IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Mnesia tra Storia, Memoria e Futuro: Statua di Sant’Antonio da Padova

Ricostruzione virtuale Porta urbica con varco centrale e due piccoli laterali con statua di S. Antonio

Porta urbica medievale: elaborazione di Marco Danieli su progettazione di Francesca Ferrari

di Salvatore Antonio Polimeno

Vado verso dove vengo!

Sempre difficile mettere in relazione storie da “emigranti”, se si vuole, o forse meglio da “erranti” con quelle di chi resta in una pratica di costruzione corale di nuovi significati dei propri luoghi di origine, spesso destinati al progressivo spopolamento ed all’abbandono.

Interrogarsi e riflettere sull’impatto di tale progressivo evidente fenomeno, che interessa ormai 5521 comuni d’Italia con meno di 5000 abitanti, pari al 69,85% del numero totale, sulla capacità di resilienza e di elaborazione di nuove soluzioni e progetti di ritorno diventa difficilissimo, seppur necessario ed aggiungerei vitale per la sopravvivenza stessa dei luoghi.

Grafica di Palazzetto medievale e torre civica
Palazzetto medievale con torre civica: elaborazione grafica di Filippo Spinella

Si assiste allora al proliferare di tante iniziative sperimentali partecipate, spesso fine a se stesse e che esauriscono la propria portata nell’arco di una notte, per raccontare i tanti paesaggi fragili, il fenomeno dell’abbandono e quello del ritorno, il senso delle partenze e quello delle “restanze”, il rapporto tra il troppo pieno delle “periferie” popolose ed il troppo vuoto dei “centri storici”, l’incedere tra quello che non è più (palazzetto con torre civica per esempio), quello che è (palazzetto decadente degli anni sessanta costruito sulle rovine del precedente) e quello che non è ancora e che rischia di non essere mai più.

Divisa militare appoggiata sul letto
“Partiti”: elaborazione grafica di Salvatore Antonio Polimeno

Favorire la dialettica tra “partiti” e “rimasti” può aiutare a restituire una nuova identità dei luoghi, e tracciare, così, nuove trame di vie e percorsi verso un modello capace di interagire con le storie di vita e di piccole utopie, che esistono e resistono nei piccoli paesi, e con le pratiche d’innovazione e inclusione sociale, di attivismo civico e di rigenerazione urbana essenzialmente su base culturale e quindi artistica e imprenditoriale.

E’ questo il senso di un piccolo progetto di “Partiti” che stenta a vedere la luce tra i “Rimasti” seppur potenzialmente in grado di far migrare il significato di periferia in centro: la restituzione alla vocazione locale di una statua di Sant’Antonio incastonata in una delle porte urbiche medievali e diruta nel 1907 in uno dei tanti borghi del Salento.

SANT’ANTONIO

La devozione al Santo di Padova ha origini molto remote in tutto il Meridione dove il suo culto si è andato diffondendo soprattutto nel Seicento ad opera dei frati minori Osservanti e dei frati che andavano a costruire ovunque conventi e Chiese a lui dedicati. Lo si trova in tante testimonianze religiose ed, in qualche caso, anche incastonato in qualche Porta Urbica di accesso alle Terre a protezione delle scorrerie del tempo.

Ricostruzione virtuale di Porta urbica con varchi laterali più piccoli con statua di S. Antonio da Padova
Porta urbica medievale: elaborazione di Marco Danieli su progettazione di Francesca Ferrari

In Puglia è il Santo più venerato, prova ne sia che ha accompagnato la Storia di molte realtà a protezione dei tanti momenti di crisi profonda, quali la Grande Guerra o il terremoto del 1810 per cui è stato invocato per la salvezza ed il ritorno dei nostri soldati o per il suo potere taumaturgico. Commovente soprattutto la protezione invocata sui bambini, che venivano vestiti con l’abito francescano (la “vesticedddrha te Sant’Antoniu”) in segno di riconoscenza per la grazia ricevuta. Era uso infatti per i genitori offrire ai poveri grano o pane (“lu pane te Sant’Antonio”) in quantità pari al peso del figliolo (“benedictio ad pondus pueri”), secondo un uso padovano riportato in un’antica biografia del Santo. Persino le campane che segnavano l’incedere del tempo vi erano dedicate!

L A STORIA

Il 12 Ottobre del 1907, così annotava il De Giorgi in merito alla triste fine di una statua di Sant’Antonio incastonata in una delle porte medievali di uno dei tanti borghi del Salento: “ma io non potevo neppure sognare il vandalismo che è stato compiuto recentemente .. e senza veruna opposizione o protesta….. Le due porte ….., una della facciata e l’altra della parete laterale destra, squisito lavoro d’architettura e di intaglio in pietra leccese del tempo …… sono state strappate dalle pareti ed hanno preso il volo per opera dei soliti intercettatori di antichità, che vengono di continuo, come le vespe, sulla nostra provincia”.

Uomini lavorano un reperto statuario incastonato nel muro
Estate 1907: diroccamento della Statua di sant’Antonio

Nella realtà della storia che traspare dai documenti sull’evento, il destino della porta con il Santo sarebbe stato segnato il 12 aprile del 1867 in una delibera comunale che ne aveva sancito la demolizione col riutilizzo del materiale per la costruzione di un locale “per uso di macello”. Tre anni dopo però era ancora lì se l’8 Maggio 1870 si era deciso di restaurarla risultando “mezzo diruta dai lati e facile a pericolare” al fine “non solo ad evitare qualche disastro, ma ben ‘anco per migliorare la visuale dell’entrata del Paese”. Anche quest’ultima delibera non deve aver avuto gran seguito se il 30 ottobre 1878 il Comune incaricava il perito di redigere un progetto per smaltire le macerie esistenti intorno alle mura e per diroccare la Porta di S. Antonio, che, ancora in piedi, era probabilmente in condizioni precarie e veniva ritenuta troppo angusta per consentire il passaggio agevole dei carri e delle carrozze, come era emerso a più riprese.

