Miscellanea attorno al mondo della lirica. Capitolo 11: … IL CENTESIMO NOME É SEGRETO!
“Il centesimo nome è voce dorata …”
di Emilio Spedicato
La centesima intervista corrisponde, nell’ambito della simbologia qui usata (che associa le stelle della lirica ai 99 nomi di Dio secondo il Corano e al centesimo segreto per i non sapienti) ad una donna, soprano straordinario ma virtualmente dimenticato. Dio trascende ovviamente i caratteri fisici dell’ uomo e della donna, ma nelle sue doti spirituali può in qualche modo accostarsi a caratteristiche umane: intelligenza, amore, mistero, misericordia…. e tutte le altre doti rispecchiate nei 99 nomi.
La scelta del centesimo artista non è stata affatto ovvia.
Chiamerò il soprano cui si riferiscono queste note con il suo nome d’arte, Sonia.
Avrei desiderato che fosse Gabriele Mandel, uomo ai vertici della cultura, arte e spiritualità nel mondo italiano, e che avrebbe potuto, lui diplomato in violino e frequentatore dell’opera negli anni d’oro del dopoguerra, confrontare il canto serio dell’Occidente con quello dell’Oriente. Mandel guidava un ordine sufi che pratica le danze Dervishi, tramite le quali si può raggiungere l’estasi. La sua vastissima conoscenza dell’Oriente era basata sulle molte lingue conosciute, e su tanti viaggi e contatti personali. Era di origini afghane, dalla regione del lago Hamoun vicino a Kandahar, un tempo persiana, centro di civiltà millenni orsono, in particolare ai tempi dell’ eroe Rostam dello Shanamah, il Libro dei re. Ma il primo luglio 2010, mentre ero a Roma per le interviste di questo libro, cessava la sua lotta contro un tumore rivelatosi improvvisamente. Aveva subìto un’operazione di urgenza il giorno in cui era atteso a pranzo da me con il soprano Gigliola Frazzoni, colei che Luciana Serra definì più che bellissima, con gli occhi verdi…. Quindi l’intervista è stata impossibile. Anche l’ultima versione, quella in arabo (delle 25 versioni in lingue diverse dei miei articoli che desiderava fare lui, raffinato conoscitore dell’arabo classico), è stata poi realizzata in Libano, dall’Università Holy Spirit, a Junieh.
Una seconda possibilità considerata fu Hughes Cuénod, decano mondiale, a 109 anni, degli artisti lirici, ancora in parte attivo nel suo castello di Vevey, morto poi nel corso del 2010, lasciando come decano Licia Albanese.
Una terza possibilità era Suor Marie Keyrouz, libanese che vive usualmente a Parigi, fondatrice di un ordine di suore che cantano melodie sacre antiche, sia cristiane che musulmane. Dopo aver studiato da soprano a Parigi (soprano lirico, secondo il giudizio di Maria Luisa Gavioli alla quale feci ascoltare un CD della Keyrouz), divenne suora in Libano. Riprese a cantare quando, trovatasi davanti al corpo di un adolescente ucciso da un proiettile durante gli scontri a Beirut, la madre disperata le chiese di cantare per accompagnare l’anima del figlio al cielo … ma Suor Keyrouz è stata irraggiungibile.
Non c’è due senza tre ed il quattro vien da sé, è detto popolare, che qui si ritrova verificato nella scelta di un altro straordinario personaggio. Il nome è tenuto segreto, ma può essere identificato da chi abbia sufficiente conoscenza.
Avevo letto affascinato il libro autobiografico di uno dei maggiori antropologi e fotografi italiani del Novecento, noto per i suoi viaggi in Tibet e presso gli Ainu del Giappone (non potei incontrarlo prima della sua scomparsa, più che novantenne, l’ho solo brevemente sentito al telefono).
Nel libro si riferiva alla moglie modificandone il nome da Topazia a Malachite; e in un suo libro di fotografie la chiamava la siciliana dai capelli d’oro, lui di provenienza centro-italica e centroeuropea.
Affascinato dal libro, contattai Topazia-Malachite, trovando facilmente il suo numero di telefono e presentandomi come persona con interessi per l’Oriente.
La signora dichiarò di essere molto anziana, prossima ai novanta anni, ma da allora ho il piacere di incontrarla regolarmente a Roma. Oggi la signora non ha più i capelli d’oro, sebbene al telefono io continui a chiamarla la siciliana dai capelli d’oro, ma, a 98 anni, gode di memoria virtualmente intatta, ed ha vastissimi interessi culturali ed artistici, in particolare per la pittura moderna. Lei stessa è stata pittrice, nonché primo amore adolescenziale di Guttuso, che l’ha riprodotta in vari quadri.
La siciliana dai capelli d’oro mi ha parlato a lungo della sua vita di nobildonna in un palazzo vicino a Palermo, godendo sulla base di antichi privilegi il titolo di principessa. Una vita piena di musica, avendo studiato il pianoforte, e poi una vita avventurosa in Giappone con il marito antropologo. Qui, con il marito e le tre figlie, passò anche un lungo periodo in campo di concentramento, trattamento non fisicamente duro ma pochissimo cibo e fame continua. E ricorda perfettamente l’esplosione atomica di Hiroshima, non lungi dal loro campo presso Nagoya, quando il cielo si tinse di luci strane.
