husain, sostenendo contro di lui ‛Abd al-‛Aziz Ibn Sa‛ud, la solita spregevole politica doppiogiochista.
Apro qui una parentesi che ritengo importante oltre che doverosa. La politica espansionistica della corona inglese si basava su una sola cinica strategia che comunque le consentì un certo successo in giro per il mondo. Ha speso le sue risorse economiche e militari per aizzare e fomentare le eventuali dispute territoriali, addirittura riuscendo a finanziarle contemporaneamente, per poi appoggiarne una e una volta ottenuta l’eliminazione di una delle due parti in gioco, far fuori il proprio alleato. Si, una politica cinica ma che le ha concesso di estendere il suo colonialismo in giro per il mondo, favorendo la sua economia. Il colonialismo inglese non si è mai contraddistinto per democrazia e altruismo. Spesso la storia, quella vera, quella che non è raccontata dai soliti film in cui quasi sempre i vincitori, vengono rappresentati come eroi “arrivano i nostri”, tutt’altro che nostri eroi e salvatori, erano in parte e restano ancora oggi, soggetti cinici, votati esclusivamente al tornaconto personale a qualsiasi costo, che se ne sono ben guardati di portare sviluppo e istruzione in queste aree sottosviluppate. Il cinismo anglo-americano lo riscontriamo, forse nella forma più abominevole quando questi due stati gestirono la questione ebraica negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale, con le conseguenze che tutti noi conosciamo. Loro sapevano e conoscevano bene quello che stava succedendo in Germania, solo che avevano il timore che un loro intervento in materia, avrebbe scatenato una emigrazione di massa degli ebrei, che arrivati in Inghilterra o negli USA, avrebbero dato vita a problemi di ordine sociale ed economico. E’ questa una realtà che nell’ambito delle giornate della memoria viene sempre taciuta ma appartiene alla realtà dei fatti accaduti, peraltro ben documentati da autorevoli studiosi e storici israeliani.
Proprio in quei giorni, nel corso del 2017, il Regno Unito si impegnò, con una lettera del Segretario per gli Affari Esteri Arthur James Balfour (la cosiddetta Dichiarazione Balfour) a Lord Lionel Walter Rothschild (banchiere svizzero ed attivista sionista), membro del movimento sionista inglese, a mettere a disposizione del movimento sionista, in caso di vittoria, dei territori in Palestina per costituire un focolare nazionale. E’ qui che si inizia a porre in essere l’idea della creazione di uno Stato Indipendente d’Israele.
C’è da dire che nel corso dei decenni precedenti c’è sempre stato un flusso di ebrei verso l’area medio orientale, sollecitata dal desiderio di professare il loro credo e sfruttando soprattutto l’arretratezza culturale della popolazione araba, peraltro disunita, senza una vera e propria identità nazionale.
Il controllo su tutto il Medio Oriente da parte della corona britannica si consolidò dal 1920 quando si stipulò un trattato di pace con l’Impero ottomano il 10 agosto 1920 presso la città francese di Sèvres. Con il Trattato di Sèvres il Regno Unito acquisì l’Iraq, la Transgiordania e la Palestina. Tutti questi Paesi, da quel momento, furono soggetti al controllo tramite dei Mandati trasmessi dalla Società delle Nazioni.
I Mandati della Società delle Nazioni prevedevano ben tre tipologie di intervento di Classe A, B e C, che è rilevante indicare per meglio comprendere come sino alla fine del secondo conflitto mondiale, l’Inghilterra, ha svolto il suo ruolo in tutta l’area Medio Orientale estendendosi sino all’Oceano Pacifico.
1) Imandati di classe A, erano costituiti dalle aree prima controllate dall’Impero ottomano che si riteneva avessero «raggiunto uno stadio di sviluppo in cui la loro esistenza come Nazioni indipendenti poteva essere riconosciuta» (Iraq, Palestina e Siria);
2) Il secondo gruppo, detti anche mandati di classe B, era formato da tutti i precedenti Schutzgebiete (territori tedeschi) nelle regioni sub-sahariane dell’Africa centro-occidentale, che si riteneva richiedessero un maggiore livello di controllo da parte della potenza mandataria (Ruanda, Tanzania);
3) I mandati di classe C, che includeva l’Africa sud-occidentale e alcune isole del Pacifico meridionale, furono considerati da amministrare «secondo le leggi della Potenza mandataria come parte integrante del suo territorio».
