IL PENSIERO MEDITERRANEO

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L’incomunicabilità in un’era di massima comunicazione

Incomunicabilità

Incomunicabilità

di Tiziana Leopizzi

Lo spunto me lo dà il post di un manager della telefonia, che suona quasi un avvertimento a noi, lasciatemi dire postaioli di Linkedin, chiamati a comunicare, almeno pareva, grazie alla nostra professione. Il social in effetti si sta allontanando dalla sua primigenia missione per avvicinarsi sempre più ad altri social di semplice, o quasi, intrattenimento invasivo.

Il post recita: “non rispondo mai alle telefonate, ma proprio mai, ne messaggi, né wp né altro.

A parte l‘ultima spiaggia dei segnali di fumo, che il manager comunque rifiuterebbe, dall’alto della mia raggiunta “adolescenza” ricordo che siamo l’unica specie animale che ha questo dono, che può essere utilizzato in maniera sublime, o più semplicemente per tentare di comunicare, ma ahimè anche per lanciare insulti, ma comunque coprire tutta la  gamma infinita di sfumature tra questi estremi. In ogni caso la favella è uno strumento essenziale per la comunicazione che è comunque difficilissima da realizzare dato che pare che del messaggio che intendiamo trasmettere solo il 20% venga recepito dal nostro interlocutore che a sua volta risponde ma solo il 20% raggiunge l’interlocutore e via così.

Antonioni il grande maestro dell’incomunicabilità, che fece epoca, esplorò l’incapacità degli individui di connettersi a livello emotivo e affettivo …e non sono certo i telefonini a risolvere queste tematiche del profondo, anzi le peggiorano dandoci l’illusione di poterlo fare. 

Comunicare è una delle cose più impegnative che esistano. Molto è dovuto al fatto che le persone   perlopiù si focalizzano su quello che hanno in mente di dire e ribadire e quindi non ascoltano l’interlocutore.

Ora come mai è fondamentale riappropriarsi del dialogo attraverso la parola e la presenza, soprattutto per i giovani ma anche i meno giovani, che non hanno più vocabolario e si esprimono con una sorta di geroglificincome gli antichi Egizi. 

Rispondere al telefono aiuta in questo molto più dei messaggi ai quali ormai siamo abituati…

La parola è uno dei mezzi, ma non è certo l’unico dato che le comunicazioni più esaltanti sono quelle che si ravvisano a livello “di pelle”, la sintonia che ci può essere con l’altro si percepisce grazie a parametri misteriosi. Accade anche questo per fortuna, ogni tanto qualcosa dell’altro mi risuona dentro fin dal primo incontro. 

Il manager della telefonia potrebbe soffrire di uno stress professionale, visto che considera il trillo del telefono, che fa pur sempre le veci di un postino, qualcosa di diabolico e comunque altamente importuno e inopportuno. Le vie dell’Es sono infinite…

Vero è che, alla faccia della privacy, i poveri galeotti dei call center ci massacrano ma dopo la prima volta si può bloccare il numero, ma mi chiedo come sia possibile rifiutare in toto le comunicazioni. Come la mettiamo con un’emergenza, o semplicemente comunicare un cambiamento di programma, un ritardo, o un imprevisto?

La nostra generazione si ricorda dei telefoni rigorosamente neri, un po’ lugubri, appesi alla parete di casa o del bar o dell’ufficio, o della cabina del giornalaio del paese da cui quando si era in vacanza, si poteva chiamare chi ci stava a cuore, magari dopo una pregevole coda.

Assistere alla metamorfosi che l’apparecchio telefonico ha subito negli anni fino ad arrivare ai primi portatili che pesavano una tonnellata e sfondavano le tasche e via via fino agli iphone è stato qualcosa di straordinario e incredibile. La concretizzazione di un sogno.

Un’opportunità unica se gestita in maniera non invasiva.

Sicuramente però, con tutta la buona volontà siamo tutti vittime degli effetti indesiderati e siamo vittime di una sbronza collettiva da overdose.

Qualcuno particolarmente sveglio programma le proprie vacanze con accessi limitatissimi al telefonino per riappropriarsi della propria vita e della propria serenità.

Anni fa, eravamo ancora agli esordi di questa rivoluzione, una mamma, ah le mamme…gioie e dolori delle nostre esistenze filiali, regalò al figlio adolescente un telefonino dicendogli così mi potrai chiamare quando arrivi a scuola.

Il ragazzino avrà avuto 11 o 12 anni, le rispose seraficamente così. No mamma grazie. Tu non chiamavi a casa una volta arrivata a scuola e nemmeno io.

Ancora una volta ci vengono in soccorso i Greci, con la loro filosofia, con le tragedie che hanno stigmatizzato i caratteri e i comportamenti degli esseri umani, con i loro dei, la mitologia specchio delle nostre vite.

Uno per tutti Zeus, dodicesimo figlio di Cronos, unico sopravvissuto alla ferocia del padre che divorava i figli per sfuggire all’Ananke che gli aveva predetto che sarebbe stato spodestato da uno dei suoi figli. Un po’ fortino come esempio, ma ecco evitiamo di farci fagocitare da questo aggeggio utilissimo che con il suo trillo o con i suoi bip affascina e cattura imperiosamente gli astanti. Impariamo a comandarlo e a non esserne vittime e a usarlo. Il telefonino è uno strumento straordinario e dipende solo da noi disporne o esserne condizionati, ma se ascoltiamo la nostra bella voce vivremo tutti meglio.

Arch. Prof. Tiziana Leopizzi


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