Mostra di Jean Marie Barotte alla Fabbrica del Vapore a Milano 5.10-31.10-2024
di Serena Rossi
La Fabbrica del Vapore di Milano ospita una bella mostra di pittura e di storiografia dell’Artista Jean Marie Barotte (1954-2021) DIPINGERE OLTRE LA SOGLIA organizzata e promossa dal Fonds Barotte Madau e Fabbrica del Vapore con l’Associazione T.Art a cura di Chiara Gatti e Marco Bazzini che sono anche i curatori della mostra, e la direzione artistica di Maria Cristina Madau.
Orari di apertura mostra dal lunedì al venerdì 12-20, giovedì 12-22, sabato e domenica 10-20
Sono previste 4 conferenze per approfondire la mostra in date 10,17,24 e 31 ottobre 2024.
Italo-francese l’Artista Barotte inizia ad abbracciare il mondo del Teatro e la mostra riporta diverse fotografie di sue opere in scena poi si dedica al disegno ed infine alla pittura, senza dimenticare la filosofia in parallelo.
Fu influenzato da diversi artisti, letterati e filosofi come Paul Celan, San Juan de la Cruz, Jacques Derrida ed Edmond Jabes.
Le opere esposte sono “soglie” tutte di strutture informale, spazi da indagare con colore a volte fluo e nero o grigio prevalente, una indagine esistenzialista che abbaglia per modernità e bellezza pura, ricerca e raffinatezza e originalità.
Le opere sono quasi tutte di piccolo formato per il desiderio di trasportare su tela il gesto minimo, poetico, sussurrato più che tracciato dall’azione del pittore. E’ il silenzio che si fa voce, un canto lirico moderno.
La mostra, ad ingresso libero, è accompagnata da un catalogo monografico edito da Silvana Editoriale con testi critici di Marco Bazzini, Chiara Gatti, Sara Chiappori, Federico Crimi, direzione artistica Maria Cristina Madau.
Nato nel 1954, da padre francese e madre italiana, dopo il diploma al liceo Scientifico Vittorio Veneto, frequenta gli ambienti del teatro milanese. Negli anni settanta frequenta i corsi di teatro antropologico della Comuna Baires di Milano, teatro indipendente argentino fondato a Milano nel 1977. Prosegue con l’esperienza teatrale facendo parte del gruppo di che con il fondatore storico Mario Montagna fondano il Teatro i a Milano. Dopo queste diverse esperienze della scena culturale dell’epoca, Barotte si addentra nel mondo del teatro di ricerca internazionale, che lo porta a vivere l’esperienza di attore diretto dal regista e pittore Tadeusz Kantor nel 1980. Nello stesso periodo lavora con la compagnia milanese Teatro AlKaest con Marzia Loriga ed altri attori che hanno fatto parte della compagnia Cricot 2 di Kantor. Nel 1987 partecipa a documenta 8 Kassel con lo spettacolo di Kantor Macchina dell’amore e della morte.
Alla fine degli anni ottanta, con l’esperienza decennale di sperimentazione con il grande regista, in Barotte nasce l’esigenza di sviluppare un proprio linguaggio. La sua ricerca visiva inizia durante le tournée teatrali, realizzando i suoi primi disegni nelle camere d’albergo in giro per il mondo.
Per dare forma al suo pensiero l’artista intraprende quindi un nuovo percorso, comprende che la pratica teatrale non corrisponde più alle sue esigenze e conclude il suo vissuto come attore per dedicarsi interamente all’indagine visiva che lo porterà nel corso degli anni alla pittura. La letteratura e la filosofia sono gli strumenti che lo accompagneranno nel suo cammino; I legami con l’opera letteraria di Edmond Jabès, l’opera poetica di Paul Celan, il percorso spirituale di San Juan de la Cruz, l’opera filosofica di Jacques Derrida, ispirano l’artista in una continua narrazione filosofico-pittorica. La sua opera testimonia un ricorso a una violenza pittorica quasi necessaria per arrivare ad esprimere il concetto di sublime.
Le sue opere testimoniano una profonda riflessione, formale e concettuale, maturata di pari passo col suo cammino spirituale; quel cammino che nella serie ispirata alla ‘Noche oscura’ di San Juan de la Cruz conduce dall’oscurità alla luce. I neri vellutati fanno affiorare un lontano barlume e rivelano una via alternativa all’oscurità, dando forma a quel continuo dialogo dell’esistenza con la finitudine.
L’artista lavorava per sottrazione, come nella tecnica teatrale si sottraeva per far spazio alle sue opere. Forse proprio grazie alla sua importante esperienza in teatro, considerava la sua presenza troppo ingombrante per la sua arte. Il senso profondo dei suoi silenzi e delle sue assenze devono essere considerati come una lunga meditazione che si manifesta attraverso la sua ricerca, le materie impalpabili, le forme, i segni, i neri alchemici dai quali emerge la luce e il colore. La sua pittura si esprime come una poesia muovendosi tra continui rimandi filosofici.
Jean-Marie Barotte ha vissuto intensamente l’epoca d’oro della vita culturale della Milano tra gli anni ’70 e ’90, periodo che vede protagonisti alcuni dei più importanti movimenti artistici meneghini portati sulla scena mondiale; questo fermento gli consente di formarsi in un contesto favorevole agli incontri internazionali.