Il primo Mandato della Società delle Nazioni fu emanato il 24 luglio 1922 per il controllo sulla Palestina. Questo accelerò il processo d’immigrazione ebraica nella zona. Questa accelerazione, in una terra dalle risorse limitate, portò a numerosi scontri tra la maggioranza araba e i coloni. Vennero interessati a questi scontri non pochi insediamenti ebraici. Questi episodi aprirono un’altra crisi all’interno della comunità ebraica emigrante che portò alla nascita del movimento noto con il nome di territorialismo, ovverosia il movimento politico ebraico che reclamava la creazione di un territorio (o di territori) sufficientemente grande per accoglierli, non necessariamente in Palestina.
La storia di quest’area, la Palestina in particolare, da allora iniziò ad essere interessata da rivolte a volte anche molto turbolente, non solo per l’insediamento ebraico ma anche l’innesto tra gli arabi di musulmani di Religione Sciita, in conflitto con i Sunniti.
Tutto ciò fu ulteriormente fomentato dall’ingerimento inglese che nell’assegnazione dei territori da occupare, preferirono assegnare i terreni più fertili agli ebrei, provocando irritazione tra gli arabi.
La spregiudicatezza inglese e l’arroganza ebrea il 19 aprile 1936 dette fuoco alla grande Rivolta Araba, una ribellione che si allargò all’intero Paese. Solo dopo sei mesi, nell’ottobre del 1936, la violenza diminuì per circa un anno, finché nel 1937 la Commissione Peel[6] deliberò di raccomandare la spartizione della Palestina fra ebrei e arabi, con un cambiamento rispetto alla linea politica fino ad allora seguita dai governi britannici.
Immediato il rifiuto della parte araba in quanto la commissione aveva stabilito il trasferimento dei circa 225.000 arabi presenti nel territorio assegnato agli ebrei e dei 1.250 ebrei al tempo residenti nell’area assegnata agli arabi. Il fallimento dei lavori della commissione portò all’istituzione della Woodhead Commission l’anno seguente, che discusse di tre diversi piani di spartizione[1], pur ritenendo che una spartizione del paese sarebbe stata impossibile.
Cessato il secondo conflitto mondiale, nel febbraio del 1947, il governo di Sua Maestà, guidato da Clement Attlee, non essendo più in grado di mantenere l’ordine in Palestina, decise di rimettere il mandato britannico alle Nazioni Unite.
Ecco intervenire l’ONU e in particolare (a gamba tesa) gli Stati Uniti che proposero due opzioni: la prima avrebbe comportato la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo indipendenti, con la città di Gerusalemme posta sotto controllo internazionale (sulla falsariga del piano di spartizione proposto nel 1937 dalla Commissione Peel). La seconda consisteva nella creazione di un unico Stato, di tipo federale, che avrebbe compreso sia uno Stato ebraico, sia uno Stato arabo. Era la Risoluzione 181.
La gran maggioranza degli arabi che vivevano in Palestina e la totalità degli Stati arabi già indipendenti respinsero il Piano.
Rifiutarono qualsiasi divisione della Palestina mandataria, e reclamarono il paese intero.
Gli ebrei invece ne furono, nella loro maggioranza contenti in quanto intravedevano così la possibilità di vedere riconosciuto loro lo stato indipendente d’Israele. Pur non raggiungendo alcun accordo, il 14 maggio 1948 le Nazione Uniti fecero entrare in vigore la Risoluzione e fu proclamato lo Stato indipendente di Israele, guidato dall’ex capo della Jewish Agency David “Ben-Gurion”. Contestualmente, quel giorno iniziò il ritiro delle truppe britanniche dal territorio del nuovo Stato, immediatamente riconosciuto da USA e URSS. All’annuncio della risoluzione, accanto alla gioia della popolazione ebraica, scoppiarono gravi tumulti per la reazione degli Arabi di Palestina. Gli eserciti di Egitto, Siria, Transgiordania, Iraq e Libano, riuniti nella Lega Araba, invasero il territorio del nuovo Stato dando vita alla prima delle guerre arabo-israeliane. Questa era la conseguenza ovvia di una sciagurata soluzione che ha voluto tener conto, per soli motivi di opportunità economia, gli interessi di una sola parte, dando così inizio ad una turbolenza che ha destabilizzato tutto il medio Oriente e non solo, provocando e innestando nuove forme di protesta che ben conosciamo quali gli attentati che nel corso dei decenni successivi hanno caratterizzato la vita dei popoli occidentali. Un’area quella medio orientale che da allora non ha avuto più voce, inasprendo conflitti e rancori, frutto di politiche che certamente se ne sono guardate bene di ricercare veramente la pace, in quanto tali turbolenze rappresentano enormi interessi gestiti dalle lobbie delle armi e della finanza. Prendiamo ad esempio Beirut che dopo la fine della seconda guerra mondiale era chiamata la Ginevra del medio oriente, oggi insistono solo macerie.
