Lugh e Lughnasadh: il mito del ciclo della vita
Lì, dove le tracce della storia si fondono e confondono ai luoghi e alle tradizioni folkloristiche irlandesi ed europee, si intreccia un mito divino come tanti: quello del dio Lugh (secondo la pronuncia irlandese moderna, Lú).
E quale giorno migliore di questo, 1 agosto, se non quello della sua festa, Lughnasadh, per parlare di lui?
Genealogia del dio Lugh
Una prima e dettagliata descrizione di Lugh ce la fornisce Giulio Cesare nel suo De Bello Gallico (VI: 17-18), dove nella parte in cui presenta le divinità del pantheon celtico, lo associa a Mercurio.
«Deorum maxime Mercurium colunt, huius sunt plurima simulacra, hunc omnium inuentorem artium ferunt, hunc uiarum atque itinere ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere uim maximam arbitrantur.»
Tr. Il dio che i Galli onorano di più è Mercurius: le sue statue sono le più numerose, essi lo considerano come l’inventore di tutte le arti, egli è per loro il dio che indica il cammino, che guida il viaggiatore, egli è il più abile ad assicurare i guadagni e a proteggere il commercio.
Tale comparazione però è fallace, in quanto Lugh, a differenza del dio mercuriale latino, non è unicamente relegato all’intelletto, alla comunicazione o alla protezione di commercianti o ladri, anzi, la divinità gaelica ricopre funzioni del tutto differenti.
Tant’è che l’antica cultura irlandese ci fornisce due diversi epiteti che ne descrivono le peculiarità: Samildánach («signore di tutte le arti») e Lámfada («dal lungo braccio»).
Appartengono a Lugh infatti, l’attributo sacerdotale in quanto suonatore di arpa, poeta e medico (come Apollo), quello militare in quanto combattente ed eroe (come Ercole) e, infine, quello produttivo in quanto carpentiere, fabbro ed artigiano (come Vulcano).
Pertanto, ecco spiegata la rappresentazione iconografica di Lugh come un dio con tre facce, similmente alla trimurti indù.
Ma non è l’unica motivazione.
Figlio di Eithne e Cian (anch’esse figure mitiche irlandesi), Lugh fu dato alla luce assieme a due fratelli, i quali, secondo le varie storie furono trasformati in foche dal nonno materno Balor o morirono poco dopo la nascita. Ogni modo, l’unico a sopravvivere fu proprio Lugh.
Il che spiegherebbe le straordinarie abilità del dio: una triplicità in un’unicità.
Questo, nel corso del tempo, diede modo di ammantare tale divinità di una miriade di miti e leggende, fino a donargli numerose identità e associazioni attribuitegli.
Lugh da ”portatore di luce” a sovrano degli Inferi
Lugh non solo ”signore di tutte le arti” o ” artigiano” ma anche divinità solare e distruttrice.
Un ulteriore motivo che spiegherebbe la diffusione del culto di questo dio che si espande oltre l’area anglosassone, attraversando le Gallie, giungendo a Leida, a Laon, alla città sacra di Lione (originariamente Lugdunum, la «fortezza di Lug»), finanche in Italia, più precisamente in Romagna, a Lugo (anche se la tradizione vuole la sua derivazione dal termine latino lūcus, «bosco religioso o sacro»).
Studiandone quindi le etimologie associate a Lugh, non ci appare affatto strano come il suo nome sia in sintonia con i significati di «illuminazione intellettiva» (e qui riappare la figura di Mercurio),«sacrale» o dai classici leukos (radice λευκ-, λυκ-), «bianco» e lux, «luce».
Ma i collegamenti non finiscono qui.
Secondo il filologo olandese Jan de Vries, lugos significava anticamente anche «corvo».
E sarebbe un ulteriore indizio che vede proprio questo animale sacro a Lugh, esattamente come per Apollo Lyceus od Odino con i suoi Huginn «pensiero» e Muninn «memoria» (anche qui un ritorno all’«illuminazione intellettiva» di cui parlavamo poco fa).
Quindi… Luce, cetra e armonia in una mano; oscurità, violenza e crudeltà nell’altra.
Caratteristiche, le seconde che richiamano alla nostra memoria ”cristiana” quelle di Lucifero.
Il latino lucifer (lux «luce» e ferre «portare»); il greco phosphoros (phos «luce» e phero «portare»); il giudaico-cristiano satàn («colui che divide»).
Ma non solo.
È interessante notare come, con l’avvento del Cristianesimo, Lugh si sia innestato silenziosamente con figure a cui mai penseremmo.
Ne è esempio l’arcangelo Michele, che nella sua iconografia, in abiti militari, armato di spada o lancia è intento a schiacciare il capo di Lucifero.
Ricordiamo che alcuni epiteti di Lugh erano «dal lungo braccio» o Lonnbeimenech («colui che colpisce furiosamente»), che ne sottolineavano appunto la bravura nell’arte militare e non a caso, i suoi attributi erano proprio la lancia o la spada, armi spesso ricorrenti nel tema micaelico.
Senza contare che nei territori appartenuti al dominio gallico, lì dove il culto pagano di Lugh era molto sentito, ora pullulano santuari dedicati all’arcangelo cristiano.
Lughnasadh e lo sposo del grano
Dopo questo excursus mitologico, è doveroso tornare tra i mortali e trattare l’argomento dal punto di vista umano e naturale.
Forse.
Le popolazioni del passato, celtiche in questo caso, concepivano l’anno come una ruota che ciclicamente era suddivisa dai solstizi, dagli equinozi e dai periodi dei raccolti. In particolare, la celebrazione contadina di inizio agosto era chiamata Lughnasadh, ovvero «le nozze di Lugh» oppure «messa in onore del dio Lugh».
Secondo le fonti tradizionali, Lughnasadh fu istituita, dallo stesso dio Lugh, in onore della madre adottiva Taultiu, dea della fertilità, la quale, si immolò per nutrire i propri numerosi figli (naturali e non).
Infatti, Lugh, in termini di rispetto nei confronti della madre e personificazione solare, in questo periodo si sarebbe fatto grano per essere raccolto, quindi morire e segnare la sua discesa negli Inferi delle stagioni fredde, per poi rinascere dal Solstizio d’Inverno fino a morire nuovamente e metaforicamente l’anno successivo.
Ecco che in Lughnasadh ritroviamo tutti quei culti misterici, dove vita e morte s’incontrano e si vengono incontro in rituali tellurici.
E quale periodo migliore di questo, in cui divampavano e divampano i giorni canicolari dell’anno?
Bene… Non mi resta che augurarvi un felice Lughnasadh, mangiando del pane di grano fragrante appena sfornato e una bella birra fresca!