Quattro fasi di diroccamento di statua di uomo dal piedistallo con fune
9 Aprile 2003: diroccamento della Statua di Saddam Hussein in Bagdad (Fonte Repubblica)

La porta non venne demolita nemmeno in quella occasione, anzi sopravvisse per almeno altri 28 anni sino al 1907 quando si deliberò il raccoglimento di brecciame e lo sgombero del largo.

LA MEMORIA

Interpretando il dire popolare, la scena di quel giorno si sarebbe andata a presentare in tutta la sua drammaticità, mutatis mutandis, uguale a quella che un secolo dopo si sarebbe vista in uno scenario completamente diverso: una corda al collo…e poi il tonfo sordido! Simile lo scenario intorno a quella che era stata la Porta di Sant’Antonio con il Santo “diroccato” con una fune!

Vera “Passione” collettiva…..si frantumò in sei pezzi: la parte inferiore, il busto, la testa, la statuetta di Gesù Bambino, la mano sinistra che regge il libro ed il giglio.

Resti ritrovati di statua
Vestigia di Sant’Antonio: elaborazione di Salvatore Antonio Polimeno

I simboli del Santo erano e sono rimasti MIRACOLOSAMENTE intatti e sono ora custoditi dagli eredi di chi quel giorno, mosso da pietas cristiana, ne ebbe cura! Delle rimanenti parti si vagheggia abbiano preso diversi lidi!

LA MNESIA

Nelle scienze mediche e psicologiche “Mnesia” viene usato come secondo termine associato alla composizione di termini afferenti la…memoria ad indicare le informazioni immagazzinate e/o recuperate a livello individuale, familiare e sociale! Ricostruire lo storico tramite l’anamnesi può rilevarsi catartico ove si ricrei ciò che è sfuggito alla presa del passato e del presente per nascondersi nei recessi dell’anima, di ciò che è rimosso, dimenticato.

Statua di santo con indicazione posizione dei resti ritrovati della statua
Ricostruzione in 3D di Sant’Antonio: elaborazione grafica di Marco Danieli

Capita anche, però, che l’Amnesia rischia di insinuarsi tra i meandri più reconditi della società: quella società che predilige l’individuo che dimentica il proprio io ed i propri luoghi!

Quei luoghi e quell’io che possono rivivere nella ricomposizione delle vestigia di un Santo i cui resti diventano allora ferite della storia da rimarginare e che si ripropongono in una memoria distratta e priva di futuro.

IL FUTURO

“Cancellare” non è mai una buona idea perché alla fine significa solo togliere ricchezza culturale a tutti e lasciare la proposta più povera e unica di alcuni, che decidono la mentalità dominante del momento: perché allora non lanciare un segnale di speranza verso il futuro e riportare magari la Statua di un Santo nel largo dove gli antenati l’avevano prima posta e poi diruta? Comprendere prima, però!

Un segnale di rinascita, in un momento particolare come quello attuale, che col tempo potrebbe vedere un seguito con la ricostruzione di altre antichità che hanno segnato la memoria rivitalizzando il centro storico decadente di quel borgo il cui destino sembra inesorabilmente segnato.

La Statua del Santo potrebbe essere ricostruita sulla base delle “sei reliquie” MIRACOLOSAMENTE sopravvissute al “diroccamento”.

Di queste, in pietra leccese, si saprebbe che il busto misura cm. 71, la parte inferiore, dalla cintola ai piedi, cm. 88, il giglio e la mano col libro cm. 16 ognuno e la testa cm. 27 di lunghezza e cm. 57 di circonferenza. Il Gesù Bambino in braccio al Santo sulla sinistra con nella mano il globo completerebbe l’opera.

La stampa in 3 D della statua del Santo unitamente alla ricostruzione della Porta medievale che il Santo ospitava in una nicchia sembra quasi voler plasmare l’idea della rinascita.

Quadrato con puntini
Qcode con la ricostruzione in 3 D della Statua di Sant’Antonio: elaborazione di Filippo Spinella

Chissa’ che ancora oggi non si trovi, come già avvenne nella primavera del 1778 durante il “Voyage Pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile” dell’Abate di Saint-Non, un “Luogotenente del Sindaco” del borgo che senta di venire in aiuto per realizzare un sogno che dia voce alla vocazione di tanti che hanno conservato il culto del Santo aprendo la mente verso disegni più ambiziosi quali, per esempio, lo studio delle Mura e del Centro storico in una possibile ricostruzione in 3 D e non solo: questo l’auspicio!

“Nous Laissames nos caleches a Lecce, & primes des chevaux de selle pour nous transporter a Otrante; mais n’ayant pu partir que l’apres-midi, il nous sallut prendre le parti d’aller coucher a Soletta. En sortant de Lecce, on trouve d’abord des carrieres dont la pierre se tire de la grosseur que l’on veut, etant tendre en sortant de la carriere & d’un gres fin & egal; on peut la tailler, la couper & la tourner a volontè. A deux milles plus loin, on trouve un Vallon charmant couvert de Constructions, & ensuite le Village de Sant Cesare, le plus beau & le mieux bati que J’aie vu de ma vie. C’est vraiment une singularité de la Province de la Pouille & de la Terre d’Otrante que la beauté des Villages que l’on’rencontre fur la route, & dont les Vues ressemblent souvent à celles que l’on pourroit desirer a des Villes considerable”.

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