Mostra Ecce Homo di Claudio Costa alla Galleria San Fedele a Milano 25.1-2.3.2024
di Serena Rossi
La Galleria San Fedele e il Museo San Fedele di Milano, dal 25 gennaio 2024 al 2 marzo ospita la mostra retrospettiva di Claudio Costa. Ecce homo. L’esposizione è a cura di Andrea Dall’Asta e Stefano Castelli e ripercorre la carriera dell’artista riunendo venti opere realizzate tra il 1968 e il 1994. In collaborazione con Archivio Claudio Costa e C+N Gallery CANEPANERI.
L’ingresso è libero e si può visitare da martedì a sabato dalle 14,00 alle 18,00 (al mattino su appuntamento), chiuso i festivi. In Galleria è disponibile il catalogo.
La mostra affronta i temi fondamentali dell’artista (antropologia, etnografia, paleontologia, alchimia, ricerca sulle proprietà dei materiali, riflessioni sull’idea di museo) tramite un percorso espositivo che attraversa tutte le fasi della sua carriera.
Girando per la mostra si intuisce lo spirito curioso dell’Artista ligure, Viaggiatore e antropologo, infatti le sue opere sono rappresentate da grandi valigie aperte con dentro scacchi per giocare, o un mappamondo colorato di oro e turchese, mappature geografiche con carte e appiccicati reperti naturali.
Tutto fa pensare a studi etnografici, di viaggi e di avventure, un archivio umano. Ci sono anche richiami a rituali magici con simboli e numeri, dei codici forse.
Tecniche miste e assemblaggi soppiantano la tradizionale pittura, con mistero alla Duchamp suo Maestro ed esempio che poi supera.
Claudio Costa (Tirana, 22 giugno 1942 – Genova, 2 luglio 1995) è stato un artista italiano.
Cresciuto in Liguria, a Chiavari, nel 1960 si trasferisce a Milano dove studia architettura al Politecnico. A Parigi nel 1964, grazie ad una borsa di studio vinta con i suoi lavori calcografici, conosce Marcel Duchamp. Nel 1969 ottiene la prima personale alla galleria La Bertesca di Genova. I viaggi compiuti negli anni settanta (Nuova Zelanda, Africa) indirizzano il suo lavoro verso le culture primitive, in un parallelo volgersi alla propria infanzia e all’infanzia del mondo. Nel 1975, in linea con l’apertura verso la cultura materiale che si verifica in Italia a metà degli anni settanta, organizza con Aurelio Caminati il Museo di antropologia attiva di Monteghirfo (Favale di Malvaro), un’abitazione tradizionale dove recupera, cataloga utilizzando il linguaggio del luogo ed espone gli oggetti a essa appartenuti svolgendo un lavoro, idealmente vicino a quello di Christian Boltanski, di ricostruzione della memoria individuale e collettiva, una ricontestualizzazione opposta alla decontestualizzazione duchampiana. Dopo una serie di esposizioni in Germania è presente a Documenta 6 di Kassel. Negli anni ottanta, in un percorso di allontanamento dalla psicanalisi tradizionale e dallo strutturalismo, torna alla pittura (sono gli anni della Transavanguardia), al primitivismo e allo sciamanesimo di Beuys; è un recupero della manualità e del vissuto, in opposizione a quella dimensione fredda teorizzata da McLuhan e, di nuovo, alla preminenza del concettuale. È in questo senso che si pone quel work in regress (locuzione ripresa dal work in progressjoyciano), teorizzato dal 1976, che caratterizza il lavoro di Costa: un ritorno al mito, al simbolico, al sé, anche attraverso le autocitazioni, un ritorno che, in senso pienamente postmoderno, poco ha a che fare con le ricostruzioni operate dalla storia. Nel 1986 espone alla Biennale di Venezia l’opera intitolata Diva bottiglia (per un Museo dell’Alchimia) nella sezione “Arte e Alchimia” curata da Arturo Schwarz.
L’opera di Costa è anche legata all’ex ospedale psichiatrico di Quarto dei Mille dove, in collaborazione con lo psichiatra Antonio Slavich, organizza un laboratorio di arteterapia. All’ex O.P. di Quarto Costa lavora come terapeuta dal 1986, il Museo attivo delle forme inconsapevoli viene istituito nel 1992. Dal 1986 con Jakob de Chirico, Angelica Thomas, Antonino Bove e Igor Sacharov Ross è protagonista del gruppo Kraftzellen – Cellule di Energia. L’attività di Costa a Quarto sottolinea ulteriormente quella ricerca della “non normalità” che non prescinde da esperienze personali e che è condotta in questi anni parallelamente ad un progetto museale dedicato agli scambi culturali tra artisti africani e artisti occidentali. Nei primi anni ’90 si dedica anche alla Mail art.
Il polo museale di Quarto, con la sua raccolta di opere di artisti professionisti (fra gli altri Aurelio Caminati e Giannetto Fieschi) e dei degenti dell’ospedale, è considerato comunemente dai critici come un’unica opera dell’artista stesso.