Tornata in Italia e terminato dopo quaranta anni il matrimonio con il marito, molto attratto dal Giappone e dalle giapponesi…., ha fatto attività di gallerista e continua una intensa vita di contatti culturali (fra i quali quello con una signora triestina ultracentenaria… con la quale ho potuto anche io brevemente parlare, prima della sua “immatura” scomparsa, a soli 105 anni: Daisy Nathan, sorella di un grande pittore….)
Ho parlato molto con lei dei suoi primi tempi in Sicilia. Ho scoperto, riferendomi al mio nuovo interesse per la lirica, che sua madre era stata un soprano molto speciale, ora dimenticata, perché attiva sulla scena internazionale per un periodo brevissimo.
Di seguito, riporto alcuni ricordi da un incontro avuto il 5 luglio 2010, nel solito ristorante abruzzese dove pranziamo. Avevo avuto quel giorno a Roma molti intensi incontri (Marco Erede, Andrea Lo Vecchio, Ruggero Marino…), terminati purtroppo con la notizia della scomparsa di Gabriele Mandel e di Irina Kirpitscheff, la mia insegnante di pianoforte.
La madre di questa principessa era nata a Santiago del Cile nel 1892 da una famiglia nobile di origini basche prevalentemente, sebbene ci sia evidenza anche di sangue reale incaico, ripetendosi nella famiglia il nome di Manco Capac, uno dei grandi sovrani Incas. Le era stato dato il nome di Amelia, che non le piaceva. Si prese quindi quello d’arte di Sonia, con cui fu poi in pratica nota. La famiglia era di alto livello sociale, avevano una casa anche sulle Ande, a Viña del Mar, il padre era diplomatico, con interessi per la lirica, e viveva usualmente a Parigi come segretario di ambasciata.
Sonia studiò pianoforte e canto, essendo soprano lirico dalla bellissima voce. Era considerata una personalità particolare, originale, stravagante. Era donna di grande bellezza, dalla pelle chiara, i capelli castani, aveva una cultura vasta. Volendo vivere la sua vita senza troppi controlli, fuggì giovanissima dall’abitazione parigina per recarsi a Milano, attrazione per ogni cantante, per studiare all’Accademia della Scala. Ritrovata dal padre e riportata a Parigi, appena maggiorenne però tornò a Milano. Qui conobbe e fu assai ammirata da Enrico Caruso, che le diede lezioni, e da Giovanni Ricordi, che vedevano per lei una grande carriera. Cantò in vari teatri, fra cui il Covent Garden. Grandissimo il successo, anche per la sua bellezza.
Incontrò poi il duca di Sala Paruta, uomo brillante e bello, dotato di voce di basso-baritono e con cui cantò in duetti. Il duca era maggiore di undici anni. Si innamorarono, e si sposarono presto. Trasferitasi in Sicilia, il Teatro Massimo l’avrebbe voluta come primadonna, ma il duca e la famiglia estesa si opposero, non era per loro accettabile che la principessa cantasse in pubblico. Era tuttavia permesso, in occasione di eventi al Massimo, di invitare i cantanti al palazzo del duca, dove lei poteva allora cantare. Amava in particolare le arie tragiche dalla Tosca e dalla Traviata.
Da Amelia (in arte Sonia) nacque Topazia, nel 1913, e quando apprese a suonare il pianoforte accompagnò spesso la madre soprano, ed anche il duca basso-baritono, in recital a palazzo. Frequentavano molto la vita musicale, andando regolarmente al Teatro Massimo (avevano il palco numero 206), e poi occasionalmente alla Scala ed al Comunale di Firenze, dove Topazia incontrò il futuro marito antropologo.
Topazia iniziò a frequentare il teatro non ancora diciottenne. Ricorda di avere sentito cantare Scialiapin, Gigli, Stignani, Cigna, Pagliughi, Dal Monte…. e ricorda i direttori Marinuzzi e Serafin. Dedicatasi alla pittura, fu amica di Guttuso e organizzò esposizioni dei suoi quadri. Avrebbe potuto fare la direttrice di galleria, ma Folco la portò in oriente, alla ricerca degli ultimi Ainu.
Sonia è morta nel 1981, novantenne.
Era amica di Ester Mazzoleni, il grande soprano nata a Sebenico, morta a 99 anni a Palermo.
Sonia disse che, delle sue tre nipoti, Yuki, nata con problemi di salute, aveva una voce d’oro.
E sull’accuratezza dei ricordi della principessa Topazia testimonia una delle tre figlie:
Caro Emilio,
va benissimo così la storia della nonna. Ho solo fatto due piccole correzioni e….. Non so se sono stata capace di mantenere il rosso delle revisioni. Comunque basta riprodurlo così come glielo mando. Un carissimo saluto da …