Maria Pia Quintavalla, Saudade 2017-2022, puntoacapo Editrice, Pasturana (AL), 2024
Recensione di Lorenzo Spurio
È uscita pochi giorni fa la nuova raccolta poetica della nota poetessa Maria Pia Quintavalla, l’ennesima in un lungo e apprezzato percorso letterario che l’ha vista, recentemente, meritare il Premio Speciale “Alla Carriera”, conferitole nelle Marche[1], per la sua distinta attività di poetessa e saggista all’interno della III edizione del Premio Letterario “Paesaggio Interiore” (2023) presieduto da Francesca Innocenzi.
L’opera si propone nella forma di una raccolta di testi che fanno riferimento al periodo 2017-2022 e va sotto il titolo di Saudade, termine caro alla cultura lusitana e carioca. Il libro è stato pubblicato all’interno della collana “Intersezironi” della puntoacapo editrice di Pasturana (AL) ed è introdotto da una prefazione a firma di Giancarlo Sammito.
L’Enciclopedia Treccani online fornisce, quale spiegazione del lemma straniero “saudade” che comunemente viene richiamato anche nel nostro dizionario, tale definizione: «Sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente (in quanto perduto o non ancora raggiunto), che permea la poesia lirica portoghese e brasiliana dell’Ottocento e che, rivendicato nei primi del Novecento da alcuni letterati fautori di una rinascita della cultura portoghese come atteggiamento tipico del carattere nazionale, si è diffuso come stereotipo dell’animo portoghese e, per estensione, brasiliano». Il termine richiama un sentimento di più o meno sofferta malinconia per un passato o un perduto al quale l’individuo anela nel pensiero vagheggiando quel che è stato o nutrendo il pensiero di quel che vorrebbe recuperare. Saudade della Quintavalla è la voce intima che corrisponde alla chiamata nostalgica, a una musica lontana di echi imbevuta di rimpianto, una sorta di tristezza nativa che non è la sofferenza del lutto ma nella quale squarci di luce possono anche penetrare. Come sosteneva Tabucchi, infatti, può trattarsi anche di una “nostalgia del futuro” (che, dopotutto, sempre per lo stesso autore, è una sorta di “paradosso”) e può aver a che fare con qualcosa che stupisce e intenerisce al contempo.
Nella prefazione di Sammito è possibile leggere: «C’è tanta acqua in Saudade. Acque serene di adolescenziale vigilia, di veglia per una incarnazione nella parola e nel senso condiviso dei linguaggi. Ma anche di amnio e naufragio, acqua persa (buia) e rugginosa in pozzanghere di città dove la vita, la poesia, hanno trovato e trovano ancora forme di canto. E luoghi, una pressante aspirazione, come dice il titolo, a luoghi, e non soltanto interiori […] Saudade è combinazione e madre del sentimento del tempo, del desiderio, tesoro compresso tra futuro e passato: del nostos, Sehnsucht protesa al viaggio nel luogo o nel tempo del percorso linfatico, invisibile ma presente, che a maggior ragione esige dunque voce, espressione, storie».
L’opera contiene al suo interno un prima e un dopo, che si contraddistinguono dal limite di una sorta di “spartiacque” rappresentato dall’insorgenza della triste pandemia che abbiamo sperimentato. Così, all’ante Covid appartiene la sezione “Casi del mondo, case dell’amore” mentre all’età successiva, impressa al trauma del Coronavirus, appartiene la ricerca di saudade e i “Giorni come fucilazioni” dove trovano collocazione i «pensieri tortorelle» in attesa di «fucilate imprevedibili, come serenate attese».
L’Autrice ha rivelato in una conversazione privata che «Ci sono tagli in questo libro: e acque da tagliare» con particolare riferimento al rito della nascita (e di molte nascite si parla nel volume), ma anche al fenomeno dell’immigrazione rappresentato da quei passaggi delle navi libiche che fendono le acque del Mediterraneo. Sono esempi di questo taglio etico-civile le opere che evocano ecatombe dolorose e le cronache ripetitive dei nostri giorni, in una «vita di periferico abbandono» (32): “Sono una nave libica” e “Augusta, il naufragio”.
Ci sono poi le sezioni in prosa: i componimenti “La piantina”, “Dalla torretta”, “La terribile età” sono estratti da “Album feriale”. A chiudere è il poemetto “Augusta, il naufragio”, un delicato e curioso prosimetro in cui è possibile leggere: «Ora, questo immenso camposanto è marino, l’assenza di pietà umana ha scelto il colore dell’acqua per manifestarsi. Un cielo capovolto e profondo pieno di pesci, ora in frotte, ora in fuga» (74).
Maria Pia Quintavalla (Parma, 1952) vive a Milano. Ha pubblicato le opere Cantare semplice (1984), Lettere giovani (1990), Il Cantare (1991); Le Moradas (1996); Estranea (canzone) (2000; 2022), Corpus solum (2002), Album feriale (2005), Selected Poems (2008), China (2010), I Compianti (2015), Vitae (2017), Quinta vez (2018). Tra i premi vinti si ricordano il “Cittadella”, l’“Alghero Donna”, il “Nosside”, il “Pontedilegno”, il “Città di Como”. Numerose le opere antologiche nelle quali risulta inserita tra le quali Braci (2020, a cura di Arnaldo Colasanti). Inserita nell’Atlante voci poesia, progetto curato da Giovanna Iorio. È stata Redattrice della rivista «Menabò» ed è nella Giuria del Premio Terre d’ulivi. Collabora alla rivista «Metaphorica». Conduce laboratori di lingua italiana presso la facoltà di Lettere UniMi.
Lorenzo Spurio
[1] Cerimonia avvenuta a Cerreto d’Esi (AN) nel 2023.