Ecco, siamo arrivati così alla nascita dello stato d’Israele, uno stato per certi versi imposto non dalla storia, ma dai beceri interessi di natura squisitamente economica. Una mossa di grande strategia politica voluta e sostenuta dagli USA. Israele oggi rappresenta il suo avamposto nell’area medio orientale. Uno stato la cui popolazione sta dando da decenni dimostrazione di grande arroganza al punto di essere diventato il popolo più malvisto o meno simpatico. Un popolo che ha subito un genocidio, una persecuzione tra le più atroci che l’uomo potesse porre in essere. E nonostante la sua tragica esperienza di sofferenze e atrocità, il suo comportamento nei confronti del popolo palestinese è da essere annoverato quale delitto contro l’umanità.
In Medio Oriente non si è voluto mai ricercare la pace, altrimenti non si sarebbe mai approvata ne tanto meno data esecuzione alla risoluzione dell’ONU Nr. 181,in quanto la realtà territoriale necessitava di un accordo ben diverso e soprattutto condiviso, proprio per evitare tutto ciò che dal 1948 ad oggi ha destabilizzato tutta quell’area con drammatiche conseguenze in tutto il resto del mondo.
Bibliografia consultata:
1) Israele: 70 anni. Nascita di una nazione – di Claudio Vercelli edito da Edizioni del Capricorno, 2018;
2) La sfida di Israele. Come è nato lo Stato ebraico – di Ben Gurion David edito da Castelvecchi;
3) Zeev Sternhell, Nascita d’Israele: miti, storia, contraddizioni (Baldini & Castoldi, Milano 2002);
4) Dan Segre, Le metamorfosi d’Israele (Utet, Torino 2006);
5) Claudio Vercelli, Israele. Storia dello Stato (1881-2007). Dal sogno alla realtà (La Giuntina, Firenze 2007);
6) Ruthie Blum, Gente d’Israele. Storia, destini, voci (Lindau, Torino 2005);
7) Amos Elon, Israele, padri fondatori e figli (Editoriale Viscontea, Pavia 1988);A
8) Ben Gurion e la nascita dello Stato di Israele – Giancarlo Elia Valori – Edizione Carte Scoperte;
[1] Giordania e Cisgiordania: Giordania letteralmente è un’abbreviazione di “sponda occidentale del fiume Giordano”; il Regno di Giordania si estende invece sulla sponda orientale. … In inglese Cisgiordania è stato occasionalmente usato per indicare l’intera, regione compresa tra il Giordano e il mar Mediterraneo.
[2] Possiamo asserire che sin da allora la Germania che oggi è parte dell’Unione Europea ha avuto sempre un occhio di riguardo verso le politiche turche, anche oggi, che è governata da Tayyp Erdogan. Ultimo occhiolino a favore della Turchia, nell’attuale disputa con il governo greco in materia di definizione della piattaforma continentale su cui i turchi possono svolgere attività di estrazione petrolifera. D’altronde sono quasi quattro milioni i turchi presenti in Germania. Non ultima è stata proprio la Germania a perorare il pagamento di cinque miliardi di euro a favore di Erdogan per contenere la masse migratorie rivenienti da quell’area. E’ ancora la solita Europa che opera disgiuntamente in materia di politica estera, dettata solo dagli egoismi personalistici dei singoli membri. La Germania e la Francia ne sono degli ottimi esempi di straordinario egoismo.
[3] L’Organizzazione sionista mondiale è una organizzazione non governativa il cui fine è la promozione della causa sionista. Fu fondata nel 1897 da Theodor Herzl in occasione del Primo congresso sionista di Basilea, venendo originariamente chiamata Organizzazione sionista.
[4] La rivolta araba si svolse fra il 1916 e il 1918, fu avviata dallo sharīf de La Mecca al-Husayn ibn ʿAlī, dopo aver ottenuto la promessa che gli Alleati avrebbero accordato loro la completa indipendenza dal giogo turco-ottomano, qualora essi avessero combattuto contro Istanbul nella prima guerra mondiale.
[5] Il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence è stato un agente segreto, militare, archeologo e scrittore britannico, nativo del Galles. Conosciuto con lo pseudonimo di Lawrence T. d’Arabia, ebbe diversi altri alias, tra cui quelli di T. E. Smith, T. E. Shaw e John Hume Ross.
[6] La commissione Peel (dal nome del suo presidente, lord William Peel) fu creata dal governo britannico durante il mandato britannico della Palestina